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Depenalizzazione della colpa medica. Schillaci ha l’occasione di passare ad un sistema “no fault” sul modello europeo

di Giovanni Rodriquez

Bene l'intento del ministro, a patto però che si torni a metter mano sulla responsabilità professionale per portare a termine una riforma complessiva della materia - iniziata con Balduzzi prima e con Gelli dopo - e non unicamente per tentare di venire incontro alle richieste di una categoria scontenta adottando provvedimenti a costo zero. Questa potrebbe essere l'occasione per passare ad un sistema “no fault” sul modello europeo e per introdurre anche un fondo nazionale per alea terapeutica

11 APR -

"Depenalizzazione degli errori medici? Dai dati che abbiamo gran parte delle cause giudiziarie contro i medici finiscono in un nulla di fatto, nell'assoluzione. Per questo va depenalizzato il reato. E poi la medicina difensiva è un male. Porta i medici a prescrivere troppi esami, ingolfa le strutture, aumenta le liste di attesa. E le dico da medico: confonde anche il medico curante che da tanti, troppi, accertamenti deve trarre le conclusioni".

Così il ministro della Salute Orazio Schillaci, in un'intervista al Messaggero, in merito alla proposta di depenalizzazione degli errori medici per limitare la medicina difensiva.

Bene l'intento del ministro, a patto però che si torni a metter mano alla responsabilità professionale per portare a termine una riforma complessiva della materia - iniziata con Balduzzi prima e con Gelli dopo - e non unicamente per tentare di venire incontro alle richieste di una categoria scontenta adottando provvedimenti a costo zero.

Partiamo da un presupposto, come ricorda l'Anaao, ogni anno in Italia vengono intentate 35.600 nuove azioni legali, mentre ne giacciono 300 mila nei tribunali contro medici e strutture sanitarie pubbliche. Cause che nella maggior parte dei casi si traducono in un nulla di fatto, considerando che il 95% nel penale si conclude con il proscioglimento. La conseguenza è l’incremento della medicina difensiva con costi a carico dei pazienti e dei medici. La medicina difensiva: cioè la sovra-prescrizione di esami e visite spesso inutili, infatti, incide a livello di costi sulla sanità pubblica, ed ha come conseguenza anche quella di ingolfare ulteriormente le già lunghe liste di attesa.

Per tentare di porre un freno a questo fenomeno già nel 2017 la legge Gelli intervenne abrogando il comma 3 della Legge Balduzzi che escludeva pene in caso di colpa lieve e introducendo nel Codice Penale l’articolo 590-sexies. Questo elimina qualsiasi riferimento al grado di colpa del professionista come elemento soggettivo alla base dell’imperizia, in caso di rispetto delle norme previste, e rimanda la punibilità dei fatti commessi in ambito medico sanitario alle pene già previste dagli articoli 589 e 590 (omicidio colposo e lesioni personali colpose).


Il principale elemento di novità ha riguardato l’introduzione di una causa di esclusione della punibilità del sanitario qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia e il predetto abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge oppure, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, e sempre che le raccomandazioni previste dalle stesse linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. Tuttavia, anche l’osservanza rigida delle linee guida, se inopportuna e non ragionata, può integrare gli estremi di un comportamento colposo, penalmente rilevante.

Con l'intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si è inoltre chiarito che l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali nei casi in cui l’evento si è verificato per colpa anche lieve dettata da imprudenza, negligenza o imperizia in due ipotesi:
- in quella di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’intervento quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
- in quella di errore nell’individuazione della tipologia di intervento e delle relative linee guida che non risultino adeguate al caso concreto;
e nel caso in cui l’evento si è verificato per colpa grave dettata da imperizia nell’esecuzione dell’atto medico quando il medico abbia comunque scelto e rispettato le linee guida adeguate al caso concreto.

Come si può facilmente evincere il tema della responsabilità penale dell'esercente la professione sanitaria è stato quindi sì limitato, ma solo parzialmente. E in questo senso l'Italia rappresenta quasi un unicum tra i grandi Paesi occidentali. Ben venga dunque un nuovo intervento normativo che vada ad allinearci con gli altri Paesi europei (Polonia esclusa), ma nel farlo si vada alla ricerca di un giusto equilibrio che riesca a garantire la convivenza degli interessi dei professionisti sanitari a quelli dei cittadini di vedersi risarciti in caso di accertato danno. Questa potrebbe essere l'occasione per passare ad un sistema “no fault” sul modello europeo.

In Francia il paziente può scegliere di ottenere un indennizzo economico rinunciando a intraprendere un’azione legale: in questo modo ha la certezza di venire risarcito (98 per cento dei casi approvati da una commissione) e al tempo stesso contribuisce a snellire tempi di attesa e file nei tribunali. Anche nei Paesi Scandinavi il risarcimento viene assicurato a prescindere dall’individuazione di un colpevole e il medico rimane responsabile solo disciplinarmente. In Svezia il personale medico ha l’obbligo di sottoscrivere l’assicurazione pubblica e contribuire al fondo per i risarcimenti.

Non meno utile, infine, sarebbe l'attivazione di un fondo nazionale per alea terapeutica sul modello francese. In questo modo si riuscirebbe a dare risposta anche a tutti coloro che hanno subito un danno in circostanze tali da impedire l'individuazione di un vero e proprio responsabile. Parliamo dunque di situazioni quali ad esempio le infezioni in ambito ospedaliero, le reazioni avverse ai farmaci o ancora le cadute dalla barella.

L'auspicio è che non si lascino anche questa volta le cose fatte a metà. Ricordiamo infatti che oggi, a distanza di sei anni dall'approvazione in Parlamento della legge Gelli, mancano ancora quei decreti attuativi della parte assicurativa, cioè di quella parte che deve definire e disciplinare le forme di autoritenzione del rischio, i massimali delle polizze assicurative, le forme di ultrattività e retroattività della copertura assicurativa. Ci si tuteli insomma anche dal rischio che alle novità introdotte dalle leggi non corrisponda poi una loro effettiva messa a terra.

Giovanni Rodriquez



11 aprile 2023
© Riproduzione riservata

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