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Uranio impoverito. Commissione inchiesta:  “Non c’è certezza nel rapporto causa effetto”


E’ una delle conclusioni della Commissione del Senato sui casi di morte e di gravi malattie in relazione all'esposizione all’uranio impoverito e ad altre sostanze tossiche. “L’uranio impoverito può essere definito più come cofattore e non come elemento essenziale nello sviluppo e insorgenza di neoplasie ematologiche”. LA RELAZIONE.

21 GEN - Nessuna contaminazione da uranio impoverito e nessuna certezza del rapporto di causa-effetto con le malattie sviluppate dai militari, ma allo stesso tempo anche l'impossibilità di escludere che “una concomitante e interagente azione di fattori potenzialmente nocivi possa essere alla base delle patologie e dei decessi osservati”.
 
E' questa una delle principali conclusioni che emerge dalla relazione conclusiva della Commissione d'inchiesta del Senato sull'esposizione a possibili fattori patogeni, con particolare riferimento all'uso dell'uranio impoverito. Un 'verdetto' cui la Commissione, guidata da Rosario Costa (Pdl), é giunta dopo aver ascoltato vari esperti, nonché il ministro della Difesa Di Paola, che ha assicurato che nei poligoni di tiro italiani non é mai stato impiegato uranio impoverito.
 
L'attività della Commissione in questa legislatura si é però concentrata anche su altri problemi, quale quello dei poligoni di tiro e delle vaccinazioni, anche perché la maggior parte dei militari che si é ammalata non é mai andata in missione all'estero.
 
I dati. In base alle cifre comunicate dall'Osservatorio Epidemiologico della Difesa, i casi di malattia e decessi notificati dalle singole forze armate relativi a patologie neoplastiche nel personale militare dal 1991 al 21.02.2012 sono stati 3761, di cui 3063 riguardano militari mai andati in missione. Un'altra ricerca dell'Osservatorio epidemiologico della difesa, sui tumori del personale militare nel periodo 1996-2009 ne ha rilevati 2890, di cui 2271 in militari mai andati in missione.
 
Uranio impoverito. Dalle indagini della Commissione non è risultato che siano stati usati munizioni con uranio impoverito nei poligoni di tiro. L'unico indizio in senso contrario é stato rilevato da Massimo Zucchetti, professore presso il Dipartimento energia del Politecnico di Torino, a Salto di Quirra in Sardegna nelle ossa di un agnello nato malforme, ma “non appare sufficiente a documentare la presenza e l'uso di armamenti siffatti, e dovrebbe essere seguito da ulteriori ricerche. Le analisi condotte sulle salme di diciotto pastori deceduti per patologie tumorali non hanno fornito alcun riscontro circa la presenza di uranio impoverito”. 
La tossicità chimica e radiologica dell’uranio impoverito non è stata messa in discussione, mentre è oggetto di dibattito la valutazione dell’eventuale rischio derivante da un’esposizione limitata nel tempo e al di sotto della soglia di dose oltre la quale si determina un danno alla salute. Le particelle di uranio impoverito emettono radiazioni poco penetranti e possono essere dannose per la salute soprattutto se inalate o ingerite con l’acqua e con gli alimenti più che attraverso un’esposizione esterna, cutanea. Il presidente della Lilt, Francesco Schittulli, ha parlato di “un potenziale cancerogeno nell’uranio impoverito”, ma poiché il cancro e anche i tumori emolinfopoietici sono patologie ambientali su base genetica, “l’uranio impoverito può essere definito più come cofattore e non come elemento essenziale nello sviluppo e insorgenza di neoplasie ematologiche, e si raccomanda la bonifica e il monitoraggio delle zone di impatto di proiettili contenenti uranio impoverito e delle persone esposte, militari o civili”.
 
Torio. Evandro Lodi Rizzini, consulente della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria sull'area di Salto di Quirra, ha effettuato l'analisi delle salme di alcuni pastori deceduti per patologie tumorali, rilevando tracce di torio - sostanza radioattiva - nel territorio e nelle ossa delle salme dei pastori. Questo elemento ha una catena di decadimento più veloce dell'uranio, può essere inalato o ingerito e in caso di inalazione la sua pericolosità è notevolmente superiore a quella che può derivare in caso di ingestione. 
 
Nanoparticelle. La consulente della commissione Antonietta Gatti ha sviluppato dal 2002 una metodologia d'indagine ultramicroscopica per identificare nanoparticelle nei tessuti biologici umani con cui ha svolto un'indagine sui tessuti patologici di 200 militari reduci dai Balcani, Iraq e Afghanistan. E' così emerso che non è mai stata trovata alcuna traccia di uranio impoverito, mentre in quasi tutti i tessuti esaminati sono state identificate polveri inorganiche di dimensioni nanometriche fino a 10 nm, con composizioni alcune volte molto particolari, infinitamente più piccole del PM10, in grado di superare le barriere naturali nei polmoni, e penetrare all'interno dell'organismo, insediandosi in diversi organi come fegato, reni, milza, cervello. 
 
Vaccini. Il punto di partenza é stato aver rilevato in tutti i militari un picco nel numero di quelli colpiti da linfoma di Hodgkin tra il 1999 e 2002, accreditando così l’idea che diversi fattori di rischio ambientale potessero determinare manifestazioni cliniche in soggetti che si trovavano in condizioni, anche transitorie, di maggiore vulnerabilità (tra cui la sottoposizione a vaccinazioni multiple e in tempi ravvicinati, ove associata a condizioni fisiche non ottimali o preesistenti). La Commissione non ha messo in discussione l'efficacia dei vaccini in quanto tali, ma l’applicazione di regole e protocolli per la somministrazione dei vaccini. E per quanto parziali e numericamente limitati, gli elementi acquisiti dalla Commissione non appaiono rassicuranti. I problemi emersi sono sedute vaccinali fatte su centinaia di militari, difficilmente compatibili con un'accurata gestione amministrativa e sanitaria di ogni singolo atto vaccinale; assente o carente annotazione o sottovalutazione nella documentazione sullo stato immunitario dei militari in rapporto a vaccinazioni fatte in età infantile; carenza nella valutazione anamnestica specifica prevaccinale; mancata evidenza delle modalità di acquisizione del consenso informato; somministrazioni plurime del medesimo vaccino anche in difformità delle più accreditate modalità di somministrazione; carenza, assenza, o incomprensibilità delle informazioni e registrazioni contenuti della documentazione vaccinale individuale.
 
Raccomandazioni. Alla luce di queste considerazioni la Commissione considera indispensabile assumere il principio di precauzione. Debbono quindi essere evitate e inibite quelle attività che comportino il verificarsi di situazioni di rischio chimico, fisico o biologico non controllabile con misure di “contenimento” o minimizzazione “alla fonte” o rapidamente risanate per quanto riguarda l’impatto ambientale, le implicazioni sulla catena alimentare, gli effetti di esposizione sull’uomo anche con l’impiego di mezzi di protezione individuale. Ogni attività di somministrazione di farmaci, vaccini, antidoti e intervento medico-chirurgico suscettibile di determinare effetti iatrogeni va effettuata tenendo conto della particolare situazione individuale, previa puntuale anamnesi, acquisizione di consenso informato e rispetto dei protocolli e dei calendari previsti. E infine invita ad adottare norme di legge che includano le erronee modalità di vaccinazione tra i fattori di possibile rischio per la salute del personale militare, stabilendone l’indennizzabilità nel caso dell’insorgere di gravi patologie invalidanti o in caso di decesso.
 
A.L.

21 gennaio 2013
© Riproduzione riservata

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