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Politiche sociali. Turco (Pd): “In Italia non esistono più. Governo intervenga subito”


L’ex ministro alla Salute si scaglia contro i tagli al welfare.  “In questo caso non sono dovuti solo alla crisi ma ad una deriva ideologica imposta dai governi del centrodestra negli ultimi 10 anni”. Ma anche il centrosinistra ha le sue colpe: “Occorre darsi una svegliata e riportare il welfare al centro dell’agenda. Subito 500 mln per il Fondo Politiche sociali per il 2014”.

10 GIU - La dura politica di tagli che negli ultimi anni ha visto il depauperamento del Fondo per le Politiche sociali e degli altri fondi dedicati al Welfare non lascia inerme l’ex ministro della Solidarietà sociale (dal 1996 al 2001) e della Salute dal 2006 al 2008), Livia Turco, promotrice della legge quadro di riforma dei servizi sociali, la 328 del 2000, che in quest’intervista chiede al Governo di dare subito una risposta al disagio crescente incrementando il fondo per le politiche sociali di almeno 500 milioni di euro. E poi si rivolge al centrosinistra: “Deve rimettere al centro della sua agenda il tema delle politiche sociali”. Duro attacco al centrodestra. “I tagli operati negli ultimi anni non dipendono dalla crisi ma da una deriva ideologica perpetuata da dieci anni a questa parte”.
 
Come valuta questa continua erosione ai fondi dedicati al Welfare?
I numeri purtroppo rappresentano una realtà e nella passata legislatura ci siamo battuti per contrastarla fortemente. Mentre il Governo di centrodestra diceva che andava tutto bene intanto tagliava ad uno ad uno ogni Fondo dedicato al Welfare.
 
Ma la ragione dei tagli non è dovuta alla crisi?
In questo caso non è così, i tagli al welfare fanno parte di una deriva ideologica messa in atto dal duo Tremonti-Sacconi e prima di loro anche da Maroni quando era ministro del welfare. Oltre a dimenticare tutto l’impianto della legge 328/2000 hanno inculcato l’idea che le politiche sociali fossero sprechi e assistenzialismo, contrapponendo in questo modo diritti e carità, politiche pubbliche e dono, gratuità del volontariato. Un errore imperdonabile, figlio di un’ideologia politica, che oggi ci fa decretare la scomparsa delle politiche sociali nel nostro Paese.
 
 
Al centro sinistra si sente di dover rimproverare qualcosa?
Purtroppo la sinistra non è riuscita a contrastare efficacemente questa deriva culturale. Ci si è battuti in Parlamento ma è evidente che l’idea delle politiche sociali si è allontanata dal centro dell’agenda della sinistra. Ed è per questo che anche a sinistra c’è bisogno di riportare in auge e al centro dell’agenda politica il welfare. Occorre darsi una svegliata. Bene ha fatto il premier Letta a focalizzare l’attenzione sul tema del lavoro. Ma questo non basta. Serve una nuova idea del welfare come quella che si era aperta nella stagione tra il ’96 e il 2001, anni dove si è investito tanto su chi in quel momento non aveva voce e non riceveva risposte rispetto ai suoi bisogni. Basti pensare come in quegli anni è stato costituito il Fondo per le Politiche sociali e nella durissima Legge Finanziaria che servì a farci entrare nell’euro riuscimmo a stanziare 800 milioni per la legge 289 sull’infanzia e per il reddito minimo d’inserimento.
 
Ma da quale idea di welfare occorre ripartire?
Innanzitutto si deve partire da quattro pilastri irrinunciabili: scuola, sanità, sociale e reti integrate. Solo costruendo un sistema che comunica e che condivide problematiche e scelte si possono indirizzare efficacemente le risorse e soddisfare il disagio di chi è più fragile. E poi bisogna coinvolgere sempre più di i cittadini e le loro competenze. Puntare sulle innovazioni e sulla sussidiarietà. E smetterla assolutamente di guardare al sociale come mero spreco assistenziale. Dobbiamo tornare a parlare di diritti sociali. Quando si parla di servizi sociali si parla di persone, dei loro talenti, della loro dignità, della loro sofferenza. Della possibilità di uscire dal tunnel della sofferenza, della marginalità e della fragilità.
 
Come vede lo sviluppo del welfare integrativo?
Non ho nessun pregiudizio sul tema o sulle nuove strade. In un quadro in cui le politiche sociali rappresentano un volano di sviluppo è importante coinvolgere anche il privato su questi temi. Penso per esempio anche alla costruzione di veri e propri patti territoriali e di fondi cofinanziati.
 
Auspica per il futuro che si riesca ad invertire la rotta?
Più che un auspicio questo deve diventare un impegno del Governo così come si sta lavorando su Imu e Iva. Per questo è fondamentale per il 2014 ridare ossigeno al Fondo per le Politiche sociali almeno con 500 milioni di euro. Ma ripeto bisogna intervenire subito perché oggi l’unico welfare in Italia è quello delle famiglie che però sono allo stremo. Il rischio dell’immobilismo è lasciare una moltitudine di persone ancora più sole con le loro fragilità. Bisogna farsi carico delle persone per le quali non basta il lavoro e il reddito ma hanno bisogno di quella risorsa peculiare che è la presa in carico, la relazione umana, l’attivazione di strategie per l’inserimento lavorativo, quello scolastico che possano ridare fiducia alle persone, a risvegliare la propria volontà e le proprie capacità sopite. Non è più accettabile che questo grido di dolore resti inascoltato, sia soffocato dalle altre tante emergenze. Occorre muoversi subito a partire dal fatto che per l’anno prossimo vanno trovati i fondi.

10 giugno 2013
© Riproduzione riservata

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