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Decreto PA e malati cronici. I medici Fimmg: "Software non aggiornati e rischio 'perdita' contatto con i pazienti"


Problemi tecnici, ma anche clinici per l’attuazione della nuova normativa. “I software dei medici non sono aggiornati per accettare un numero così alto di confezione a ricetta”, denuncia Corti (Fimmg Lombardia). Bartoletti (Fimmg Lazio) teme anche intervalli di controllo sull'andamento della terapia troppo lunghi rispetto alle esigenze cliniche.

27 GIU - E’ in vigore da ieri la Riforma PA e, quindi, anche la norma che prevede, per le patologie croniche, la possibilità per il medico di prescrivere medicinali fino a un massimo di 6 pezzi per ricetta, purché si tratti di farmaci già utilizzati dal paziente da almeno 6 mesi e, comunque, per una durata della prescrizione non superiore ai 180 giorni di terapia, cioè 6 mesi.

Una norma che ha sicuramente alcuni risvolti positivi, ammettono anche i medici. A partire dall’evitare al paziente di dovere recarsi ripetute volte all’anno dal medico per farsi prescrivere sempre gli stessi farmaci. Una comodità, inoltre, per chi i malati cronici che vogliono viaggiare e restare all’estero anche per lunghi periodi di tempo. Ma “l’autonomia farmacologica” potrebbe anche favorire l’aderenza terapeutica, riducendo i rischi del paziente di rimanere sfornito dei farmaci. Tuttavia, l’accoglienza dei medici alla nuova normativa non è stata positiva, per motivi tecnici ma anche medici.

Tanto per cominciare, gli attuali software dei medici per prescrivere i farmaci non prevedono la possibilità di inserire un numero di confezioni superiore alle tre attualmente stabilite dalla legge. “Sembrerebbe che i gestori dei software in uso negli studi dei medici di famiglia della Lombardia non siano neanche stati informati della novità. Intanto la legge è già in vigore”, denuncia Fiorenzo Corti, segretario regionale Fimmg Lombardia.

E ai problemi tecnici, diffusi anche nelle altre regioni, si aggiungono “criticità sotto il profilo medico”, sottolinea Pier Luigi Bartoletti, segretario regionale Fimmg Lazio. “Sono molto preoccupato per le conseguenze sulla salute e sul rapporto medico-paziente della nuova norma, che dal punto di vista politico rappresenta sicuramente una semplificazione, ma dal punto di vista medico nasconde non poche insidie”. Bartoletti teme soprattutto che “l’autonomia farmacologica” spinga il paziente a recarsi dal medico solo una volta ogni 6 mesi. "Ma i medici hanno bisogno di verificare come procede la terapia e ci sono patologie, come il diabete, che richiedono intervalli di controllo di 4 mesi al massimo. E proprio la necessità di avere una prescrizione medica rappresenta spesso l’occasione per incontrare il paziente fare i controlli, che altrimenti molti pazienti tendono a posticipare pensando che uno o due mesi dopo non facciano la differenza”. Per il segretario Fimmg Lazio “6 mesi è un intervallo di tempo davvero troppo eccessivo per assicurare il corretto monitoraggio della salute del paziente”.

È vero che la normativa non comporta alcun obbligo per il medico di prescrivere 6 confezioni contemporaneamente, ma secondo Bartoletti molti pazienti, per comodità, potrebbero richiederlo e non accettare l’eventuale rifiuto del medico, anche se a scopo di tutelare la loro salute. “In questo modo la nuova normativa rischia anche di minare il rapporto medico-paziente, su un tema – le prescrizioni – che già oggi è spesso terreno di scontro”.

D’altra parte, secondo il segretario della Fimmg, non tutti i pazienti potrebbero gradire la “mega-prescrizione”, perché “comporta il pagamento di un importo considerevole di ticket in un’unica rata”. Ultimo, “ma non meno importante”, la nuova normativa rischia, secondo Bartoletti, di “favorire lo spreco di farmaci, non solo in caso di decesso del paziente, ma anche perché il paziente può avere bisogno di interrompere la terapia o sostituirla. Il risultato? Tre, quattro, cinque confezioni di farmaci che finiranno dritte nel cestino o invecchieranno, inutilizzate, nei cassetti”.

27 giugno 2014
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