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Bevere (Agenas): “Tagliare il fondo non è la via giusta per garantire una vera spending review”

di Francesco Bevere

In questi giorni si discute di ulteriori tagli al fondo sanitario. Ma senza l'attuazione del Patto per la salute e del Regolamento sugli standard ospedalieri, interventi che partono e si fermano alla sola riduzione del finanziamento comportano soltanto una riduzione temporanea della spesa. Senza alcun cambiamento strutturale, di cui invece abbiamo bisogno

05 FEB - La persistente congiuntura economica, piuttosto sfavorevole anche in ambito europeo, spinge a discutere di salute e di welfare, con riferimento esclusivo, o quasi, ai tagli di risorse e alla possibile riduzione dei finanziamenti in sanità. Non riusciamo ancora ad affrontare compiutamente tale questione mettendo in campo, parallelamente alle attività di revisione della spesa, i temi dell’invecchiamento, della prevenzione, dell’innovazione, dell’ottimizzazione delle risorse, delle disuguaglianze, degli sprechi, dell’appropriatezza, dell’Hta, della revisione dei modelli di cura, della riorganizzazione ospedaliera e territoriale e della crescita professionale e culturale dei principali attori del sistema. Per comprendere le ragioni di questa dicotomia, provo a fare un breve resoconto di come sono state concepite le attività di spending review finora avviate nel settore della sanità.
 
Con il governo Monti la spending review conosce un deciso ritorno di fiamma, rispetto alle prime attestazioni sui media, che risalgono al 2004. L’idea era quella di realizzare una revisione della spesa pubblica e delle modalità con cui venivano impiegati i soldi pubblici. Il dottor Bondi, nominato Commissario ad acta per tali attività, preferì intervenire in sanità con “tagli lineari”, senza provocare alcuna svolta strutturale del sistema. Di questi tagli lineari ci sarà traccia anche nei prossimi anni. I governi successivi, consapevoli dell’inefficacia dei tagli lineari in sanità, hanno cambiato filosofia di intervento e sono passati, con il Commissario Cottarelli, a individuare i tagli in sanità attraverso un’attività di monitoraggio e di valutazione delle diverse componenti la spesa sanitaria, con lo scopo di esaminarne nel dettaglio le tipologie, le priorità di intervento e le caratteristiche di efficienza; il tutto con una particolare attenzione alle ragioni degli sprechi nell’erogazione delle prestazioni sanitarie.
 
Con questi presupposti, nel dicembre del 2013 fu istituito un tavolo tecnico presso il Ministero della salute, che avviò un progetto di spending review basato sull’analisi dettagliata delle principali aree del contesto di riferimento. Tale attività ha richiesto un impegno di 39 esperti (provenienti da amministrazioni pubbliche, dal mondo accademico, da società scientifiche, da aziende sanitarie) che hanno operato a titolo gratuito per oltre 200 giorni. Nel mese di ottobre 2014 è stato presentato al Ministro Lorenzin un primo report delle attività svolte, contenente anche alcune valutazioni sulle possibili aree di intervento.
 
Il Commissario Cottarelli, in esito ai lavori del “gruppo sanità”, ebbe a dichiarare in una relazione al Parlamento che la proposta di risparmi sulla sanità sarebbe stata espressa compiutamente nel Patto per la salute 2014-2016 e nel Regolamento sugli standard ospedalieri, poiché entrambi orientati a intervenire energicamente e strutturalmente sull’appropriatezza degli interventi sanitari, sui controlli e sugli sprechi. Cottarelli, dopo avere ottenuto l’impegno del Ministro Lorenzin circa l’effettiva volontà di portare a compimento il Patto e il Regolamento, con questa dichiarazione confermò, di fatto, l’apprezzamento sulla metodologia adottata dal gruppo di lavoro del Ministero della salute, che aveva consentito di mettere in luce ancora meglio la specificità del mondo della sanità e l’esigenza, più che di tagli indiscriminati, di promuovere negli operatori del settore, gradualmente e a tutti i livelli, la cultura dell’analisi, della misurazione e della valutazione delle performance, con lo scopo di utilizzare le migliori evidenze scientifiche per guidare le decisioni professionali, manageriali e politiche.
 
Governo e Regioni hanno sottoscritto il nuovo Patto per la salute 2014-2016 e approvato il Regolamento sugli standard ospedalieri, dando un segnale forte anche rispetto all’apertura ricevuta da Cottarelli.
L’approvazione di tali documenti ha garantito l’avvio di un cambiamento strutturale e culturale del servizio sanitario, dei comportamenti professionali, della governance del sistema e della sua organizzazione; insomma una svolta concreta, soprattutto in tema di appropriatezza, di monitoraggio e controllo, per la prima volta accolta con favore da tutti.
 
Proprio in questi giorni si discute dei finanziamenti alla sanità e dell’eventualità di ulteriori tagli diretti o indiretti, al Fondo sanitario nazionale. A tal proposito, ribadisco che in assenza dell’attuazione dei contenuti del Patto per la salute e del Regolamento sugli standard ospedalieri, interventi che partono e si fermano alla sola riduzione del finanziamento del Fondo sanitario nazionale, indipendentemente da chi li propone, comportano soltanto una riduzione temporanea della spesa sanitaria, ma non introducono alcun cambiamento strutturale, di cui invece necessita il nostro Servizio sanitario nazionale. Se desideriamo veramente realizzare una spending review in sanità, concreta e ragionata, piuttosto che ritornare alle proposte di tagli del fondo, attuiamo le indicazioni contenute nei due strumenti già disponibili: Patto per la salute e Regolamento sugli standard ospedalieri, utilizzando la stessa metodologia e la stessa collaborazione che ne ha contraddistinto la progettazione e l’adozione.
 
Agenas, per proprio conto, ha già avviato più di una riflessione, specialmente rispetto ai compiti che le sono stati assegnati proprio dal Patto. Questa è la strada da percorrere. Il Servizio sanitario nazionale ha bisogno, omogeneamente, su tutto il territorio nazionale, di un modello in grado di analizzare, valutare e controllare i costi sostenuti dai sistemi sanitari regionali, per gli interventi sanitari e gestionali di cui sia possibile misurare i benefici, escludendo dal sistema tutti gli altri, quelli classificati come inutili o non appropriati e, quindi, non finanziabili. Prima riusciremo a farlo e prima elimineremo una fonte di sprechi che vale qualche miliardo di euro. Per mantenere sostenibile il nostro Servizio sanitario nazionale, dobbiamo realizzare una spending review che lo renda misurabile, non soltanto attraverso metodologie di misurazione locali, talvolta autoreferenziali, ma utilizzando un sistema di indicatori omogenei e condivisi con tutte le Regioni e con i principali attori del sistema; un processo in grado di monitorare, orientare e correggere preventivamente le performance di ogni realtà sanitaria del Paese, con la specifica finalità di migliorarle nel corso del tempo. Il presupposto per avviare queste attività è la realizzazione di un’infrastruttura informatica meno frammentata.
 
Oggi disponiamo di numerose banche dati, il cui utilizzo, tuttavia, risulta per diverse ragioni limitato e non integrato. Dobbiamo, per risolvere il problema, arrivare in tempi brevi all’utilizzo delle nuove tecnologie digitali, in grado di produrre ed elaborare modelli di misurazione e di monitoraggio integrato con tutti gli attori del sistema e in tutte le fasi del percorso sanitario. Misurare e accettare di essere misurati preparerà il Servizio sanitario nazionale ad affrontare anche quelle criticità che inevitabilmente ne mineranno la sostenibilità, come ad esempio: le variabili economiche, le variabili socio-demografiche, l’introduzione di nuovi farmaci, le nuove malattie, la crescita esponenziale delle tecnologie, le aspettative degli utenti e la competitività tra i sistemi sanitari europei.
 
Questo percorso, dovendo fare i conti con un cambiamento anche culturale di tutti i diversi attori del sistema, non porterà risultati immediati, ma certamente aprirà la strada verso il superamento e la derubricazione della logica dei tagli lineari, per iniziare finalmente la discussione tanto attesa sulla effettiva congruità e adeguatezza delle risorse assegnate al Servizio sanitario nazionale e sulla successiva modalità di ripartizione di tali risorse ai singoli contesti regionali. Il filo conduttore dovrà comunque essere quello di assicurare ai cittadini interventi sanitari di cui sia possibile misurare i benefici, associandoli ai costi sostenuti. Per uscire dallo stallo dobbiamo affrontare un ripensamento complessivo del modello disegnato dalle leggi istitutive del Servizio sanitario nazionale e di ciò che il nostro Paese sarà in grado di garantire ai cittadini nei prossimi dieci anni, attraverso una previsione a lungo termine degli interventi e degli indirizzi di programmazione sanitaria.
 
Per concludere, non vedo, al momento, migliore avvio di spending review in sanità di quello che vi ho appena raccontato. Piuttosto che i tagli al fondo, è questo il segnale di partenza che merita il nostro Servizio sanitario nazionale. Sappiamo bene come i diritti dei cittadini, compreso quello alla salute, siano economicamente condizionati. Il compito di ogni istituzione preposta alla tutela di questo diritto è intervenire per evitare che tale condizionamento raggiunga i cittadini e le famiglie in modo differenziato e a seconda del luogo di residenza, creando un’ulteriore alterazione di equilibrio tra persone che possiedono di più e chi invece possiede di meno. Quando si parla di bisogni di salute questo non ce lo possiamo proprio permettere. Rendere diverse le famiglie povere da quelle ricche, in termini di bisogni non garantiti, comporterebbe riflessi fortemente negativi sulla tenuta sociale del nostro Paese e, ancora peggio, sulla dignità delle persone. Questi sono i principi cui si deve ispirare la revisione della spesa in sanità, così da rafforzare e rendere sostenibile il nostro Servizio sanitario nazionale. Agenas già lavora in tal senso e si batterà fino in fondo per contribuire a rendere realizzabile questo obiettivo.
 
Francesco Bevere
Direttore Generale Agenas - Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali
 
Da: Monitor, numero 37/2015

05 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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