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Autismo. De Filippo: “Su farmaci a minori Comunità scientifica è divisa. Loro condizione migliora con coinvolgimento famiglie”


Così il sottosegretario alla Salute ha risposto ieri in commissione Affari Sociali, alla Camera, ad un'interrogazione presentata da Paola Binetti (Ap). Circa gli interventi applicabili nel caso di bambini con disturbi dello spettro autistico, De Filippo ha ricordato l'importanza del coinvolgimento della famiglia nei programmi di intervento: "Migliora comunicazione sociale, interazione e benessere emotivo".

23 APR - Il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, è intervenuto ieri in commissione Affari Sociali alla Camera per rispondere ad un'interrogazione presentata da Paola Binetti (Ap), riguardante l'allontanamento dal nucleo familiare di bambini con disturbi dello spettro autistico.

De Filippo ha spiegato come sia attualmente in corso, in seno alla Comunità scientifica, un "acceso dibattito" sull'opportunità o meno di somministrare psicofarmaci ai minori. "In linea di principio - ha dichiarato il sottosegretario - l'allontanamento dalla famiglia e dalle figure di attaccamento e l'inserimento dei bambini in comunità, non ha effetti positivi sullo stato psicofisico di bambini con problemi relazionali e comportamentali". Per quanto riguarda gli interventi applicabili nel caso di bambini con disturbi dello spettro autistico, è stata ricordata la linea guida 21, nella quale vengono formulate raccomandazioni a favore del coinvolgimento della famiglia nei programmi di intervento (sia non farmacologici che farmacologici), per il miglioramento della comunicazione sociale, la riduzione dei comportamenti problema, il miglioramento dell'interazione con il bambino e l'aumento del benessere emotivo.
 
Questa la risposta integrale di De Filippo: "In via preliminare, si segnala che, in seno alla Comunità scientifica, è in corso un vivace dibattito sulla opportunità o meno di somministrare psicofarmaci ai minori, specie riguardo agli effetti avversi e iatrogeni di lungo periodo.
Una volta accertata la diagnosi, l'eventuale prescrizione di psicofarmaci, obbliga il Medico di Medicina Generale, il Pediatra di libera scelta, lo Psichiatra o il Neuropsichiatra infantile a fornire, in forma scritta e dettagliata, l'indicazione degli eventuali vantaggi ed esaurienti informazioni sui possibili effetti collaterali del farmaco e sui trattamenti alternativi. Una adeguata valutazione clinica, la modalità di appropriatezza della prescrizione ed il conseguente trattamento terapeutico con psicofarmaci, devono essere eseguiti da professionisti competenti in materia e previo consenso informato, così come ogni eventuale trattamento terapeutico.
È fatto divieto di somministrare psicofarmaci ai minori al di fuori delle indicazioni terapeutiche autorizzate.

Quanto alle procedure di consenso informato, queste sono codificate nel Codice di deontologia medica deliberato dal Consiglio della FNOMCeO, in data 16 dicembre 2006, ed approvato dal Consiglio Direttivo dell'Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, nella seduta del 23 gennaio 2007 (Capo IV – informazione e consenso).
Prima di iniziare la terapia con psicofarmaci è indispensabile concordare con i genitori la periodicità dei controlli clinici. Tali controlli dovrebbero avere cadenza settimanale durante la fase di titolazione, mensile durante la fase di mantenimento. Ad ogni controllo clinico saranno valutati effetti terapeutici, segni vitali ed eventuali effetti indesiderati. Spetta al medico stabilire tempi e modalità di somministrazione.
Le Linee guida cliniche in uso nei Paesi europei raccomandano l'implementazione di percorsi terapeutici non farmacologici come soluzione di prima linea, basati su approcci psicosociali (interventi comportamentali, terapia cognitiva, terapia familiare, supporto per gli insegnanti), il cui scopo principale è quello di migliorare la vita di relazione del bambino/adolescente.
Per quanto riguarda i medicinali a base di risperidone, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha segnalato che essi appartengono alla categoria degli antipsicotici di seconda generazione o atipici, e sono stati approvati in formulazione orale (compresse e soluzione) e in soluzione iniettabile per via intramuscolare.
Le indicazioni terapeutiche e le informazioni sulle caratteristiche del prodotto, per tutti i medicinali contenenti il principio attivo risperidone sono state armonizzate negli Stati membri dell'Unione Europea nel 2008.
Le indicazioni attualmente autorizzate in Europa per i pazienti pediatrici, prevedono l'uso del risperidone nel trattamento sintomatico a breve termine (fino a 6 settimane) dell'aggressività persistente nel disturbo della condotta, in bambini dall'età di 5 anni e adolescenti con funzionamento intellettuale al di sotto della media o con ritardo mentale, nei quali la gravità dei comportamenti aggressivi o di altri comportamenti dirompenti richieda un trattamento farmacologico.
Detto trattamento deve essere parte integrante di un programma terapeutico più completo, che comprenda un intervento psicosociale ed educativo.
Si raccomanda la prescrizione di risperidone da parte di specialisti in neurologia infantile ed in psichiatria infantile e adolescenziale, o da parte di medici esperti nel trattamento del disturbo della condotta in bambini e adolescenti.
Per quanto riguarda gli eventi avversi descritti, l'AIFA osserva che:
l'opistotono è segnalato nel paragrafo 4.8 - Effetti indesiderati - del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto, come compreso nell'ambito della reazione avversa «distonia», riportata come evento comune (da ≥ 1/100 a < 1/10);
l'enuresi è riportata nello stesso paragrafo fra le reazioni avverse segnalate, con frequenza ≥ 5 per cento nei pazienti pediatrici (da 5 a 17 anni), e con una frequenza almeno doppia rispetto a quella osservata negli studi clinici e negli adulti.
L'Istituto Superiore di Sanità sottolinea che, nella pratica clinica, l'utilizzo degli antipsicotici atipici in età pediatrica travalica spesso le indicazioni autorizzate.
In particolare, oltre alle indicazioni menzionate, è comune l'uso dei nuovi antipsicotici, come il risperidone, per il controllo di comportamenti impulsivi e aggressivi in corso di svariate condizioni, quali sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), disturbo ossessivo-compulsivo, ritardo mentale, disturbi della condotta, sindrome di Tourette e disturbi del comportamento alimentare.
Il risperidone viene anche utilizzato per il trattamento dei disturbi generalizzati dello sviluppo in età pediatrica. Tale categoria di disturbi comprende il disturbo autistico, la sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo della fanciullezza, la sindrome di Asperger e il disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato.
Secondo le attuali Linee guida nazionali e internazionali dedicate al trattamento per i bambini e gli adolescenti con autismo, il ricorso al farmaco dovrebbe rappresentare una seconda linea terapeutica, considerando prima altre strade di intervento meno invasive, come le terapie comportamentali o cognitivo-comportamentali: dovrebbe essere aggiunto agli interventi non farmacologici nei casi in cui la gestione dell'irritabilità del bambino non sia altrimenti possibile.
Il consenso/assenso deve essere espresso a fronte di una informazione chiara ed esaustiva.
I pazienti che assumono risperidone e/o i loro familiari (a seconda dell'età del paziente), dovrebbero ricevere informazioni complete e chiare, sia sui possibili effetti collaterali associati al trattamento sia sul fatto che non sono disponibili, al momento, dati sull'efficacia e sulla sicurezza/tollerabilità del risperidone nel lungo termine.
Le informazioni sugli effetti collaterali associati al risperidone devono riguardare sia gli effetti collaterali descritti nella popolazione di bambini e adolescenti (incremento della prolattina, incremento ponderale, sedazione, effetti extrapiramidali e cardiovascolari) sia quelli descritti nella popolazione adulta, anche se non ancora rilevati nei bambini e negli adolescenti.

In linea di principio, l'allontanamento dalla famiglia e dalle figure di attaccamento e l'inserimento dei bambini in comunità, non ha effetti positivi sullo stato psicofisico di bambini con problemi relazionali e comportamentali quali quelli descritti nell'interrogazione in esame.
Per quanto riguarda gli interventi applicabili nel caso di bambini con disturbi dello spettro autistico, la linea guida 21 ha formulato raccomandazioni a favore del coinvolgimento della famiglia nei programmi di intervento (sia non farmacologici che farmacologici), per il miglioramento della comunicazione sociale, la riduzione dei comportamenti problema, il miglioramento dell'interazione con il bambino e l'aumento del benessere emotivo". 

23 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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