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Gutgeld (Renzi?) e la sanità. Ma è veramente possibile pensare di spendere meno senza toccare i servizi ai cittadini?

di Cesare Fassari

Se spendessimo come la Germania o la Francia e non meno della Grecia, come ci ha ricordato pochi giorni fa l’Ocse, l’obiettivo potrebbe anche convincerci. Ma con un livello di spesa sanitaria ormai a livello delle economie più disagiate della UE, ci sembra onestamente che la sfida di Gutgeld possa essere difficilmente raggiunta senza una mazzata a qualità e/o quantità dei Lea garantiti alla popolazione

26 LUG - Stamattina, alla lettura del titolo dell’intervista a Repubblica di Yoram Gutgeld, siamo sobbalzati dalla sedia. Dieci miliardi di tagli alla sanità! Che il braccio destro economico di Matteo Renzi si lanciasse in un affondo così pesante verso un ramo fondamentale (uno dei pochi ancora in piedi, seppur con fatica) del nostro sempre più affaticato albero del welfare, come è la sanità, ci ha lasciato di stucco.
 
La lettura attenta dell’intervista di Roberto Petrini ci ha poi parzialmente tranquilizzato. In realtà Gutgeld non parla di cifre, né di tagli nuovi alla sanità. Si limita a rifare l’elenco della spesa di quanto stabilito nel Patto per la Salute e poi nella manovrina d’estate che ha recepito l’intesa Stato Regioni del 2 luglio scorso.
 
Solo un titolo ad effetto, dunque? Purtroppo non possiamo liquidare così quella che resta comunque una sparata alquanto grossolana del titolista forse tratto in inganno o in eccitazione (e per chi di mestiere fa i titoli questi sono i due rischi maggiori) da un incipit dove si parlava dei 10 miliardi, totali, che si spera di ottenere dalla nuova spending review.
 
E non possiamo farlo per due ragioni precise. La prima è che, nell’intervista, Gutgeld, pur ricordando che i risparmi del Patto per la Salute sono destinati a restare nella sanità (ndr. e questo è scritto chiaro e tondo nella legge di stabilità di quest’anno, vedi il comma 556) aggiunge che una parte dovrà essere utilizzata “per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica”.
 
La seconda ragione ce l’ha data oggi pomeriggio lo stesso ministro della Salute Beatrice Lorenzin che, interrogata dall’Ansa su titolo e contenuto dell’intervista a Repubblica, dopo aver invitato a “discernere” il titolo dal contenuto, come ci avevano già detto in mattinata dal ministero, ha ammesso che effettivamente una parte dei risparmi del Patto per la Salute "potrebbe essere usata per il taglio delle tasse" fin dalla prossima legge di stabilità.
 
Insomma per l’autunno la partita dei tagli alla sanità sembra destinata ancora una volta ad essere giocata. Sul come è presto per dirlo. Al momento registriamo l’invito degli operatori (vedi Acoi e Cicchetti) ad essere coinvolti nella spending per evitare errori e tagli lineari, ma anche le preoccupazioni del nostro Roberto Polillo che ci avverte, in linea con quanto scritto venerdì scorso da Fabrizio Gianfrate, come, per l’intero Stato Sociale, il bello (si fa per dire), deve ancora venire.
 
Il vero dilemma resta però l’atteggiamento di Matteo Renzi che, sulla materia, sembra voler ancora una volta stare alla finestra e vedere l’effetto che fa. In questo anno e mezzo di Governo, il premier, non parlandone praticamente mai, non ha fatto mistero di essere molto poco interessato alla partita. Quelle poche cose che ha detto (il prezzo delle siringhe o le troppe Asl) sembravano onestamente più una ripetizione di semplici luoghi comuni, che una vera e propria assunzione di impegni nel campo della salute.
 
La politica sanitaria del Paese, da quando c’è Renzi, la fanno apertamente solo Lorenzin e Chiamparino, con la vigile sorveglianza di Padoan, e da loro sono uscite cose molto buone, come il Patto per la Salute, e molto negative, come l’Intesa sui tagli di 2,352 miliardi che di fatto si rimangia quel Patto.
 
Ora arriva anche Gutgeld che in effetti di sanità si diletta da tempo (per chi è interessato consigliamo la lettura di una sua intervista al nostro giornale il 25 novembre 2013) con alcune ricette nuove e altre meno originali, ma comunque con un impianto di una certa coerenza.
 
Una cosa però, fin d’allora, sembra essere il pallino di Gutgeld: il fatto che in sanità si possa spendere meno di quanto si spende, senza toccare qualità e livello dei servizi erogati ai cittadini.
 
Se spendessimo come la Germania o la Francia e non meno della Grecia, come ci ha ricordato pochi giorni fa l’Ocse, il pallino di Gutgeld potrebbe anche convincerci. Ma con un livello di spesa sanitaria ormai a livello delle economie più disagiate della UE, ci sembra onestamente che l’obiettivo, in qualche modo ribadito anche oggi nella ormai famosa intervista a Repubblica, possa essere difficilmente raggiunto senza una mazzata a qualità e/o quantità dei Lea sanitari garantiti alla popolazione.
 
Naturalmente questa è una prospettiva sempre negata dagli interessati che si ostinano a parlare di risparmi e recupero di efficienza e non di tagli lineari. Vorremmo credere alla loro buona fede ma i fatti, fino ad oggi, hanno sempre evidenziato che, alla fine, quando l'obiettivo è quello di fare cassa (e anche per la nuova legge di stabilità sarà così), l'unica via certa è quella del taglio lineare. Come accaduto anche per la manovrina d'estate che, come abbiamo già scritto, si è risolta in un semplice e chiarissimo taglio lineare che va a incidere direttamente sul finanziamento a monte della sanità, anche se spacciato ancora una volta per un recupero di efficienza e lotta all'inappropriatezza. 
 
E' vero, a differenza delle altre volte, stavolta la posta in gioco promessa riguarda la riduzione delle tasse sul lavoro, sul reddito e sulla casa. Ma se per pagare meno Imu, dovessimo però arrivare a pagare farmaci e visite mediche di tasca nostra, siamo proprio certi del guadagno?
 
Cesare Fassari

26 luglio 2015
© Riproduzione riservata

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