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Responsabilità professionale. Ministero e Parlamento la vedono diversamente. E il nodo sta nella natura giuridica della responsabilità

di Tiziana Frittelli

La commissione voluta da Lorenzin ha concluso i suoi lavori quasi in coincidenza con il cambio di relatore (Gelli al posto di Vargiu) alla proposta di legge in discussione alla Camera. Ma tra il lavoro delle due commissioni esistono difformità rilevanti. Differenze che dovranno trovare una sintesi uniforme visto l’intento comune di arrivare prima possibile ad una legge che superi la “Balduzzi”

13 AGO - Il 30 luglio scorso la Commissione Consultiva per la problematica in materia di medicina difensiva e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, insediata dal Ministro Lorenzin,  ha terminato i propri lavori. Il documento è stato pubblicato pochi giorni dopo la nomina del nuovo relatore in Commissione Affari sociali della Camera, On. Gelli, che ha deciso di utilizzare la bozza di lavoro prodotta dal comitato ristretto come testo base. 
 
Tra i due documenti esistono difformità rilevanti che vale la pena di sottolineare, visto che l’intento comune del Ministro e della Commissione Affari Sociali è di arrivare prima possibile ad una legge sulla responsabilità professionale,  auspicabilmente con un provvedimento da collegare alla prossima legge di stabilità, che vada oltre quanto già definito e tentato con il decreto Balduzzi, circa la configurazione della natura extracontrattuale della responsabilità professionale (ricordiamo che l’art. 3 del d.l. n. 158/2012, convertito in legge n. 189/2012, stabilisce che "l'esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo").
 
La difformità più rilevante tra i due recenti documenti riguarda la configurazione della natura giuridica della responsabilità professionale dal punto di vista civilistico. La Commissione consultiva del Ministero della salute propone la configurazione quale extracontrattuale per i medici dipendenti e convenzionati di strutture pubbliche e private, con conseguente spostamento dell’onere della prova sul paziente che vuole azionare una causa e prescrizione ridotta a 5 anni, al fine di evitare il moltiplicarsi di ricorsi, dei quali, ad oggi, oltre il 70% si conclude con assenza di responsabilità medica.
 
Viceversa, il testo base del Comitato ristretto della Commissione Affari sociali della Camera, nel configurare la natura extracontrattuale della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, configura la stessa responsabilità quale contrattuale nei confronti della struttura sanitaria pubblica o privata alla quale appartiene il professionista, con due conseguenze:
1) al di là della doppia configurazione giuridica, che appare difficile da sostenere, non si introduce alcun beneficio al sistema. E’ chiaro che il paziente che si sente danneggiato, potendo scegliere tra l’esercizio di una azione per responsabilità contrattuale verso la struttura e una per responsabilità extracontrattuale verso il professionista, sceglierà sempre quella contrattuale;
2) secondo questa proposta la struttura sanitaria potrebbe esercitare azione integrale di rivalsa nei confronti dei propri prestatori d’opera solo quando il fatto sia stato commesso con dolo, in apparente contrasto con l’articolo 28 della Costituzione, che sancisce la diretta responsabilità dei dipendenti degli enti pubblici e, quindi, la possibilità di rivalsa.
 
Di contro, ambedue i testi delle due distinte Commissioni presentano spunti importanti per la risoluzione delle problematiche coinvolte.
Particolarmente interessante, nella proposta della Commissione Affari sociali, la disciplina dell’attività di gestione del rischio sanitario, come pure l’istituzione del Garante per il diritto alla salute e l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità.
 
Dobbiamo puntare sempre più su un sistema di gestione del rischio clinico, con obbligatorietà per tutte le strutture sanitarie di un nucleo che si occupi di risk management, unica garanzia per il cittadino e per il paziente che si agisca sulle cause profonde di eventuali malpractice, prevenendole.
 
Il core dei problemi  di responsabilità professionale è spesso l’organizzazione sanitaria. E’ da quella che dobbiamo partire per creare un clima di fiducia dei pazienti, un ambiente sereno per il lavoro degli operatori, una modalità di approccio ai processi multidisciplinare, guidata dall’appropriatezza dei percorsi, che sola può garantire che nei processi di cura nessuno, né operatore né paziente, si senta solo.
 
Molto interessanti poi i suggerimenti della Commissione ministeriale sulla creazione di una fattispecie autonoma di lesioni ed omicidio colposo per i professionisti sanitari, come pure la previsione di un accertamento tecnico preventivo e una conciliazione preventiva obbligatoria, necessari per conseguire un effetto deflattivo per i contenziosi giurisdizionali.
 
Ambedue le commissioni, in controtendenza con il decreto Balduzzi, sostengono l’obbligatorietà dell’assicurazione per le strutture, con possibilità delle Regioni di assumere decisioni diverse in materia di autoassicurazione. Trattasi di ambito particolarmente delicato. Con l’attuale quadro normativo, l’autoassicurazione è rischiosissima e l’assicurazione carissima, oltre che difficile da realizzare per la mancanza di compagnie affidabili disposte ad intervenire in un mercato troppo rischioso.
 
La strada scelta da molte aziende è quella di un sistema misto, con i casi sottofranchigia a gestione aziendale. Il sistema prescelto riguardo l’assicurazione sarà una variabile dipendente del quadro normativo di riferimento. Per questo è indispensabile un quadro chiaro e definito di regole, una gestione effettiva del rischio clinico, che deve entrare anche nelle valutazioni dell’entità del premio, come elemento in grado di fornire garanzie al sistema assicurativo (come già avviene per il premio Inail, che si abbassa in presenza di un comprovato sistema di gestione della sicurezza in azienda), un riferimento certo alle tabelle risarcitorie applicate, che ancora non sono definite.
 
Solo a queste condizioni creeremo un sistema equo e sicuro per il paziente e per i nostri professionisti, cercando di ristabilire un clima di fiducia e collaborazione, dove la comunicazione deve giocare un ruolo fondamentale, in quanto sintomo di attenzione e di rispetto.
 
Credo sia arrivato il momento che le Associazioni sindacali e le Associazioni di rappresentanza dei diritti dei cittadini, insieme ai tecnici e ai politici, aiutino a ricucire uno strappo culturale tra professioni sanitarie e paziente  che rischia di dissipare le poche risorse disponibili.
 
Tiziana Frittelli
Vicepresidente Federsanità Anci

13 agosto 2015
© Riproduzione riservata

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