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Ddl Lorenzin. Istituto europeo medicina osteopatica: “Impianto condivisibile, auspichiamo rapido iter parlamentare”


In particolare viene espresso apprezzamento poiché si avvia "un percorso lineare per l’accertamento dei titoli equipollenti e per la definizione dell’ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia. Siamo certi che il legislatore saprà individuare gli interlocutori nazionali maggiormente accreditati per attuare le procedure congruenti alla regolamentazione della professione di osteopata".

20 MAG - L’Istituto europeo per la medicina osteopatica sostiene, tramite una nota, l’approvazione del Ddl nel suo complesso, esprimendo incentivo all’iniziativa parlamentare e ai suoi principali referenti. Nel merito del dispositivo, viene manifestata apprezzamento degli articoli relativi all’istituzione della professione di osteopata nell’ambito delle professioni sanitarie. “Allo stesso scopo si intende ribadire alcuni dei fondamenti disciplinari della nuova professione, anche con l’obiettivo di confutare recenti pareri, resi noti tramite stampa da parte di alcune associazioni professionali di differente estrazione”.

Entrando nel dettaglio, ecco i principali elementi virtuoso del Ddl snocciolati dall’Istituto:
1) L’insieme delle attività e delle competenze che contraddistinguono l’attività di osteopata possono trovare regolamentazione positiva esclusivamente nell’ambito delle professioni sanitarie, come reso noto formalmente dal febbraio 2013 dalla Direzione Generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del SSN – Ministero della Salute;

2) L’osteopata esamina il paziente nella sua globalità, valutando in base a principi teorici che definiscono l’insieme delle disfunzioni somatiche che possano influenzare lo stato di salute e i meccanismi funzionali del paziente: concetti documentati dalla letteratura scientifica internazionale di riferimento;

3) Rapporti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità definiscono l’osteopatia una medicina tradizionale da integrarsi nei Sistemi Sanitari Nazionali. I criteri di efficacia della disciplina vengono costantemente documentati in ambito scientifico e rappresentano anche l’oggetto dell’aggiornamento dei professionisti della salute che vengono accreditati, nella fattispecie, dal programma nazionale di Educazione Continua in Medicina. Pertanto, l’osteopatia non può annoverarsi tra le medicine alternative, bensì entrare a pieno titolo tra le professioni della salute con cui instaurare cooperazioni interdisciplinari in ambito culturale e tecnico. Ovunque realizzate, tali cooperazioni hanno documentato nelle specifiche indicazioni il miglioramento della qualità assistenziale rispetto alle consuetudini terapeutiche.

4) Le basi teoriche della medicina osteopatica sono le stesse delle altre professioni sanitarie, a partire dalle conoscenze anatomo-funzionali e disfunzionali, con massimi livelli di competenza. Ulteriori competenze fisio-patologiche, semeiologiche, cliniche generali e deontologiche vengono previste nel programma formativo quinquennale della formazione in osteopatia, oltre alle materie squisitamente caratterizzanti l’esecuzione delle tecniche manuali nella peculiare metodologia clinica. Queste ultime, per nulla sono assimilabili alle pratiche manuali proprie di altre discipline. La medesima formazione di riferimento internazionale (OMS-CEN) corrisponde a 300 crediti formativi europei (ECTS) comprensivi di 1000 ore di tirocinio clinico in Istituto;

5) E’ assolutamente condivisibile la criticità dei corsi di studi in osteopatia non controllati né formalmente autorizzati in riferimento ad analoga o differente programmazione pedagogica. Si stigmatizza, tuttavia, ogni generalizzazione formulata da diverse categorie che evidentemente non dispongono della volontà e degli strumenti necessari per giudicare oggettivamente, ignorando tra altro le realtà formative europee legalmente autorizzate per la medesima disciplina e con la cui cooperazione si svolgono corsi di formazione anche nel nostro Paese;

6) I percorsi di studi, abbreviati quantitativamente e qualitativamente rispetto alle prassi pedagogiche internazionali, non a caso vengono sostenuti proprio dagli attuali detrattori della medesima professione. Gli stessi corsi rappresentano sì un rischio per la salute dei cittadini, oltre che per l’integrità professionale di diversi soggetti sanitari che considerano l’osteopatia una pratica anziché una professione. Solo a tal riferimento si comprendono e si giustificano i legittimi timori da parte delle altre categorie professionali. Queste, tuttavia, dovrebbero saper operare i dovuti distinguo proprio in virtù di quelle premesse cliniche e culturali che esse stesse considerano arbitrariamente carenti nel caso degli osteopati e dei chiropratici;

7) Le rilevazioni statistiche nazionali, come elaborate e documentate in ambito universitario terzo, nonché rese note presso il Ministero della Salute, attestano da vari anni che gli obiettivi sanitari soddisfatti dagli osteopati qualificati non corrispondano alle competenze proprie di altre discipline;

8) Gli articoli del DDL in discussione descrivono un percorso lineare per l’accertamento dei titoli equipollenti e per la definizione dell’ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia. Siamo certi che il legislatore saprà individuare gli interlocutori nazionali maggiormente accreditati per attuare le procedure congruenti alla regolamentazione della professione di osteopata, in termini di rigore giuridico e di miglior prospettiva sanitaria.
 

20 maggio 2016
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