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Aifa. De Filippo su finanziamento a meeting CL e compensi ex Dg: “Aifa presente al meeting anche negli anni passati. La richiesta di recupero dei compensi erogati a Pani è aleatoria”


Così il sottosegretario alla Salute ha risposto ad un'interrogazione du Lucio Barani (Ala) nella quale si chiedeva conto di un finanziamento di 50mila euro da parte dell'Ente regolatorio a Comunione e Liberazione, movimento di cui il presidente Aifa Melazzini è un esponente di spicco. Quanto agli emolumenti extra del DG Luca Pani: "Per l'Avvocatura generale dello Stato la complessità della questione rende aleatoria la pretesa di recupero delle somme erogate".

27 OTT - "L'allestimento di uno stand di Aifa alla manifestazione fieristica Meeting di Rimini è risalente nel tempo, infatti vi ha già partecipato, negli anni 2006, 2007, 2008, al pari, peraltro, di altre amministrazioni pubbliche statali e locali. Aifa riferisce che la scelta di allestire un proprio spazio espositivo nell'ambito della predetta manifestazione va inquadrata in una precisa politica di investimento in attività di informazione e promozione, finalizzata a dare adeguatamente conto dell'impegno quotidiano portato avanti dall'Agenzia a tutela della salute pubblica. Al fine di procedere all'allestimento dello spazio espositivo, si è proceduto con regolare richiesta di acquisto all'Ufficio affari amministrativi, contabilità e bilancio; richiesta che è stata successivamente integrata da una relazione esplicativa delle ragioni alla base della scelta".
 
Così il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, ha risposto in Aula al Senato ad un'interrogazione di Lucio Barani (Ala) nella quale si chiedeva conto di diversi aspetti, tra i quali un finanziamento di 50mila euro da parte dell'Ente regolatorio a Comunione e Liberazione, movimento di cui il presidente Aifa Mario Melazzini è un esponente di spicco. 
 
Nell'interogazione, il senatore di Ala chiedeva inoltre chiarimenti sulla vicenda riguardante la mancata restituzione dei 647.000 euro da parte del Direttore Generale di Aifa, Luca Pani, già richiesta dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia nella seduta del 29 aprile 2016, visto il superamento del tetto dei 240.000 euro annui previsto per i dirigenti pubblici. "Il Ministero ha ritenuto opportuno richiedere un parere dell'Avvocatura generale dello Stato sull'argomento, che si è espressa confermando che l'oggettiva complessità della questione - e sottolineo la parola complessità - unitamente ad un quadro normativo particolarmente complesso e non univocamente definito, contribuisce a rendere aleatoria la pretesa di recupero delle somme erogate", ha spiegato De Filippo.
 
Infine, quanto alla revoca del direttore dell'area amministrativa, Giovanni Torre, "Il direttore generale ha ritenuto opportuno non conferire alcun incarico al dottor Giovanni Torre, già dirigente dell'ufficio affari amministrativi dell'Agenzia e in comando presso l'Aifa, tenuto conto del fatto che, in sede di adeguamento dell'assetto organizzativo al nuovo regolamento, le funzioni dell'ufficio contabilità e bilancio sono state ricollocate nel quadro delle nuove disposizioni. In data 1° agosto 2016 la stessa direzione generale di AIFA ha tempestivamente comunicato all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Istituto di provenienza del dottor Torre, affinché si attivasse a far cessare il comando dello stesso", ha sottolineato il sottosegretario.
 
Tutt'altro che convinto delle siegazioni fornite, Barani in sede di replica ha dichiarato: "Sono stati dati 240.000 euro di più al direttore generale. Il consiglio d'amministrazione di Aifa, a seguito di una segnalazione del collegio dei revisori dei conti e di due pareri espressi dalla Ragioneria generale dello Stato, si accorge che questi, invece di 240.000 euro l'anno, ha ricevuto 500.000 euro. Chiedono e deliberano il recupero, come bisogna fare. Dopo quattro mesi, il povero disgraziato dottor Torre, che chiede intempestivamente il recupero, viene cacciato. Costui, dopo tutte le delibere, dà esecuzione alle stesse e, per lesa maestà, viene cacciato dall'Aifa perché era un distaccato dall'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Il signor Polifrone proveniva anche lui da un altro ente (la Consip), però si è allineato e può rimanere perché fa gli interessi di AIFA. Il consiglio d'amministrazione pone nel bilancio 2015 la somma di 647.000 a debito verso l'erario per somme percepite in più dal direttore generale Luca Pani, con contestuale note di debito al direttore generale".

"Un funzionario non fa altro che richiederglieli. A questo punto si rimanda al capo di gabinetto, al dottor Chiné, perché è lui che deve vigilare e non ha controllato che c'era un signore che prendeva 500.000. A noi contestano tutti i giorni i costi della politica perché dicono che percepire 90.000 euro l'anno di stipendio base è troppo, anche se è agganciato al reddito di un primo giudice di Cassazione; c'è, invece, un direttore generale che prende 500.000 euro. Signor Sottosegretario, stiamo parlando di mezzo milione. C'è qualcuno che se ne accorge e viene bloccato e inizia l'odissea. Io non credo che ci sia stato dolo; sono d'accordo con la Corte dei conti, ma chiedo che li restituisca. Sono stati messi anche nel bilancio del 2015. Perché cacciare quello che intempestivamente ha notificato la nota di debito al dottor Pani, nonostante fosse stata trasmessa quattro mesi dopo la delibera votata all'unanimità dal Consiglio d'amministrazione presieduto da Melazzini? Queste sono punizioni che in un'Agenzia del farmaco non si possono vedere", evidenzia il senatore di Ala.
 
"Chi le ha preparato la risposta ha cercato di confonderla. Io l'ho detta in termini più comprensibili e così le dico anche che l'Aifa non deve promuovere niente. Non deve spendere niente per la promozione di se stessa. Non deve finanziare nessuno. Deve controllare e impedire che le industrie farmaceutiche se ne approfittino e impediscano la cura agli ammalati. Deve fare solamente questo. Nella mia interrogazione ho voluto dire solo questo e lei sa quanto la stimi. So che lei non ha nessuna responsabilità, ma il capo di gabinetto Chinè e il Ministro, che erano a conoscenza della vicenda, dopo una delibera del consiglio d'amministrazione, non possono fare il gioco delle tre carte per far sì che non vengano restituite somme indebitamente prese in maniera non certamente dolosa, né colposa. È stato un errore e agli errori, come ha detto, la Corte dei conti bisogna porre rimedio, anche se si tratta di un rimedio da 647.000 euro", conclude De Filippo.

27 ottobre 2016
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