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Nomine manager Asl. La Corte Costituzionale boccia la legge Madia/Lorenzin: “Sui nuovi criteri serviva intesa in Stato Regioni”


Con una sentenza che farà molto discutere depositata oggi, la Consulta affonda le norme riguardanti i criteri di selezione dei manager sanitari. Si tratta infatti di materia ove “solo l’intesa in sede di Conferenza Stato Regioni, contraddistinta da una procedura che consente lo svolgimento di genuine trattative, garantisce un reale coinvolgimento”. LA SENTENZA.

25 NOV - “Una sentenza storica”, così l’ha definita il presidente del Veneto Luca Zaia, commentando la notizia dell’accoglimento di molti dei rilievi avanzati all’attenzione della Consulta da parte del Veneto sulla legge delega sulla Pubblica Amministrazione.
 
“Siamo stati l’unica Regione d’Italia a portare avanti le nostre convinzioni – ha detto Zaia -. Il centralismo sanitario governativo ha ricevuto un duro colpo e noi, tanto per fare un esempio concreto, continueremo a nominare i direttori generali della nostra sanità invece che doverli scegliere all’interno di una terna ‘nazionale’ dove poteva esserci anche qualche responsabile di certi sfasci in giro per l’Italia”.
 
Ma cosa ha stabilito la Corte? Che per l’attuazione dei decreti legislativi previsti dalla legge delega (che stabilisce anche i nuovi criteri di selezione dei magare sanitari, norma fortissimamente voluta dal ministro Lorenzin) non basta il parere della Conferenza Unificata, ma serve una vera e propria intesa della Stato Regioni, perché le materie trattate sono concorrenti.
 
Secondo la Corte è infatti è “palese il concorso di competenze, inestricabilmente connesse, nessuna delle quali si rivela prevalente, ma ciascuna delle quali concorre alla realizzazione dell’ampio disegno di riforma della dirigenza pubblica. Pertanto, non è costituzionalmente illegittimo l’intervento del legislatore statale, se necessario a garantire l’esigenza di unitarietà sottesa alla riforma. Tuttavia, esso deve muoversi nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile anche in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie. Poiché le disposizioni impugnate toccano sfere di competenza esclusivamente statali e regionali, il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione deve essere individuato nella Conferenza Stato Regioni”.
 
E questo vale anche per la lettera p) dell’art.11 della legge delega dove si prevede un apposito decreto legislativo per disciplinare il “conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi sociosanitari, delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale”.
 
Da qui la decisone della Corte di dichiarare “l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, lettere a), b), numero 2, c), numeri 1) e 2), e), f), g), h), i), l), m), n), o), p) e q), e comma 2, nella parte in cui, nonostante le molteplici interferenze con le competenze regionali non risolvibili mediante il criterio della prevalenza del legislatore statale, prescrive, per l’adozione dei decreti legislativi delegati attuativi, una forma di raccordo con le Regioni – il parere in Conferenza unificata – da ritenersi lesiva del principio di leale collaborazione perché non idonea a realizzare un confronto autentico con le autonomie regionali, necessario a contemperare la compressione delle loro competenze. Solo l’intesa in sede di Conferenza Stato Regioni, contraddistinta da una procedura che consente lo svolgimento di genuine trattative, garantisce un reale coinvolgimento”.
 
A questo  punto il Governo dovrà riprendere in mano tutta la questione e cosa accadrà al momento è di difficile previsione, considerando anche che sulla materia potrebbe incidere il risultato del referendum del 4 dicembre. In caso di vittoria del No, e quindi con il mantenimento dell’attuale Titolo V che disciplina le competenze legislative in materia tra Stato e Regioni, la sentenza odierna della Corte manterrebbe inequivocabilmente la sua validità costringendo l’Esecutivo a ridiscutere le norme in Stato Regioni.
 
Nel caso di vittoria del Sì, entrerebbe invece in vigore il nuovo articolo 117  che modifica gli ambiti di intervento legislativo, lasciando alle Regioni la competenza solo su "programmazione e organizzazione dei servizi sanitari", e in questo caso il verdetto della Corte, potrebbe anche risultare superato.
 
Un dato comunque è certo. Ad oggi i nuovi criteri di selezione dei manager di Asl e ospedali voluti dal Governo, decadono.

25 novembre 2016
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