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Biotestamento. Omceo Roma: “No a rigidità, non creare tabelle su comportamenti. Guardare al codice deontologico dei medici”


Per il presidente Lavra “lo sforzo di carattere normativo” nell’ambito del testamento biologico “si deve limitare ad affermare principi sui quali trovare condivisioni ampie. Uno sforzo che abbiamo già fatto nel nostro codice deontologico, che è una norma ed ha un suo valore”.

09 FEB - “Penso che una legge debba muoversi affermando principi e delineando situazioni, piuttosto che definendo comportamenti. Una eccessiva interpretazione dei comportamenti dettati potrebbe causare cortocircuiti”. È questa la riflessione di Giuseppe Lavra, presidente dell’Ordine provinciale di Roma dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri sulla legge sul testamento biologico, all’esame della Camera.
 
“Dobbiamo ragionare in termini di principi e mettere i paletti tra questi principi. Un paletto è senz’altro il valore del principio della vita - spiega Lavra - l’atro è quello della dignità umana, che non deve essere mai sottoposta ad atteggiamenti curativi che scadano in accanimento o nelle sproporzioni palesi di trattamenti futili. Una volta sanciti i principi, anche per legge se si vuole, poi tutto deve essere calato nelle specifiche realtà”.
 
“Attenzione - avverte il presidente dell’Ordine di Roma - tutti i casi sono a sé ed eviterei di fare riferimenti netti rispetto alle situazioni che hanno un po’ diviso il Paese”.
 
Da qui il consiglio di “evitare vincoli che non possano ovviamente calarsi nelle specifiche realtà. Se da un lato rassicurerebbero chi ha una fiducia cieca nelle potenzialità di una legislazione, dall’altro io non la ho tale fiducia cieca”.
 
“In materia di bioetica - sottolinea Lavra - tutto deve essere contemplato con estremo rigore, estrema prudenza ed estremo rispetto delle situazioni. So che in ambito clinico tutti i casi sono singoli, singolari e non omologabili. La legge non può fare altro che esprimere situazioni che non possono adattarsi a tutte le fattispecie dei singoli casi. È un’ambizione che porta con sé un elemento di superbia e noi non abbiamo queste potenzialità”.
 
Per il presidente, “lo sforzo di carattere normativo” nell’ambito del testamento biologico “si deve limitare ad affermare principi sui quali trovare condivisioni ampie. Uno sforzo che abbiamo già fatto nel nostro codice deontologico, che è una norma ed ha un suo valore”.
 
E quindi l’invito a “disgiungere le situazioni collegate alle condizioni relative agli stati di coscienza (stati vegetativi) - che spesso sono attendistiche, indeterminate e indeterminabili - dalle situazioni in cui si conoscono i quadri clinici nella loro progressione terribilmente peggiorativa e che determinano una compromissione dei parametri vitali di primo ordine, come il respiro e il circolo”.
“In quest’ultimo caso – sottolinea Lavra - oltre ad una valutazione di ordine prognostico, possono esserci anche situazioni in cui sia compromessa la dignità naturale della persona, in ragione dei provvedimenti che si pongono in essere per mantenere delle condizioni di sopravvivenza più che di vivenza. Dobbiamo soppesare le situazioni”.
 
Quando c’è la consapevolezza che “la compromissione sia così importante, tale da poter essere percepita da chi vive suddetta condizione in maniera quasi aggressiva per la propria dignità umana- prosegue il medico- allora bisognerà confrontare questo anche con le volontà. Dobbiamo interrogarci e chiederci quanto possiamo condannare o imporre a un individuo, magari ancora cosciente, di dover subire condizionamenti che possano essere aggressivi rispetto al sentimento di dignità personale”. Lavra propone come riferimento per una norma sul Biotestamento il codice deontologico dei medici: “È stato approvato poco più di 2 anni e mezzo fa, e ritengo che la legge potrebbe attingere ai principi in esso sanciti, magari riscrivendoli in modo formalistico, nel linguaggio normativo”.
 
Ad esempio “il mondo anglosassone, anche in materia di procreazione e altro, ha spesso preso come riferimento i codici deontologici degli ordini professionali. È lì che queste cose vengono affrontate”. Il presidente dell’Omceo Roma opera poi un chiarimento, rifacendosi al codice: “Nel caso delle persone capaci di intendere e volere, che possono manifestare la propria volontà in maniera cosciente, non abbiamo dubbi: non possiamo costringerli. Nel codice deontologico è scritto in maniera inequivocabile. I problemi si pongono, invece, nel caso in cui c’è l’incapacità di manifestare la propria volontà perché si versa in una determinata condizione. Allora o ci vengono in soccorso le dichiarazioni anticipate di trattamento (i cosiddetti testamenti biologici), o la possibilità di avere un fiduciario già nominato antecedentemente, che possa essere il referente che esprime le volontà dell’interessato. Situazioni già adottare in altri paesi”.
 
Insomma i suggerimenti principali di Lavra sono: “Valutare caso per caso, tenendo conto delle volontà, e non fare tabelle di comportamenti”. Il presidente conclude con un paragone: “Pensiamo, infine, alle linee guida che sono importantissime, ma se vengono applicate in ambito clinico in maniera assoluta e categorica possono produrre disastri. Sono suggerimenti preziosi da tenere in grande considerazione però bisogna sempre muoversi caso per caso. Le rigidità vanno evitate”.

09 febbraio 2017
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