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Whistleblowing. Via libera al Senato al ddl che tutela chi denuncia la corruzione nella PA


Il provvedimento è stato approvato ieri in seconda lettura dall'Assemblea di Palazzo Madama con 142 voti favorevoli e 61 contrari. Il testo dovrà tornare ora in terza lettura alla Camera. Il ddl affronta il tema della tutela dei lavoratori, pubblici o privati, che segnalino o denuncino reati o altre condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito del proprio rapporto di lavoro. IL TESTO

19 OTT - L'Assemblea del Senato ha ieri approvato con 142 voti favorevoli, 61 contrari e 32 astenuti, il disegno di legge in materia di segnalazioni di reati o irregolarità nel lavoro pubblico o privato (Whistleblowing). Il provvedimento torna ora alla Camera dei deputati.
 
Il provvedimento, approvato in prima lettura dalla Camera nel gennaio 2016, affronta il tema della tutela dei lavoratori, pubblici o privati, che segnalino o denuncino reati o altre condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito del proprio rapporto di lavoro.
 
L'articolo 1 modifica l'attuale disciplina in materia relativa ai lavoratori pubblici, mentre l'articolo 2 concerne i lavoratori del settore privato. Rispetto all'attuale normativa per i lavoratori pubblici, le novelle di cui all'articolo 1 confermano il principio di tutela - in base al quale l'autore della segnalazione o denuncia non può essere sottoposto a misure (determinate dalla segnalazione o denuncia) aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro - e presentano le seguenti modifiche ed integrazioni:
 
- sotto il profilo soggettivo, l'ambito di applicazione della disciplina viene esteso ai lavoratori pubblici diversi dai lavoratori dipendenti ("collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o di incarico") nonché: ai lavoratori, collaboratori e consulenti degli enti pubblici economici; a quelli degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico; ai lavoratori ed ai collaboratori, a qualsiasi titolo, di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzino opere in favore dell'amministrazione pubblica;

- sotto il profilo oggettivo, si specifica che l'ambito di applicazione riguarda le segnalazioni o denunce effettuate nell'interesse dell’integrità della pubblica amministrazione. Una modifica approvata dalla 1a Commissione del Senato ha soppresso il requisito della buona fede dell'autore della segnalazione o denuncia, requisito previsto dal testo trasmesso dalla Camera. Quest'ultimo definiva, ai fini in oggetto, la buona fede come la ragionevole convinzione, fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita si fosse verificata e prevedeva che la buona fede fosse, in ogni caso, esclusa qualora il segnalante avesse agito con colpa grave;
 
- riguardo ai possibili soggetti destinatari della segnalazione, si sostituisce il riferimento al "superiore gerarchico" con quello del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Resta ferma l'ipotesi di segnalazione all'Anac o di denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o contabile;
 
- in merito al principio di tutela, si prevede che l'adozione di misure ritenute ritorsive sia comunicata in ogni caso all’Anac, da parte dell’interessato o delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e che l’Anac informi il Dipartimento della funzione pubblica o gli altri organismi di garanzia o di disciplina, per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza. In merito, la norma vigente prevede, invece, che l'interessato o le suddette organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative segnalino le misure (ritenute discriminatorie) al Dipartimento della funzione pubblica;

- sempre con riferimento al principio di tutela, si introduce, per il caso di adozione di una misura discriminatoria, una sanzione amministrativa pecuniaria, da 5.000 a 30.000 euro, a carico del responsabile che abbia adottato la misura, "fermi restando gli altri profili di responsabilità". La sussistenza di una misura discriminatoria è accertata dall'Anac, che è altresì competente ad irrogare la relativa sanzione;

- con riferimento ai procedimenti disciplinari, si modifica la tutela della riservatezza circa l'identità dell'autore della segnalazione o denuncia, limitando la vigente deroga (al principio di riservatezza) relativa al caso in cui la conoscenza dell'identità sia indispensabile per la difesa dell'incolpato. La norma vigente prevede che, in tale ipotesi, l'identità possa essere rilevata. La novella richiede, invece, per la medesima fattispecie, il consenso dell'interessato alla rilevazione della propria identità e, in assenza di consenso, l'impossibilità di utilizzare la segnalazione o denuncia ai fini disciplinari;

- si inserisce la previsione che l'Anac, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotti apposite linee guida, relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni in oggetto. Le linee guida devono contemplare l’impiego di modalità anche informatiche e promuovere il ricorso a strumenti di crittografia, per garantire la riservatezza sia dell’identità del segnalante sia del contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione. 
 
La sanzione è prevista, a carico del responsabile, in una misura compresa tra i 10.000 ed i 50.000 euro (la 1a Commissione del Senato ha così elevato i limiti minimi e massimi, che erano pari, rispettivamente, a 5.000 e 20.000 euro nel testo trasmesso dalla Camera), sia per i casi di assenza di procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni sia per i casi di adozione di procedure non conformi a quelle di cui al capoverso 5 del comma 1 articolo 1. L'accertamento di tali violazioni e l'irrogazione della sanzione sono di competenza dell'Anac.
 
L'articolo 2 del ddl riguarda le segnalazioni, da parte di lavoratori privati, di reati o di altre specifiche violazioni, di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito del proprio rapporto di lavoro.
 
La novella di cui al capoverso 2-ter specifica che l'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuino le segnalazioni in oggetto può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo. 

Il capoverso 2-quater sancisce che i licenziamenti o altre misure ritorsive o discriminatorie, adottati nei confronti del segnalante, compreso il mutamento di mansioni, sono nulli e pone a carico del datore di lavoro, per le controversie inerenti a misure organizzative aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro e successive alla presentazione della segnalazione, l'onere della prova che le medesime misure siano fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa. 
 
Infine, l'articolo 3 spiega come nelle ipotesi di segnalazione o denuncia, il perseguimento dell'interesse all'integrità delle amministrazioni, pubbliche e private, nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni, costituisce giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall'obbligo di segreto di cui agli articoli 326, 622 e 623 del codice penale e all'articolo 2105 del codice civile.
 
Questa disposizione non si applica nel caso in cui l'obbligo di segreto professionale gravi su chi sia venuto a conoscenza della notizia in ragione di un rapporto di consulenza professionale o di assistenza con l'ente, l'impresa o la persona fisica interessata.

Quando notizie e documenti che sono comunicati all'organo deputato a riceverli siano oggetto di segreto aziendale, professionale o d'ufficio, costituisce violazione del relativo obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell'eliminazione dell'illecito e, in particolare, la rivelazione al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine.

19 ottobre 2017
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