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Da Marina Ripa di Meana una lezione di dignità del fine vita

di Livia Turco

Marina Ripa di Meana ha scoperto che esiste una legge italiana  che prevede come forma di cura palliativa la sedazione profonda per le persone che sono nella fase terminale della vita dando loro la possibilità  di vivere questo ultimo tempo con serenità e dignità e ha voluto far sapere a tutti che esiste questa possibilità che è un diritto per tutti e tutte

12 GEN - Che nessuno resti solo  di fronte alla malattia  e nella fase finale della vita. Promuovere l’eguaglianza nella dignità del fine vita: questa è la più difficile ed al contempo la più doverosa battaglia contro le diseguaglianze. E’ il testamento che ci ha lasciato Marina Ripa di Meana.
 
Lo ha fatto offrendoci  la sua voce ed il suo corpo morente ma anche  dicendo, attraverso Maria Antonietta Coscioni, parole importanti. Per morire con dignità, senza dolore, dopo tanti anni di sofferenza e giunta nella fase terminale della vita, pensava  che l’unica soluzione fosse andare in una clinica in Svizzera.
 
Poi  ha scoperto che esiste una legge italiana  che prevede  come forma di cura palliativa la sedazione profonda per le persone che sono nella fase terminale della vita dando loro la possibilità  di vivere questo  ultimo tempo con serenità  e dignità. Marina Ripa Di Meana ha voluto far sapere a tutti che esiste questa possibilità che è un diritto per tutti e tutte.
 
Voglio raccogliere questo suo appello  che dà forza al mio impegno di cittadina nel promuovere la cultura delle cure palliative. Abbiamo una delle leggi più avanzate d’Europa (cui ebbi l’onore di lavorare prima come Ministra della Salute poi nella Commissione parlamentare in modo trasversale con tutte le forze politiche e con donne come Maria Antonietta Coscioni e Paola Binetti), la legge 38/2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative ed alle terapie del dolore”.
 
Bisogna applicarla in tutte le sue parti  a partire da una informazione capillare che raggiunga tutti i cittadini. Tanto più importante oggi che è stata approvata la legge sul testamento biologico. E’ difficile parlare della morte. E’ difficile parlare del dolore. Eppure dobbiamo farlo.
 
Dobbiamo sentirci tutti impegnati, innanzitutto come cittadini , a promuovere una cultura della  dignità del fine vita per tutte e per tutti. Dobbiamo sentirci impegnati perché la dignità del fine vita non sia un privilegio per pochi.
 
Tanto più a fronte di una legge che propone le cure palliative e le terapie antidolore come diritto esigibile da garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale  dal sistema Sanitario Nazionale attraverso apposite reti che integrano gli hospice ed i reparti ospedalieri con le strutture territoriali e quelle domiciliari, puntando soprattutto sull’assistenza domiciliare.
 
Ritengo inaccettabile che chi è povero  e solo non possa ricevere il sollievo delle cure palliative perché non sa che cosa sono o perché non gli sono accessibili. Compito primario della Legge 38/2010 è quello di costruire l’eguaglianza nella dignità del fine vita, con l'aiuto dei medici, degli infermieri dei farmacisti, dei volontari.
 
Colpisce invece constatate che troppe persone e famiglie vivono nella solitudine della inguaribilità. Liberare le persone dal dolore significa dare dignità, riconoscere diritti consentire alla persona di stare in contatto con gli altri, donare se stesso agli altri. Liberare dal dolore il corpo malato è una forma d’amore e la concreta pratica della dignità. Un punto qualificante della legge 38/2010 è la formazione del personale sanitario e la individuazione di figure professionali appropriate, altrettanto importante è la promozione delle cure palliative pediatriche.
 
Quanto il tema della lotta al  dolore e della dignità del fine vita è stato al centro dell’agenda politica del Governo, delle Regioni, del Parlamento? I dati contenuti nella relazione ministeriale al Parlamento dicono che si è fatto poco e che bisogna fare molto di più.
 
Lo confermano anche alcuni dati che erano stati illustrati dalla Fondazione Gigi Ghirotti che svolge un eccellente lavoro di informazione, formazione e sostegno dei pazienti, relativi ad una indagine condotta con la collaborazione della Conferenza Stato Regioni e resi pubblici lo scorso 15 marzo a Roma.
 
L’analisi ricavata da 13.347 schede di rilevazione compilate dai pazienti c dicono che il 63% (due italiani su tre) non conosce la legge e non sa cosa siano le cure palliative, il 45% degli intervistati vive da oltre sei mesi il problema senza trovare soluzione al problema.
 
Un dato reso ancora più drammatico dal fatto che il 17% degli intervistati non trova rimedi efficaci per oltre 5 anni. Il 35% degli utenti è stato indirizzato  alle terapie antidolore dal proprio  medico di fiducia ad una visita specialistica presso i centri di terapia del dolore.
 
Bisogna informare i cittadini, formare e motivare gli operatori sanitari a  partire dai medici di famiglia. Sostenere il Volontariato. Nella consapevolezza che la “dignità del fine vita” è parte integrante del diritto alla salute. Sarebbe importante costruire una Rete tra tutte le associazioni di volontariato e le Onluss impegnate sul tema oltreché le Società Scientifiche per promuovere una cittadinanza attiva e realizzare un monitoraggio, a partire dall’esperienza diretta, dello stato di applicazione della legge.
 
Si potrebbe pensare ad un monitoraggio da parte  dei cittadini che sfoci in un forum annuale che potrebbe tenersi ogni 15 marzo giorno della entrata in vigore della legge.
 
L’eguaglianza nella dignità del fine vita è una frontiera difficile ma cruciale della  moderna battaglia contro le diseguaglianze! Mettiamola al centro dell’agenda politica ed anche della attenzione e mobilitazione delle forze politiche a partire da quelle della sinistra!  Un modo  concreto pe raccogliere  il testamento così umanamente intenso  di Marina Ripa di Meana. 
 
Livia Turco

12 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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