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Quelle strane convivenze tra i sostenitori di Gelli

di Ivan Cavicchi

I diversi appelli di questi ultimi giorni per scongiurare l’esclusione dalle liste PD del suo responsabile sanità (esclusine ormai sancita) ci offrono involontariamente una mappa preziosa degli interessi che insistono nella sanità e che nel loro insieme ci spiegano, attraverso certi nomi, le politiche sanitarie di questi anni

31 GEN - L’esclusione di Federico Gelli quale candidato Pd alle prossime elezioni politiche ha fatto molto scalpore, prendendo tutti di contropiede, dando luogo a prese di posizioni ad appelli, anche su questo giornale di grande interesse ermeneutico sostenuti da lunghi elenchi di firmatari.
 
Non so quali siano le ragioni che hanno indotto il Pd a privarsi di un deputato come Gelli ma visto il clima e visto il problema delle liste, le immagino, e comunque, sono certo che esse non riguardano il profilo professionale di Gelli e ne la sua attività di parlamentare.
 
Il contrario non avrebbe senso. Ciò che agli appelli appare insensato ha senso solo se la questione la si vede per quello che probabilmente è nulla di più e nulla di meno che un problema di liste, di posti, di candidature dentro un contesto difficile nel quale si fa presto a far fuori chi magari sperava con il nuovo quadro politico di diventare, perché no, anche ministro della sanità.  Tuttavia la faccenda mi colpisce, per quanto a margine, per i suoi aspetti fenomenologici.
 
L’appello lanciato per riammettere Gelli dallo stesso dipartimento di sanità del PD sottoscritto da ben 83 persone (QS 29 gennaio 2018) ci offre involontariamente una mappa preziosa degli interessi che insistono nella sanità e che nel loro insieme ci spiegano, attraverso certi nomi, le politiche sanitarie del PD di questi anni.
 
In questo partito gli universalisti cedono il passo ai privatizzatori cioè ai teorici del sistema multipilastro, la sanità pubblica alla sanità privata, come dimostra la presenza   nel dipartimento di sanità del PD di Marco Vecchietti Managing Director e Consigliere Delegato di RBM Assicurazioni salute; di Jessica Veronica Faroni alla guida del Gruppo Ini da oltre 20 anni, nonché presidente Aiop Lazio e che certamente non la pensano come me a proposito di diritto alla salute.
 
Ma nella mappa dei firmatari non vi sono solo i grandi interessi finanziari ma vi sono anche quelli legati alla scienza. Mi ha colpito tra gli altri la presenza di Vito Trojano Past President Nazionale Associazione Ostetrici Ginecologi Italiani, (AOGOI), ora so perché  la sua associazione si è sempre  pronunciata su questo giornale a favore di tutti i provvedimenti di marca governativa senza mai avanzare una critica.
 
Il tema della scienza a sostegno della politica cioè della scienza usata dalla politica per legittimarsi agli occhi della società, viene fuori da tanti altri nomi che non cito e che ricavo da un altro appello per Gelli (QS 29 gennaio 2018, Manfellotto).
 
Io penso naturalmente che in un dipartimento di sanità di un partito come il PD debbano starci i tecnici (non parlerei di scienziati) ma anche che le leggi fatte dal Pd sarebbero state probabilmente migliori se la tecnica e la scienza avessero fatto davvero il loro mestiere. Ma se in un partito scienza e tecnica valgono come interessi e non come conoscenze autonome è possibile allora che le leggi come quelle sulla responsabilità professionale, sui vaccini, sulle dat mostrino delle aporie tradendo importanti contraddizioni.
 
Infine nella mappa dei sostenitori di Gelli tra i firmatari dell’appello non può mancare il sindacato. A parte Domenico Crisarà medico di medicina generale responsabile Fimmg del Veneto colui che voleva ancor più burocratizzare i medici di famiglia de Veneto (“oltrecup”) è presente una rappresentanza importante del gruppo dirigente dell’Anaao con Domenico Montemurro e Carlo Palermo. Non compare tra i firmatari Costantino Troise che su Gelli però fa un suo articolo personale per certi versi persino sorprendente.
 
I dirigenti Anaao in quel dipartimento li vedo come una pura manifestazione di masochismo sindacale davvero senza precedenti.
 
In fin dei conti l’Anaao è il sindacato che sui contratti e rispetto all’intersindacale medica ha pagato il prezzo di credibilità politico maggiore. E’ il sindacato che per credere  a tante promesse del governo  si è esposto di più alle brutte figure e alle disillusioni.
 
Costantino Troise alla fine del suo mandato  scopre amareggiato con l’esclusione di Gelli che la sanità pubblica, e quindi la salute degli italiani, non è stata nell’agenda del governo in carica perché non era nell’agenda del partito di maggioranza” .
 
Ma amico mio, diciamola meglio, la sanità pubblica  cioè il lavoro pubblico la questione medica  non sono  nell’agenda né del governo né del Pd perché in agenda vi sono ben altre politiche sulla sanità quelle filo-assicurative, quelle per il sistema  multipilastro quelle anti-universaliste quelle definanzianti, quelle del costo zero cioè del disinvestimento. Cioè vi sono quelle politiche economiche verso le quali l’Anaao non solo non si è mai fatta sentire oltre la lamentela della scarsità di risorse ma rispetto alle quali non ha voluto definire mai né contro-prospettive né una  contro-piattaforma accontentandosi di mollichelle.
 
Per quanto democratici si possa essere per me in quel dipartimento sanità Marco Vecchietti e Costantino Troise allo stato attuale delle cose non sono compatibili. Siccome non lo sono qualcuno va avanti e qualcuno va indietro. Ditemi voi chi va avanti e chi va indietro?
 
Possibile mai che non si capisca che l’esclusione di Gelli, per quanto giustificabile con problemi di lista, è del tutto coerente con tante altre forme di esclusione tra le quali la più importante è quella di aver affidato agli economisti di Renzi, a parte Padoan,  la definizione delle politiche sanitarie. Ma secondo voi chi l’ha scritta la mozione di Renzi sul welfare on demand?
 
Che ci stanno a fare i dirigenti dell’Anaao nel dipartimento sanità del Pd se in quel dipartimento comanda la logica del welfare on demand? Non sono stanchi di ingoiare rospi a colazione a pranzo e a cena? Non hanno voglia di assaporare un po’ di sana autonomia intellettuale per il bene primario di ciò che rappresentano?
 
A volte leggendo le posizioni Anaao, sindacato con il quale ho condiviso tante battaglie, quello che ha fornito il paese di assessori, presidenti, senatori, sottosegretari, mi viene il dubbio che il suo inveterato consociativismo paragovernativo sia un po’ la prova che esso sia il sindacato che meno degli altri ha capito che il mondo è cambiato per davvero. Ormai fare il sindacato è un mestiere che bisogna reimparare a fare. Gli amici del dipartimento sanità non bastano più.
 
Ma tornando a Gelli i giochi sono fatti e non si ridiscutono per cui ne riparleremo dopo le lezioni.
 
Ivan Cavicchi

31 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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