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Primarie PD. Trionfa Zingaretti con circa il 70% dei consensi. Ai gazebo 1,7 milioni di votanti. Ecco il suo programma per la sanità

di G.R.

Il governatore del Lazio ha ottenuto oltre un milione di preferenze, largamente al di sopra della maggioranza necessaria del 50% più uno. "Un risultato straordinario, più votanti delle ultime primarie. Viva la democrazia italiana!", ha commentato. Nella mozione a suo sostegno, per la sanità, si punta al superamento delle differenze tra sanità regionali attraverso un nuovo Patto per la salute, che preveda l’adeguamento delle risorse finanziarie e umane. LA MOZIONE

04 MAR - "Viva la democrazia italiana. Si è riaccesa la speranza". Nicola Zingaretti ha vinto le primarie del Partito democratico con una maggioranza ampia. L'affluenza ha raggiunto quota 1,7 milioni. Il governatore del Lazio ha ottenuto circa il 70 per cento, oltre un milione di preferenze, largamente al di sopra della maggioranza necessaria del 50% più uno.
 
Lo spoglio delle schede dei votanti alle primarie riprenderà in mattinata, verso le 11, dopo essere stato sospeso verso mezzanotte perché, come ha spiegato l'organizzazione del Pd, gli scrutatori sono volontari che stamattina sono andati al lavoro.
 
Nella mozione vincente a sostegno di Zingaretti trovavano molto spazio temi dedicati alla sanità ed al sociale. Si puntava al superamento delle differenze tra sanità regionali attraverso la condivisione con le regioni di un nuovo Patto per la salute, che preveda l’adeguamento delle risorse finanziarie e umane per garantire in tutto il territorio nazionale i Lea e migliorare l’accesso alle prestazioni ma anche affrontare sfide come l’impatto sulla salute dei cambiamenti climatici, la salute mentale e i nuovi modelli di ricerca. 
 
Riportiamo di seguito i principali passaggi sulla sanità contenuti nella mozione a sostegno della candidatura di Zingaretti.
 
È tempo di scegliere. Prima le persone. La Mozione a sostegno di Nicola Zingaretti
La disuguaglianza è uno dei principali problemi del nostro tempo. Non riguarda solo la distribuzione del reddito ma ogni sfera delle nostre vite: dal lavoro alla sanità, dai livelli d’istruzione all’accesso alla cultura.
 
È tempo di proporre una nuova agenda anche in Italia, che parta dal rilancio di quel grande strumento di promozione e protezione sociale che è stato il welfare. In Europa gli investimenti nel welfare sono un motore di crescita e di creazione di lavoro. Le infrastrutture sociali e i servizi di welfare (di cura, assistenza, conciliazione, integrazione socio-sanitaria, continuità assistenziale) devono perciò entrare a far parte della strategia di rilancio degli investimenti, anche perché è in questi ambiti che verrà creata in futuro molta della nuova occupazione.
 
Il sistema sanitario nazionale (SSN) ha compiuto quarant’anni. La sanità pubblica, che è da sempre ai vertici nei confronti internazionali, è una conquista di civiltà che vogliamo salvaguardare e rafforzare. Per noi la spesa sanitaria non è un costo, è un investimento. La ricostruzione della sostenibilità del SSN non è stata senza conseguenze sul grado di copertura e sulla qualità dei servizi.

La definizione dei LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza) non è bastata a garantire l’erogazione in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale dei servizi fondamentali. Le differenze tra le sanità regionali, infatti, si sono ampliate. Il superamento di queste criticità passa necessariamente dalla condivisione con le regioni di un nuovo Patto per la salute, che preveda l’adeguamento delle risorse finanziarie e umane per garantire in tutto il territorio nazionale i LEA (aggiornati dai governi guidati dal Pd) e migliorare l’accesso alle prestazioni ma anche affrontare sfide come l’impatto sulla salute dei cambiamenti climatici, la salute mentale e i nuovi modelli di ricerca.
 
Le risorse da recuperare riducendo sprechi e inefficienze vanno reimpiegate nel sistema sanitario. La prevenzione e la formazione vanno poste al centro del sistema e la salute deve diventare parte integrante di tutte le decisioni politiche. È necessario un piano nazionale per la gestione delle liste di attesa che faccia proprie le buone pratiche messe in campo da alcune regioni. Il rafforzamento della rete dei presìdi territoriali e dell’integrazione sociosanitaria è cruciale per garantire la continuità assistenziale.

Vanno definiti criteri più equi e omogenei di compartecipazione ai costi, eliminando il superticket.

L’Italia sconta uno sviluppo a macchia di leopardo della rete di servizi sociali, assistenziali e sociosanitari. La legge 328 del 2000 è stata depotenziata dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

La mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali ha avuto come conseguenze il sottodimensionamento della spesa (sbilanciata sui trasferimenti monetari) e la “competizione tra poveri” per accedere ai servizi, garantiti solo in funzione delle risorse disponibili a livello locale e quindi penalizzati dai tagli che hanno colpito i comuni. I governi di centrosinistra hanno rifinanziato e stabilizzato i fondi nazionali destinati alle politiche sociali e hanno istituito uno strumento universale di sostegno delle persone in povertà assoluta (il Reddito di inclusione). Per rafforzare il sistema di welfare territoriale dobbiamo ripartire dai comuni, favorendo la creazione di alleanze locali, investendo sulla rete di servizi e riducendone la frammentazione, cooperando con il terzo settore, oggetto di un’importante riforma nella scorsa legislatura.

Aiutare gli oltre 3 milioni e mezzo di non autosufficienti (di cui quattro quinti anziani over-65) è una delle sfide più importanti che l’Italia deve affrontare. Una legge-quadro sulla non autosufficienza è ormai improcrastinabile. Dobbiamo incrementare il Fondo per la non autosufficienza e diversificarlo nelle sue funzioni; accrescere i fondi per il ‘Dopo di noi’ (per sostenere i disabili una volta diventati adulti e privi di una rete di assistenza familiare), per l’indennità di accompagnamento e il ‘Caregiving’ (per dare sollievo alle centinaia di migliaia di persone, in grande maggioranza donne, che si prendono cura di familiari o figli non autosufficienti). Altri paesi europei come la Germania hanno promosso forme innovative pubblico-private di assistenza, organizzate su base territoriale o regionale, co-partecipate dai cittadini sin dalla nascita. L’obiettivo che l’Italia deve porsi è dare a tutti la certezza di poter contare su un aiuto reale per i bisogni che sorgono nell’ultimo tratto di vita.

Non possiamo accettare che solo chi ha un reddito elevato possa permettersi una vecchiaia serena, al contrario di chi non ce l’ha ed è costretto a vivere in condizioni di insicurezza, fragilità e paura.
 
Dopo una lunga fase di stasi, una serie di Regioni hanno avviato percorsi di richiesta di autonomia differenziata, prevista dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, con l’obiettivo di riaffermare il ruolo, le potenzialità e le specificità dei sistemi territoriali. Il rafforzamento delle competenze regionali dovrà riguardare solo specifiche funzioni e dovrà avvenire nel pieno rispetto dei principi costituzionali, conciliando la legittima aspirazione di gestire in autonomia alcune politiche pubbliche con il dovere di garantire uno sviluppo armonico e solidale dell’intero Paese.
 
Giovanni Rodriquez

04 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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