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Scudo Covid. Deluse le attese per una protezione legale estesa a tutto il periodo pandemico. Ma Speranza apre a modifiche in Parlamento. Ecco cosa potrebbe cambiare

di Giovanni Rodriquez

Il decreto legge approvato ieri il Governo si è infatti limitato a introdurre lo scudo legale per i soli "vaccinatori" mentre non sono state prese in considerazione le proposte avanzate dal ministero della Giustizia per uno scudo esteso a tutto il periodo pandemico che comprendesse quindi anche eventi non collegati alla vaccinazione. Ma è stato lo stesso ministro della Salute ad aprire a possibili modifiche in Parlamento forse proprio sulla base di quanto già delineato prima del Cdm di ieri 

01 APR - Alla fine lo scudo giuridico per i "vaccinatori" è arrivato. Ma chi si aspettava una protezione legale più ampia che coprisse l'intero periodo pandemico ed estesa a tuti gli operatori del settore, aziende sanitarie comprese, è rimasto molto deluso come abbiamo visto dai commenti a caldo di ieri sera alla notizia dell'aprovazione del decreto.
 
Una delusione alla quale lo stesso ministro della Salute Speranza ha voluto rispondere quasi in diretta rilasciando una dichiarazione post Cdm dove, senza troppi giri di parole, annuncia il via libera del Governo a modifiche parlamentari che vadano nella direzione di una protezione legale più ampia di quella appena approvata: "C’è l’impegno di tutto il governo a lavorare, in sede di conversione del decreto, ad una protezione legale per il personale sanitario impegnato nell’emergenza che vada oltre la semplice norma approvata oggi che riguarda le vaccinazioni". 
 
Vedremo, anche se per farlo, non si ripartirà da zero. Una prima 'base' di proposta normativa condivisa con il Ministero della Giustizia era infatti già pronta anche ieri ma evidentemente senza trovare la condivisione necessaria in Cdm. Vediamo counque cosa prevedeva. Si punta ad introdurre una disciplina speciale rispetto a quella prevista dall’art. 590 sexies del codice penale (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario), per stabilire un esonero da responsabilità penale per omicidio e lesioni personali limitata alla sola colpa per imperizia e, secondo l’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, nei soli casi di colpa lieve. Ne seguirebbe che, secondo la regola di cui all’art. 590 sexies c.p., come interpretata dalla citata giurisprudenza, menterrebbero rilevanza penale i casi di colpa grave (per imperizia).

La regola dell’art. 590 sexies c.p., introdotta dalla legge Gelli-Bianco, esonera da responsabilità penale per i delitti di cui agli artt. 589 e 590 c.p. gli esercenti le professioni sanitarie che abbiano rispettato le raccomandazioni previste da linee guida definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. Tanto le linee guida quanto le buone pratiche devono essere, per espressa previsione normativa, adeguate alle specificità del caso concreto. È del tutto evidente che l’inesistenza di linee-guida per l’attività medica correlate alla specifica situazione emergenziale in corso e la mancanza di best practices consolidate - in ragione dei margini di incertezza scientifica correlati alla nuova malattia e al continuo mutare del quadro epidemiologico – sono di ostacolo all’applicabilità dell’art. 590 sexies c.p. in rapporto a quanto accaduto in questo contesto emergenziale.
 
La previsione di una disposizione speciale riguardante i soli fatti commessi nel periodo emergenziale mira dunque a rassicurare gli operatori sanitari, disincentivare possibili atteggiamenti di “medicina difensiva” dettati da timori di incorrere in responsabilità penali, e favorire così migliori livelli di assistenza sanitaria. L'applicabilità della norma dovrà essere retroattiva ed estendersi a tutto il periodo emergenziale. 
 
Vengono poi previsti alcuni parametri – non esclusivi – di valutazione del grado della colpa. Vengono in particolare individuati tre diversi fattori che possono concorrere a escludere la gravità della colpa: la limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da Covid-19 e sulle terapie appropriate, la scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza. E con questo si proverà nel corso del passaggio del decreto in Parlamento a porre rimedio ai problemi rimasti irrisolti sul lato del personale sanitario.
 
Restano però altri nodi da sciogliere. A cominciare dalla previsione di una qualche forma di indennizzo per i danneggiati dalla vaccinazione contro il Covid. Anche in questo caso una proposta condivisa con il Ministero della Giustizia è già pronta ma non è stata inserita nel testo licenziato ieri sera. Qui si prevedeva di estendere l’indennizzo previsto dall’articolo 1 della legge 210/92, alle conseguenze dannose derivate dalle vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, sono necessarie per la tutela della salute pubblica. Si tratta dei casi in cui la vaccinazione viene raccomandata dalle autorità sanitarie, statali e locali per la più ampia copertura della popolazione. L'assenza di questo passaggio esporrebbe il provvedimento a seri problemi di costituzionalità, dal momento che la Corte costituzionale ha già dichiarato l’incostituzionalità dello stesso articolo 1 della legge 210/92, nella parte in cui non prevede l’indennizzo in caso di vaccinazioni non obbligatorie ma sono raccomandate alla popolazione dalle autorità sanitarie per la tutela della salute pubblica.
 
E per finire, resterebbe da affrontare il problema più 'spinoso', ossia la previsione di una qualche forma di tutela anche per le Aziende sanitarie. Un tema a forte rischio di 'impopolarità' e in quanto tale ancora mai affrontato dalla politica. Eppure le ripercussioni per l'intero Sistema sanitario nazionale rischiano di essere pesanti. Vediamo perché. 
 
È altamente probabile che, a fronte degli effetti drammatici della pandemia e con un bollettino ormai da 'guerra' con oltre 109 mila decessi, le strutture sanitarie potrebbero essere chiamate ad erogare risarcimenti, anche in presenza di colpa lieve, nonostante le stesse strutture si siano trovate, esattamente come gli operatori, ad affrontare una situazione completamente nuova, inattesa e di enorme complessità. L’entità delle richieste risarcitorie potrebbe essere abnorme, e nessuno - giustamente - ha in mente di limitare il sacrosanto diritto dei cittadini di chiedere indennizzi in caso di colpe accertate. Quello che però non si pone mai in evidenza è che, in questo modo, i risarcimenti sarebbero totalmente carico del Fondo Sanitario Nazionale, ovvero dello stesso fondo destinato alle cure.
 
Dunque come uscirne? Una soluzione potrebbe essere quella già proposta da tempo da Federsanità, ossia quella di orientarsi verso un sistema “no fault”, con ristoro di tipo indennitario, così come già percorso nel nostro ordinamento per le infezioni da sangue infetto e per i danni vaccinali. Si tratterebbe di una strada che, se da un lato garantirebbe il fondamentale interesse all’adeguato ristoro delle vittime impedirebbe il rischio di default per il Servizio sanitario nazionale.
 
Ora sta alla responsabilità di Governo e Parlamento trovare il coraggio quantomeno di affrontare questi temi nelle prossime settimane.
 
Giovanni Rodriquez

01 aprile 2021
© Riproduzione riservata

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