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Tamponi e fine quarantena. Italia si allinei agli altri paesi avanzati


L'Associazione Luca Coscioni per la Libertà di Ricerca Scientifica ha scritto al Comitato tecncio scientifico del Ministero della Salute per sollecitare una revisione dei criteri in vigore per sancora la fine della quantena per i sogggetti positivi al coronavirus. Secondo l'associazione affidarsi solo all'esito del tampone è un errore 

01 SET - Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata al Comitato tecnico scientifico del Ministero della Salute dall’Associazione Luca Coscioni per la Libertà di Ricerca Scientifica
 
Gentili membri del Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute,
ci permettiamo di porre alla Vostra attenzione il problema diffuso dei pazienti infettati da SARS-CoV-2 che pur superando l’infezione acuta e divenendo asintomatici e non contagiosi, restano tuttavia per lungo tempo positivi al tampone molecolare PCR (Polymerase Chain Reaction).
 
In base alla normativa italiana vigente, aggiornata dalla recente circolare del 11/08/2021 del Ministero della Salute, questi pazienti possono lasciare l’isolamento dopo un minimo di 10 giorni dai sintomi, di cui gli ultimi 3 asintomatici, a seguito di test molecolare negativo. Qualora il test risulti positivo, l’isolamento continua con tampone ripetuto sette giorni dopo, e fino ad un massimo di 21 giorni dai primi sintomi (di cui gli ultimi 7 giorni asintomatici).
 
Nel caso di COVID-19 con “VOC Beta sospetta o confermata”, si può lasciare l’isolamento solo se il test molecolare risulti negativo, indipendentemente dalla assenza di sintomi e dalla durata dell’isolamento.
 
Nonostante il tampone PCR sia il test più affidabile per diagnosticare la presenza dell’acido nucleico virale, è noto come non riesca a distinguere tra virus con capacità infettiva e frammenti di virus non infettivo [1-2]. Quindi il test PCR, cruciale per diagnosticare efficacemente la presenza del virus all'inizio dell'infezione, non sembrerebbe uno strumento ottimale per decidere la sospensione dell'isolamento per pazienti COVID asintomatici o sintomatici lievi.
 
Comparando le indicazioni italiane con quelle di altri Paesi occidentali, europei e non europei, emerge come la scelta del nostro Paese di fare affidamento sull’esito del tampone PCR in uscita sia anomala. Quasi tutti gli altri Paesi utilizzano come criterio soltanto il tempo trascorso in isolamento a partire dall’insorgenza dei sintomi, con una soglia minima di circa 10 giorni, dei quali gli ultimi trascorsi in assenza di sintomi (solitamente 3 giorni).
 
Nessun test molecolare in uscita è ritenuto necessario per autorizzare il ritorno in comunità. Questo criterio viene applicato indipendentemente dalla variante.
 
Queste misure vengono ampiamente giustificate dall’evidenza scientifica, come si evince ad esempio dall’importante revisione sistematica su Lancet in [3], secondo la quale, indipendentemente dalla carica virale misurata tramite RT-PCR, nessuno degli studi considerati riporti SARS-CoV-2 con carica infettiva dopo i 9 giorni dall’inizio della malattia.
 
Diverse istituzioni, come la CDC americana, sconsigliano l’utilizzo dei test PCR perché sostanzialmente "causano isolamento prolungato di persone non più contagiose" [4]. Inoltre, recenti studi suggeriscono come i test antigenici, non quelli molecolari (PCR), siano maggiormente indicativi della presenza di virus SARS-CoV-2 ancora infettivo [5].
 
Siamo consapevoli che le procedure attualmente in uso possano rispondere ad un principio di massima precauzione ma riteniamo che il principio di precauzione vada sempre sottoposto ad una analisi quantitativa e probabilistica al fine di tenere in considerazione anche le altre esigenze e problematiche (economiche, sociali, psicologiche, sanitarie, ecc…) della società e dei singoli individui. Per i motivi descritti sopra riteniamo le attuali procedure eccessivamente penalizzanti e complessivamente controproducenti.
 
In base a queste considerazioni, chiediamo cortesemente se i dati scientifici attualmente a disposizione della S.V., unitamente a quelli già esistenti in letteratura, possano essere sufficienti per considerare la possibilità di attenuare le prescrizioni di cui sopra, allineandole a quelle della grande maggioranza degli altri Paesi avanzati, i quali non utilizzano tampone e PCR in uscita per indicare il termine dell’isolamento.

In attesa di cortese riscontro porgiamo
Cordiali Saluti

Andrea Ballabeni
Riccardo Taormina
Guido Frosina

a nome di Associazione Luca Coscioni per la Libertà di Ricerca Scientifica

[1] Atkinson, Barry, and Eskild Petersen. "SARS-CoV-2 shedding and infectivity." The Lancet 395.10233 (2020): 1339-1340.
[2] Jefferson, T., et al. "Viral cultures for COVID-19 infectious potential assessment-a systematic review." Clinical infectious diseases: an official publication of the Infectious Diseases Society of America (2020).
[3] Cevik, Muge, et al. "SARS-CoV-2, SARS-CoV, and MERS-CoV viral load dynamics, duration of viral shedding, and infectiousness: a systematic review and meta-analysis." The lancet microbe (2020).
[4] https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/hcp/disposition-hospitalized-patients.html
[5] Pekosz, Andrew, et al. "Antigen-based testing but not real-time polymerase chain reaction correlates with severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 viral culture." Clinical infectious diseases: an official publication of the Infectious Diseases Society of America (2021).


01 settembre 2021
© Riproduzione riservata

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