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Costa: “Ministero al lavoro per tutela fertilità in aree inquinanti”


È quanto ha affermato il sottosegretario rispondendo ad un’interpellanza alla Camera del Movimento 5 Stelle. “La riduzione dell'esposizione a fattori di rischio e la promozione di fattori protettivi rappresentano azioni efficaci di prevenzione, da realizzare sin dalla fase preconcezionale”.

05 NOV - “Il Ministero pone particolare attenzione agli effetti sulla fertilità e sulle malattie neonatali conseguenti all'inquinamento e alla contaminazione di matrici ambientali” e con “decreto del Ministro della Salute 14 giugno 2021, è stato istituito, presso l'Ufficio di gabinetto del Ministero, il “Tavolo tecnico per la ricerca e formazione nella prevenzione e cura dell'infertilità”, con l'obiettivo di individuare nuove proposte per migliorare il percorso di prevenzione e cura dell'infertilità, nonché per rendere omogenei i trattamenti nel territorio nazionale, in linea con gli auspici degli onorevoli interpellanti”. È quanto ha affermato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa rispondendo ad un’interpellanza alla Camera del Movimento 5 Stelle.
 
La risposta integrale del Sottosegretario di Stato per la Salute, Andrea Costa. Grazie, Presidente.
 
Il Ministero pone particolare attenzione agli effetti sulla fertilità e sulle malattie neonatali conseguenti all'inquinamento e alla contaminazione di matrici ambientali. Già nel Piano nazionale fertilità, presentato nel 2015, era riservato uno spazio particolare alle condizioni che possono compromettere la fertilità.
 
Investire sulla salute dei più giovani rappresenta una priorità di salute pubblica ed è essenziale per migliorare la salute della società futura. Pertanto, la riduzione dell'esposizione a fattori di rischio e la promozione di fattori protettivi rappresentano azioni efficaci di prevenzione, da realizzare sin dalla fase preconcezionale. Infatti, i primi 1.000 giorni di vita, cioè il periodo che intercorre tra il concepimento e i primi due anni di vita del bambino, sono fondamentali per il suo sviluppo fisico e psichico e gli interventi preventivi, protettivi o curativi realizzati con tempestività in questa fase conducono a risultati di salute positivi non solo per il bambino e l'adulto che sarà, ma anche per i genitori, la collettività e le generazioni future.
 
L'esposizione a fattori di rischio o protettivi relativi all'ambiente fisico e psicosociale, nel predetto periodo, particolarmente vulnerabile, può comportare risposte potenzialmente adattive (variabili in relazione al periodo di esposizione), avvantaggiando, nel caso dei fattori di rischio, la comparsa di patologie e disturbi in età infantile o adulta, e favorendo, nel caso dei fattori protettivi, un migliore sviluppo del bambino.
 
Gli effetti avversi delle esposizioni ambientali possono manifestarsi, infatti, anche a distanza di anni dall'esposizione, investendo le generazioni successive in conseguenza di possibili impatti sui gameti. La conoscenza dei principali fattori di rischio, di quelli protettivi e dei loro meccanismi d'azione nei primi 1.000 giorni costituisce una priorità di salute pubblica, anche in considerazione del potenziale effetto sinergico della possibile interazione tra questi fattori e la suscettibilità genetica e dei possibili esiti a medio e lungo termine.
 
Pertanto, per iniziativa del Ministero, è stato predisposto il documento tecnico “Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita”, con l'obiettivo di individuare le principali azioni preventive che possano essere adottate dai genitori/caregiver, con l'aiuto degli operatori sanitari, nonché recepite nelle politiche nazionali e locali. Sul documento, è stato sancito Accordo in Conferenza Stato-regioni il 20 febbraio 2020.
Il Ministero, nell'ambito del programma del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha ritenuto utile finanziare l'attivazione di alcuni progetti in linea con l'orientamento del documento suddetto e finalizzati alla tutela della salute riproduttiva.
Nel dicembre del 2016 è stato, inoltre, siglato un accordo di collaborazione tra il Ministero, l'Azienda sanitaria locale di Salerno, con funzioni di coordinamento, l'Istituto superiore di sanità, l'Università di Brescia ed altre istituzioni, quali l'Enea, il CNR-Isa di Avellino, le Università degli studi Federico II di Napoli e di Milano, per la realizzazione del progetto “Un modello di intervento per la prevenzione dell'infertilità in adolescenti sani residenti in aree a forte impatto ambientale (FASt)”, nell'ambito delle risorse di bilancio del Ministero dedicate alla prevenzione della sterilità e della infertilità. Tale progetto non deve essere confuso con il progetto EcoFoodFertility, di cui è titolare lo stesso coordinatore del progetto FASt.
 
Il progetto FASt, conclusosi alla fine del 2019, si è proposto di applicare un intervento di prevenzione, basato su modifiche dello stile di vita di tipo educativo-comportamentale e nutrizionale per la salvaguardia della qualità del seme e della fertilità di giovani maschi adulti di età compresa tra i 18 e i 22 anni, residenti in zone ad alto impatto ambientale. Le aree individuate per il reclutamento dei giovani sono state Brescia-Caffaro in Lombardia, la Valle del Sacco nel Lazio, l'area nord della provincia di Napoli in Campania.
 
Il coinvolgimento di aree ad alta pressione ambientale, dislocate in diverse regioni, ha permesso di valutare, oltre ad eventuali differenze della qualità seminale negli adolescenti residenti in queste aree, l'applicabilità e l'efficacia del modello operativo educativo-comportamentale e nutrizionale per la salvaguardia della fertilità in diversi contesti socio-culturali e in relazione a diverse tipologie di esposizione a inquinanti ambientali, mediante un trial randomizzato controllato.
 
Il progetto, grazie all'importante impegno comunicativo nella divulgazione dei dati ottenuti, ha permesso di raggiungere un'ottima visibilità nelle aree di intervento attraverso i media regionali e nazionali.
 
Al riguardo, l'Istituto superiore di sanità ha precisato che parte dei risultati dello studio sono ancora in fase di analisi. La conclusione principale è che l'intervento sullo stile di vita basato sull'aderenza alla dieta mediterranea e ad una regolare e moderata attività fisica ha mostrato alcuni effetti positivi sui parametri dello spermiogramma dei giovani adulti inclusi nello studio. Questo risultato, sebbene dimensionalmente modesto, assume la sua importanza alla luce del fatto che il miglioramento dei parametri seminali è stato registrato a seguito di un intervento sullo stile di vita durato solo 4 mesi. Non sono state osservate differenze statisticamente significative nei parametri qualitativi del seme raccolto nei tre siti indagati. Il lieve peggioramento dei parametri osservato nella popolazione non sottoposta all'intervento potrebbe essere messo in relazione a condizioni di esposizione cronica a fattori ambientali sfavorevoli, tuttavia, la bassa numerosità dei giovani inclusi nel progetto pilota richiede di valutare con grande cautela i dati finora ottenuti.
 
Come è noto agli onorevoli interpellanti, la vulnerabilità della funzione riproduttiva maschile a specifici inquinanti (tra cui numerosi interferenti endocrini), nonché alle situazioni di alta pressione ambientale, è dimostrata da un crescente numero di studi sull'essere umano, condotti anche in Italia e corroborata da evidenze sperimentali ottenute anche da modelli cellulari, in vitro, e animali, in vivo. L'associazione fra specifici inquinanti e ridotta fertilità maschile è riconosciuta anche dalle Agenzie internazionali, come ad esempio l'Autorità europea per la sicurezza alimentare che, nel 2018, ha definito i limiti tollerabili per le diossine, basandosi sugli effetti sullo sviluppo riproduttivo maschile osservati in studi sperimentali ed epidemiologici e lo stesso ha fatto nel 2020 riguardo ad alcuni ftalati presenti nelle plastiche a contatto con gli alimenti. Al riguardo, va rilevato che per quanto riguarda gli interferenti endocrini (come diossine e ftalati) le evidenze disponibili indicano concordemente la speciale suscettibilità dell'organismo in via di sviluppo, dalla vita intrauterina alla pubertà; l'età evolutiva nel suo complesso è, quindi, una fase critica per effettuare interventi di prevenzione. Nelle aree a forte pressione ambientale si può verificare una sinergia fra inquinanti e fattori avversi socio-economici che si riflettono, ad esempio, su stili alimentari inadeguati.
 
Secondo l'Istituto, per tutelare la salute riproduttiva nelle aree a forte pressione ambientale è indispensabile un approccio One Health che integri competenze multidisciplinari, con particolare riguardo ai seguenti punti: l'integrazione delle raccolte di dati su ambiente, alimenti e salute; la valutazione del rischio per individuare i fattori prioritari per azioni di prevenzione e riduzione del rischio riguardanti la contaminazione delle filiere agroalimentari e degli ambienti; la validazione di biomarcatori per la sorveglianza della salute riproduttiva nell'età evolutiva; il coinvolgimento dei medici di famiglia, nonché di nutrizionisti, andrologi, ginecologi, ostetrici e pediatri per l'elaborazione di linee guida sugli stili di vita, inclusi quelli alimentari, che riducano l'esposizione agli inquinanti ambientali o della filiera agro­alimentare di maggiore impatto biologico in gravidanza e nell'età evolutiva.
 
Alla luce di quanto precede, il Ministero ha promosso campagne informative per sensibilizzare la popolazione sull'importanza della preservazione della fertilità.
 
Quanto alla richiesta di attivare percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PTDA), adatti ad individuare eventuali patologie che ostacolano la fertilità, si osserva che il DPCM sui LEA individua il complesso delle prestazioni e servizi garantiti dal Servizio sanitario nazionale a tutti gli assistiti, senza tuttavia identificare le specifiche patologie.
 
In ogni caso, riguardo ai PDTA, l'Istituto superiore di sanità raccomanda quanto segue: una specifica attenzione allo sviluppo riproduttivo nella sorveglianza sanitaria della popolazione in aree a forte pressione ambientale, in quanto indicatore sensibile dello stato di salute complessivo e della esposizione, nonché parametro di rilievo per il benessere della comunità; la diffusione ed utilizzo, nella pratica sanitaria, degli strumenti elaborati per la tutela e sorveglianza della salute riproduttiva, in particolare l'utilizzo integrato dei dati per la valutazione del rischio, l'utilizzo di biomarcatori di sorveglianza sanitaria e la diffusione di linee guida per la riduzione del rischio, stimolando il consenso partecipato dei cittadini.
 
Si rappresenta, infine, che, con decreto del Ministro della Salute 14 giugno 2021, è stato istituito, presso l'Ufficio di gabinetto del Ministero, il “Tavolo tecnico per la ricerca e formazione nella prevenzione e cura dell'infertilità”, con l'obiettivo di individuare nuove proposte per migliorare il percorso di prevenzione e cura dell'infertilità, nonché per rendere omogenei i trattamenti nel territorio nazionale, in linea con gli auspici degli onorevoli interpellanti.
 
La replica del Movimento 5 Stelle. “Lo scempio ambientale che si è consumato in alcune aree d’Italia, come la Terra dei Fuochi, continua a produrre i suoi effetti tossici sulla popolazione. L’allarme lanciato dalla Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU), sui rischi riproduttivi che riguarderebbero circa il 60 per cento dei ragazzi di età media 19 anni che vive in alcune delle aree più inquinate del Paese, come anche la Valle del Sacco nel Lazio e l’area del Bresciano, deve portare a un intervento sia sul piano della prevenzione che su quello delle cure. L’impegno del Ministero della Salute volto a promuovere azioni in questo senso, illustrato oggi in Aula dal Sottosegretario Andrea Costa nel corso di un’interpellanza urgente, conferma l’attenzione dell’esecutivo verso il tema della salute riproduttiva e sessuale e dei rischi sulla salute degli inquinanti ambientali”. Così in una nota Gilda Sportiello e Stefania Mammì, capogruppo e deputata del MoVimento 5 stelle in commissione Affari sociali.
 
“Per questo - aggiungono le deputate pentastellate - abbiamo chiesto al ministro della Salute di adottare iniziative per tutelare lo stato della salute riproduttiva dei giovani di questi territori e attivare dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali adatti per individuare eventuali patologie che ostacolino la fertilità, garantendo sicurezza e appropriatezza delle cure in maniera omogenea da Nord a Sud del Paese”.
 
“Non è tollerabile - prosegue la nota - che si vada a incorrere in rischi riproduttivi importanti solo perché si vive in una determinata zona dell'Italia”.
 
“Inoltre non dobbiamo dimenticare - concludono - i tanti ostacoli che le coppie trovano nell'accedere alle procedure di procreazione medicalmente assistita. Non esiste un tariffario nazionale unico e in alcune regioni bisogna fare i conti con liste di attesa lunghissime. Su questo continueremo a tenere alta l’attenzione”.

05 novembre 2021
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