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La sintesi del Rapporto “Ospedali & Salute/2018


16 GEN - Un popolo, di circa 20 milioni di italiani, in attesa di poter accedere a prestazioni specialistiche o a un ricovero in ospedale e che, sempre di più ricorre al pronto soccorso per ottenere più rapidamente visite, accertamenti diagnostici e un posto letto.
 
Nell’ultimo anno hanno aspettato, oltre i 60 e fino a 120 giorni, per accedere a visite specialistiche quasi quattro italiani su dieci, e per sottoporsi a piccoli interventi ambulatoriali e ad accertamenti diagnostici circa tre italiani su dieci. Ma c’è anche chi (il 15%) ha dovuto attendere, sempre da due a quattro mesi, per essere ricoverato in un ospedale pubblico per interventi più gravi. E sono significative anche le attese tra i 30 e i 60 giorni, in particolar modo per l’accesso a visite specialistiche, accertamenti diagnostici e ricoveri (hanno riguardato rispettivamente il 22,6%, 20% e 18,3% degli utenti).
 
E così il Pronto Soccorso, diventato un escamotage per accedere più rapidamente alle prestazioni sanitarie.  Oltre il 50% degli italiani, infatti, ricorre ai dipartimenti di emergenza quando non trova una risposta  dalla medicina territoriale; mentre, in più di 1 caso su 4, tenta, direttamente, la strada del Pronto Soccorso come soluzione per ridurre i tempi di accesso a visite, accertamenti diagnostici e ricoveri, con tutte le conseguenze negative che ne derivano rispetto all’affollamento degli ospedali, costretti a far fronte a un numero crescente di pazienti, in molti casi senza avere le risorse e gli strumenti adeguati.
 
A delineare i contorni di “fenomeno” talmente ampio da poter essere definito una vera e propria “esperienza sociale allargata” è il 16° Rapporto annuale “Ospedali & Salute 2018”, presentato oggi in Senato, promosso dall’Associazione Italiana Ospedalità Privata (Aiop) e realizzato dalla società Ermeneia - Studi & Strategie di Sistema, sotto la direzione di Nadio Delai, che quest’anno ha puntato i riflettori sul fenomeno liste di attesa e sull’accesso al Pronto Soccorso.
 
Per indagare sulle attese dei cittadini sono state realizzate tre indagini parallele, condotte rispettivamente su un campione rappresentativo nazionale di popolazione adulta, su un campione “rafforzato” di quest’ultima che ha effettivamente sperimentato le liste di attesa e/o il Pronto Soccorso durante gli ultimi dodici mesi a cui si è affiancato un campione rappresentativo di care-giver.
 
Vediamo in sintesi quali sono i risultati emersi:
 
La criticità delle liste d’attesa. Nell’ultimo anno, le liste d’attesa più lunghe - oltre i 60 e fino a 120 giorni - hanno interessato il 35,6% degli utenti per le visite specialistiche, il 31,1% per i piccoli interventi ambulatoriali, il 22,7% per gli accertamenti diagnostici e il 15% per i ricoveri in ospedale pubblico per interventi più gravi. Sono significative anche le attese tra i 30 e i 60 giorni, in particolar modo per l’accesso a visite specialistiche, accertamenti diagnostici e ricoveri, che hanno riguardato rispettivamente il 22,6%, 20% e 18,3% degli utenti.
Le liste d’attesa rappresentano, per i cittadini, una rilevante inefficienza del Ssn, non solo perché generano ansie e disagi ai pazienti e alle loro famiglie, ma soprattutto, perché sono la prima causa di rinuncia alle cure (51,7%, +4,1 punti rispetto al 2017) e concorrono ad alimentare, da un lato la spesa out-of-pocket, dall’altro la mobilità sanitaria, aumentando, ulteriormente, le diseguaglianze tra regioni.
Oltre il 30% degli utenti, infatti, per accedere più rapidamente a una visita o a un esame, sceglie di rivolgersi ad altre strutture, di pagare privatamente le prestazioni o ricorrere ad ospedali in altre regioni.
 

 
 

 



L’uso improprio del Pronto Soccorso.  Oltre la metà degli italiani in lista d’attesa (10,6 milioni), infatti, ha vissuto, almeno, un’esperienza di accesso al Pronto Soccorso – che, in generale, ha riguardato quasi un terzo della popolazione adulta, pari a 14,5 milioni di persone –, registrando, nel 20,7% dei casi, ulteriori attese, in media tra le 3 e le 10 ore prima di essere visitati.
Concorre ad alimentare questo fenomeno, l’uso improprio del Pronto Soccorso, diventato un escamotage per accedere più rapidamente alle prestazioni sanitarie.
Oltre il 50% degli italiani, infatti, ricorre ai dipartimenti di emergenza quando non trova una risposta  dalla medicina territoriale; mentre, in più di 1 caso su 4, tenta, direttamente, la strada del Pronto Soccorso come soluzione per ridurre i tempi di accesso a visite, accertamenti diagnostici e ricoveri, con tutte le conseguenze negative che ne derivano rispetto all’affollamento degli ospedali, costretti a far fronte a un numero crescente di pazienti, in molti casi senza avere le risorse e gli strumenti adeguati.
 

 
Per quanto riguarda l’utilizzo dei Pronto Soccorso, pertanto, il fenomeno più rilevante sono gli accessi impropri, legati alla convinzione di poter avere risposte più rapide ed efficaci: il 28,2% di coloro che vi si sono recati nell’ultimo anno, lo ha fatto in presenza di un disagio non grave; mentre il 6,9% lo ha fatto per la mancata reperibilità del medico di famiglia, per l’insorgere del problema di salute fuori dall’orario di visita o nel fine settimana. Dato che trova riscontro nel fatto che, nel 70% dei casi, la prossimità al domicilio è il primo criterio di scelta dell’ospedale.
A causa dell’afflusso eccessivo e delle attese che ne derivano, il 24,4% degli utenti lamenta una scarsa soddisfazione del servizio di Pronto Soccorso, percentuale che sale al 36% nel Mezzogiorno. Non sorprende, allora, che più di un terzo dei cittadini (34,5%) ritenga necessario individuare soluzioni per limitare le attese nei Pronto Soccorso situati negli ospedali pubblici, anche tramite il ricorso alle strutture private accreditate, che potrebbero offrire tale servizio, se incluse nella Rete regionale di emergenza/urgenza.
 


La percezione degli utenti. In generale, un italiano su tre, tra coloro che hanno avuto esperienze di liste d’attesa e/o di Pronto Soccorso, si dichiara insoddisfatto del Servizio Sanitario della propria regione, soprattutto degli ospedali pubblici (32,6%) e delle strutture delle Asl (28,6%), in percentuale minore, invece, degli ospedali privati accreditati (18,3%) e delle cliniche a pagamento (14,3%).
 
Per migliorare la gestione delle liste d’attesa, oltre l’80% degli utenti suggerisce di ampliare gli orari di visita degli ambulatori di medicina generale e un utilizzo integrato di altri ospedali pubblici di zona. Si rileva, inoltre, che più del 50% degli utenti, pur di arginare il fenomeno, sarebbe disposto a pagare un ticket più alto, misura ritenuta utile a organizzare meglio la domanda di servizi degli utenti.

16 gennaio 2019
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