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Riforma della Legge 81. “Bloccata da anni, serve una revisione immediata”. L’allarme degli psichiatri 


“Il vero problema, come in ogni altro ambito della sanità, resta l'appropriatezza degli invii alle REMS e la possibilità di correggere norme che contrastano con le conoscenze scientifiche e la pratica clinica, oltre che con le sentenze della Corte Costituzionale” così la Società Italiana di Psichiatria, commentando l’omicidio commesso a Carparola da pregiudicato con problemi psichici in attesa di un posto in una REMS

29 NOV -

“Una morte annunciata, purtroppo quello che è successo a Caprarola era altamente prevedibile e dimostra l’assoluta inefficacia della legge 81 nel fronteggiare episodi di questo tipo per cui si rende assolutamente urgente una riforma strutturale che mette in sicurezza tutti operatori, pazienti e familiari e vittime rimandare questo tipo di iniziativa significa esporre i cittadini e tutto il sistema a rischi che in questo momento non sono comprimibili”.

È il commento della Società Italiana di Psichiatria in riferimento all’omicidio di Carparola, il cui autore è stato un pregiudicato con problemi psichici in attesa di un posto in una REMS. “Un problema annoso, una riforma urgentissima ma bloccata in Parlamento”.

“Sono passati quasi 9 anni dall'apertura della prima REMS, e circa 10 dalla legge 81/14 – spiega la SIP –.La Corte Costituzionale, nel frattempo, ha rilevato gravi profili di incostituzionalità della normativa, tanto da sottolineare che il sistema andrebbe in teoria azzerato e rifondato. A protezione dei pazienti la Corte si è però limitata a ritenere necessaria una modifica sostanziale esprimendo questa posizione in termini di esclusivo indirizzo. Ma la situazione attuale sta precipitando, e preoccupa il mondo della psichiatria in primis, soprattutto dopo eventi drammatici come l'omicidio di Marta di Nardo per mano di Domenico Livrieri, nei confronti del quale il GIP aveva reiterato, invano, la richiesta di ricovero in REMS; o per l’omicidio a Pisa di Barbara Capovani. Ed oggi la vicenda che ha coinvolto Renzo Cristofori, ucciso da Patrik Sardo”.

In Italia vi sono circa 600 persone ricoverate in REMS e circa 700 persone in attesa di ricovero in REMS. Ciò significa che se domani raddoppiassero i posti disponibili vi sarebbe comunque ancora una lista d'attesa. Dunque, il vero problema, come in ogni altro ambito della sanità, resta l'appropriatezza degli invii alle REMS e la possibilità di correggere norme che contrastano con le conoscenze scientifiche e la pratica clinica.

“L’Italia è forse l'unico Paese al mondo che riconosce l’infermità o la semiinfermità mentale a chi è affetto da disturbi della personalità, in particolare quello antisociale, esattamente quello di Patrik Sardo – prosegue la SIP –. La conseguenza di ciò è che il 30-40% degli ospiti delle REMS (cioè coloro che hanno un disturbo antisociale, quasi sempre affiancato all’abuso di sostanze stupefacenti) nelle REMS non deve stare. Perché non ha necessità sanitarie mediche, ma solo di contenimento delle manifestazioni comportamentali violente. Violente verso gli operatori, le guardie, soprattutto verso gli altri pazienti più fragili. Violenza che li trasforma in poco tempo i ‘dominatori’ della struttura”.

“Se dal sistema REMS i disturbi antisociali fossero collocati in ambiente carcerario, con la dovuta assistenza psichiatrica intramuraria laddove necessario, come avviene in tutto il mondo e come sempre previsto dalla Legge 81 – precisa la SIP – ridurremmo la popolazione REMS, tra lista d'attesa e ricoverati, di circa 400 persone. Dunque, senza le persone ‘antisociali’ nelle strutture solo sanitarie, il personale non avrebbe più timore di andare a lavorare, mentre ora si assiste a una vera e propria fuga da queste strutture, intimoriti dalle continue aggressioni di questi utenti e dalla mancanza di adeguata protezione”.

Inoltre è necessario creare almeno una REMS in ogni Regione con i requisiti strutturali previsti dalla conferenza Stato-Regioni, e così vi sarebbero almeno altri 40 posti. In ultimo, rafforzare i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) per consentire la presa in carico di pazienti che è possibile dimettere, e che dagli ultimi dati sono circa il 30%, ma che non trovano posto nelle comunità terapeutiche o non vi è personale sufficiente nei servizi territoriali per la presa in carico”, conclude la SIP.



29 novembre 2024
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