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Lavoro agile e accomodamento ragionevole. La Cassazione accoglie il ricorso di un lavoratore disabile

di Domenico Della Porta

L’accomodamento ragionevole rappresenta una soluzione specifica e individualizzata costruita sulla base delle particolari necessità di una o più persone con disabilità. Occorre prepararsi per tempo soprattutto nel comparto sanitario e prevedere un preciso percorso operativo in quanto si riscontrano una diversità di rischi sul lavoro non soltanto di natura fisica, chimica e biologica, ma anche di tipo organizzativo e psico-sociali

10 FEB - “Il lavoro agile rappresenta un accomodamento ragionevole. Gli accomodamenti ragionevoli ben possono realizzarsi in sede negoziale, ma, in mancanza di accordo, la soluzione del caso concreto è individuata dal giudice di merito”.

Con questo importantissimo passaggio evidenziato in una recentissima sentenza della Corte di Cassazione del gennaio scorso, con cui viene accolto il ricorso di un lavoratore con disabilità sensoriale avverso il diniego del datore di lavoro al riconoscimento di un suo diritto, vengono richiamati i datori di lavoro sull’importanza dell’Accomodamento Ragionevole, processo già previsto dalla legge sul collocamento mirato ed oggi reso obbligatorio dal d.lgs. 62/2024, se invocato dal lavoratore disabile, quando vengono richieste “le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati da adottare….per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali “ come la nuova normativa recita.

L’accomodamento ragionevole rappresenta una soluzione specifica e individualizzata costruita sulla base delle particolari necessità di una o più persone con disabilità (ciò non toglie che, a volte, gli effetti dell’accomodamento ragionevole possano anche ripercuotersi positivamente su altre persone, con o senza disabilità).

Proprio perché si tratta di una soluzione individualizzata che comporta l’adozione di «modifiche e adattamenti necessari e appropriati», non si può a priori individuare un elenco esaustivo di soluzioni. Possono costituire un esempio di accomodamento ragionevole l’adozione e la combinazione di più soluzioni come per esempio: una modifica strutturale; una modifica organizzativa; una riprogrammazione del lavoro; l’uso di un ausilio tecnico; la deroga o diversa lettura di una norma e/o applicazione di disposizioni normative e contrattuali (es. part-time,il lavoro agile, conciliazione di vita-lavoro); misure di welfare aziendale.

Al fine di evitare adozioni di provvedimenti differiti, la Suprema Corte, nel caso specifico, ha individuato il “giudice di merito” per la realizzazione concreta di quanto richiesto dal “ricorrente”.

Si tratta di un provvedimento assolutamente esemplare da non trascurare nel Documento della Valutazione del Rischio e nella gestione della tutela e miglioramento della salute dei lavoratori la cui soluzione andrebbe affidata al Responsabile dei Processi per l’Inclusione dei Disabili indicato nelle Linee Guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità di tre anni fa del Ministero delle Disabilità.

Ci troviamo di fronte ad una figura di raccordo per sostenere e agevolare la relazione tra un’organizzazione aziendale e la persona con disabilità, con funzioni di: sensibilizzare a formare una cultura aziendale inclusiva che punti a superare i possibili pregiudizi e distorsioni; valorizzare le capacità e le qualità professionali delle persone con disabilità e l’opportunità del loro inserimento; fornire dati e supporto per la gestione e da esperienze concrete in fase di recruitment, strumenti di welfare; collaborare con i servizi socio-sanitari, le risorse umane anche per utilizzo di strumenti di flessibilità, team building con i colleghi; collaborare per l’adeguamento dell’ambiente fisico e della postazione/prestazione lavorativa.

In effetti il responsabile dell’inserimento lavorativo svolge una funzione di facilitazione/mediazione che interviene sia nel momento dell’ingresso della persona con disabilità nel contesto lavorativo sia nella gestione di un ambiente di lavoro volto all’inclusione nel corso della permanenza lavorativa della persona stessa. Tale funzione serve ad accompagnare e a sostenere, da un lato, la persona con disabilità e, dall’altro, il datore di lavoro al fine di garantire condizioni di lavoro che rispettino le esigenze del lavoratore valorizzandone le capacità e le potenzialità, nonché quelle di produttività, rendendo l’inserimento e la permanenza al lavoro della persona con disabilità ottimale per entrambe le parti.

Anche se l’applicazione della normativa sopra citata è partita sperimentalmente dal 1 gennaio scorso in nove province, tenute ad avviare le azioni previste dalla medesima normativa: Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste, occorre prepararsi per tempo soprattutto nel comparto sanitario, dove occorre prevedere un preciso percorso operativo in quanto si riscontrano una diversità di rischi sul lavoro non soltanto di natura fisica, chimica e biologica, ma anche di tipo organizzativo e psico-sociali, che potrebbero compromettere anche gli operatori con disabilità già in servizio.

Domenico Della Porta
Referente nazionale Federsanità per la Salute e Sicurezza sul lavoro degli operatori sanitari.

10 febbraio 2025
© Riproduzione riservata

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