In un precedente articolo avevo evidenziato ingiustizia contrattuale che si è perpetrata in molte, troppe, aziende sanitarie in sede di applicazione del vigente CCNL del comparto sanità.
Dalla bozza di nuovo CCNL che è all’esame dei sindacati qualche timido passo in avanti è stato fatto, ma non basta e nella sostanza rimane l’ambiguità che non risolve in sede aziendale il problema.
Per esempio si riconosce, che in base alla legge istitutiva della professione l’assistente sociale può esercitare funzioni di coordinamento senza che venga richiesto ulteriore requisito come per le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica il master abilitante alle funzioni di coordinamento previsto dall’articolo 6 della legge 43/06 (norma relativa alle professioni sanitarie ove non è citata mai la professione di assistente sociale).
Ne consegue che per essere coerenti bisognerebbe modificare l’articolo del precedente CCNL 2019-2021 precisando che il requisito del master per l’incarico di coordinamento in base alla vigente normativa è richiesto solo per le professioni sanitarie di cui alle leggi 42/99, 251/00, 43/06 e non per l’assistente sociale la quale in virtù della legge84/1993 può esercitare la funzione di coordinamento così come nel caso del professionista specialista si mutua in maniera goffa la normativa delle già citate professioni sanitarie richiedendo il possesso di un generico master quale e con criteri lo si ritenga attinente all’incarico non si precisa.
È bene, quindi, partire dall’assunto evidente che siamo in presenza di diverse e distinte normative sull’ordinamento professionale ed il suo sviluppo tra la professione sociosanitaria di assistente sociale e le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica e non si può imporre la normativa delle seconde alla prima, saremo in presenza di una palese imposizione illegittima giuridica.
Ricordo che la rivitalizzazione dell’area delle professioni sociosanitarie attuata con la legge 3/18 e la successiva liberazione dal ruolo tecnico confluendo nel neo-ruolo sociosanitario ha chiarito con nitida precisione che la professione sociosanitaria concorre, all’attuazione del diritto alla salute, intesa non come assenza di malattia bensì come stato di benessere biopsicosociale, al pari delle professioni sanitarie.
E’ ora che termini il periodo di errata interpretazione normativa e contrattuale nei confronti degli esercenti la professione sociosanitaria di assistente sociale in rapporto di dipendenza con le Aziende sanitarie e gli altri enti del SSN e fine della negazione o, meglio, dello scippo nei loro confronti di poter partecipare ai bandi aziendali per il coordinamento, che è l’incarico di organizzazione più diffuso in sanità, quindi limitando al massimo la possibilità di carriera organizzativa in poche fattispecie diverse da quelle del coordinamento.
Purtroppo in sede di contrattazione decentrata molti, troppi, regolamenti aziendali attuativi degli artt. 24/39 del vigente CCNL del personale del comparto sanità per il triennio 2019/2021 concernenti l’attribuzione e graduazione degli incarichi di posizione, di funzione organizzativa e di funzione professionale prevedono che ancora siano di fatto esclusi dalla partecipazione alle selezioni per il conferimento degli incarichi organizzativi, quando assumono la denominazione “di coordinamento”, che, ripeto, sono poi la forma più diffusa di incarichi organizzativi, gli assistenti sociali dipendenti delle Aziende sanitarie in quanto richiedono il requisito del possesso del master di coordinamento di cui all’articolo 6 della legge 43/06, corso di studio a cui non possono iscriversi perché proprio delle sole richiamate professioni sanitarie
Quand’ero ancora consulente del Direttore del Comparto Regioni e Sanità dell’ARAN, ora in pensione, mi permettevo di evidenziare e suggerire alcune scelte innovative, discriminanti e discontinue: alcune semantiche, nominalistiche ma nonostante ciò quanto mai valorizzanti quali dividere il personale laureato tra quello sanitario e sociosanitario (denominato “professionisti della salute”) e quello amministrativo, tecnico e professionale (denominato “funzionari”) e indicare ognuno dei professionisti della salute non più con il precedente termine “collaboratore professionale….” bensì con il nome della professione esercitata “infermiere o fisioterapista o assistente sociale…riconoscendo che anche essere denominati solo con il nome della propria professione è una componente inalienabile del rapporti di lavoro e dei diritti di ogni professionista”.
Le altre due scelte innovative erano e sono sostanziali: la prima la più discontinua ed equa e cioè il riconoscimento che per ogni laureato del comparto ci fosse il medesimo diritto al riconoscimento di una carriera sia organizzativa che professionale come per i laureati dell’area della dirigenza sanitaria ma anche sociosanitaria, professionale, tecnica e amministrativa.
La seconda, invece, il rispetto della legge e delle normative attuative per quanto riguarda il diritto dei professionisti sociosanitari assistenti sociali a ricoprire incarichi di coordinamento, in primo luogo, di area professionale ma anche laddove siano pluriprofessionali, per esempio nelle articolazioni del DSM.
Il CCNL precisa, si sarebbe pure potuto scrivere più chiaramente, che solo per le 22 professioni sanitarie debba essere richiesto, al fine di ricoprire l’incarico di coordinamento, il possesso del requisito dello specifico master in attuazione dell’articolo 6 della legge 43/06 ma non indica che la funzione di coordinamento possa essere esercitata anche da un assistente sociale ai sensi della legge 84/93comma 2.
Benché riconosciuti e apprezzati sul piano sociosanitario e nonostante, la loro chiara collocazione nel panorama giuridico-normativo, l’ambito contrattuale lascia gli assistenti sociali in una costante situazione di incertezza e limitata valorizzazione, quando non di sudditanza verso le altre professioni, non riconoscendo nei fatti la loro evoluzione sul piano giuridico, normativo e professionale e la possibilità di progressione e sviluppo come le altre professioni.
Sin dal D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle uu.ss.ll.) era stata riconosciuta l’articolazione in assistente sociale collaboratore e assistente sociale coordinatore e l’allora Normativa concorsuale del personale delle unità sanitarie locali, di cui al Decreto del Ministro della Sanità 30 gennaio 1982, dettava norma per l’accesso alla posizione funzionale di assistente sociale coordinatore, inoltre il primo contratto della sanità, recepito con il D.P.R. n. 348/1983, all’art. 37 collocava gli assistenti sociali collaboratori al 6° livello e gli assistenti sociali coordinatori al 7° livello.
Con il DPR 7 settembre 1984, n. 821, all’art. 49 veniva definito il profilo professionale dell’Assistente sociale coordinatore, il quale svolge attività e prestazioni inerenti alla sua competenza professionale e coordina l'attività del personale nella posizione funzionale di collaboratore (art. 50).
Ma è la norma primaria che sancisce il diritto, che è anche un dovere, per l’assistente sociale all’accesso alle funzioni di coordinamento; infatti, la legge 23 marzo 1993, n. 84 sull’ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale, dà finalmente riconoscimento giuridico alla professione specificando che:
1. l'assistente sociale opera con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell’intervento per la prevenzione, il sostegno e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio e può svolgere attività didattico-formative;
2. l’assistente sociale svolge compiti di gestione, concorre all'organizzazione e alla programmazione e può esercitare attività di coordinamento e di direzione dei servizi sociali;
3. per esercitare la professione di assistente sociale è necessario essere in possesso della laurea in Scienze del Servizio Sociale senza specificare che per l’esercizio delle funzioni di coordinamento debba essere in possesso di ulteriore formazione post laurea, che, invece è richiesta, per effetto della successiva legge 251/00, a coloro che svolgano la direzione del servizio sociale professionale ed, essendo una qualifica dirigenziale, si debba essere in possesso della Classe di Laurea specialistica o magistrale in Programmazione e Gestione di Politiche e Servizi Sociali.
Tutto ciò premesso è quanto mai chiaro che le leggi e le normative attuative prevedono che, per effetto della legge 43/2006, per concorrere all’incarico di coordinamento i professionisti sanitari infermieristici, tecnici della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica con rapporto di lavoro di dipendenza con il SSN, debbano essere il possesso del previsto master e solo loro mentre è esclusa la competenza della citata legge 43/06 per i dipendenti del SSN esercenti la professione sociosanitaria di assistente sociale tant’è che l’Accordo Stato-Regioni del 2007 si riferisce solo ed esclusivamente alle professioni sanitarie, non essendovi il benché minimo riferimento alla professione degli assistenti sociali la quale, non solo per le diverse norme di legge e contrattuali richiamate ma soprattutto in virtù della legge n. 84/93 ha il pieno riconoscimento del diritto all’incarico di coordinamento, come e non meno delle professioni sanitarie.
In tal modo si è espressa la Direzione Generale delle Professioni sanitarie del Ministero della Salute in una specifica circolare, confido che si sia a conoscenza che i requisiti culturali e professionali per l’assunzione o successivi incarichi è esclusiva competenza dello Stato, anche tramite accordi Stato-Regioni, escludendo che possa essere materia di contrattazioni sindacale nazionale o decentrata che sia.
Per quanto attiene all’incarico di professionista specialista il contratto fa riferimento solo al possesso di un master, senza specificare quale e non tenendo conto che per effetto dell’art. 22 del DPR 328/2001 ogni Assistente sociale con laurea specialistica o magistrale, il quale superando il previsto esame di stato, è iscritto in sezione A dell'albo assumendo il titolo di Assistente sociale specialista, modalità selettiva e di articolazione professionale non prevista per le professioni sanitarie soggette alla legge 43/06 nei propri albi professionali…ne consegue che si sarebbe dovuto prevedere che un assistente sociale dipendente avrebbe potuto concorre alle selezioni per professionista specialista avendo come requisito il possesso della laurea specialistica o magistrale e non esclusivamente con un master qualsiasi.
A questo punto sarebbe quanto mai opportuna una modifica in tal senso della bozza di nuovo accordo contrattuale per il personale dipendente del SSN a tutela dei diritti di equa partecipazione degli assistenti sociali alla selezione per l’attribuzione degli incarichi, compresi quelli di coordinamento nel rispetto delle norme esistenti non di una restrittiva e non corretta interpretazione delle stesse, prevedendo, inoltre, nella parte descrittiva delle competenze una migliore descrizione che rispetti fedelmente quanto in materia prevede l’insieme della normativa ordinamentale e formativa della professione sociosanitaria di assistente sociale.
Una giusta e dovuta risposta contrattuale a questa professione sarebbe quanto mai un contributo positivo e determinante per l’attuazione dell’integrazione sociosanitaria prevista ed in linea anche con gli obiettivi del PNRR per i quali l’assistente sociale svolge un ruolo strategicamente necessario e centrale.
Saverio Proia