La forza lavoro infermieristica globale continua ad aumentare, è cresciuta da 27,9 milioni nel 2018 a 29,8 milioni nel 2023, ma le disuguaglianze nella disponibilità di infermieri tra Paesi e regioni nasconde una carenza di 5,8 milioni di infermieri lasciando gran parte della popolazione mondiale senza accesso ai servizi sanitari essenziali e rischiando di compromettere gli obiettivi di copertura sanitaria universale (UHC) e gli impegni per la sicurezza e lo sviluppo sanitario globale.
Circa il 78% degli infermieri del mondo si trova in Paesi che rappresentano solo il 49% della popolazione mondiale e i Paesi ad alto reddito (HIC), che rappresentano solo il 17% della popolazione, ospitano il 46% della popolazione infermieristica mondiale.
È questa l’istantanea scattata dal Rapporto State of the World’s Nursing 2025, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme al Consiglio Internazionale degli Infermieri (ICN) e altri partner, in occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere.
Crescono gli infermieri, ma restano forti squilibri. Mancano all’appello quasi 6 milioni di infermieri. Secondo il rapporto, il numero globale di infermieri è cresciuto passando dai 27,9 milioni nel 2018 per raggiungere i 29,8 milioni nel 2023. Una crescita che ha contribuito a ridurre la carenza mondiale di personale infermieristico da 6,2 milioni (2020) a 5,8 milioni (2023), con una previsione al ribasso fino a 4,1 milioni entro il 2030.
Ma questo quadro apparentemente positivo a livello aggregato maschera disuguaglianze profonde: circa il 78% degli infermieri opera in Paesi che ospitano solo il 49% della popolazione mondiale. I Paesi a basso e medio reddito, in particolare, affrontano enormi difficoltà nel formare, impiegare e trattenere gli infermieri nei rispettivi sistemi sanitari, e sono chiamati ad aumentare gli investimenti interni per creare occupazione stabile e qualificata. Parallelamente, i paesi ad alto reddito devono essere preparati a gestire elevati livelli di pensionamento degli infermieri e a rivedere la loro dipendenza da infermieri formati all’estero, rafforzando gli accordi bilaterali con i paesi da cui reclutano.
La densità globale di personale infermieristico, pari a 37,1 infermieri ogni 10mila abitanti, presenta una distribuzione disomogenea tra le regioni dell’Oms e in base alla classificazione per livello di reddito. Nella Regione Europea dell’Oms, la densità di infermieri è cinque volte superiore rispetto a quella osservata nelle regioni africana e del Mediterraneo orientale. Inoltre, si registra una differenza di oltre dieci volte tra i Paesi ad alto reddito (High-Income Countries, HIC) e quelli a basso reddito (Low-Income Countries, LIC). Tali dati, evidenzia l’Oms, suggeriscono che una porzione consistente della popolazione mondiale dispone di un accesso significativamente limitato ai servizi infermieristici, con potenziali ripercussioni sull’assistenza materno-infantile, sulla gestione delle patologie croniche e sulla capacità di risposta alle minacce e alle emergenze di sanità pubblica
“Questo rapporto contiene notizie incoraggianti, per le quali ci congratuliamo con i paesi che stanno compiendo progressi - ha dichiarato il Direttore Generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus - tuttavia, non possiamo ignorare le disuguaglianze che caratterizzano il panorama infermieristico globale. In occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere, esorto i Paesi e i partner a utilizzare questo rapporto come indicatore, mostrandoci da dove veniamo, dove siamo ora e dove dobbiamo andare, il più rapidamente possibile”.
“Per il raggiungimento degli obiettivi di salute globale, la forza lavoro dovrebbe essere al centro dell'attenzione – ha aggiunto Pam Cipriano, Presidente dell'International Council of Nurses – il rapporto evidenzia chiaramente le disuguaglianze che frenano la professione infermieristica e ostacolano il raggiungimento della copertura sanitaria universale”.
Paesi ricchi dipendenti dall’estero, un infermiere su sette in tutto il mondo è nato nato fuori dai confini nazionali. Mentre i Paesi a basso reddito accelerano sulla formazione di nuovi infermieri, il tasso di crescita demografica e la scarsità di posti di lavoro vanificano i benefici ottenuti in termini di laureati. Al contrario, nei Paesi ad alto reddito si registra una forte dipendenza dagli infermieri formati all’estero: qui il 23% del personale infermieristico è nato fuori dai confini nazionali, contro appena l’8% nei Paesi a medio-alto reddito e l’1-3% in quelli medio-bassi e a basso reddito.
Paesi poveri senza opportunità. Questa dinamica pone interrogativi urgenti sulla sostenibilità di un modello basato sulla migrazione, che rischia di sottrarre risorse umane fondamentali ai sistemi sanitari più fragili. L’Oms invita pertanto i Paesi ad alto reddito a gestire in modo responsabile il turnover del personale - con alti tassi di pensionamento in arrivo - e a rafforzare gli accordi bilaterali con i Paesi da cui attingono risorse infermieristiche.
Età media e pensionamenti: i Paesi avanzati verso la crisi? Il rapporto evidenzia anche un rischio crescente legato alla demografia professionale. Globalmente, il 33% degli infermieri ha meno di 35 anni, ma il 19% andrà in pensione entro i prossimi dieci anni. In 20 Paesi – perlopiù ad alto reddito – il numero di pensionamenti previsti supera già il numero di nuovi ingressi, sollevando timori per la futura capacità dei sistemi di garantire continuità assistenziale a causa delle carenze di personale e tutoraggio ai giovani professionisti.
Circa due terzi (62%) dei paesi hanno segnalato l’esistenza di ruoli infermieristici di pratica avanzata, segnando un progresso significativo dal 2020 (quando solo il 53% segnalava ruoli infermieristici di pratica avanzata). È stato dimostrato che queste tipologie di infermieri ampliano l’accesso e la qualità delle cure in molti contesti diversi. Il rapporto evidenzia anche miglioramenti nella leadership infermieristica: l’82% dei paesi ha dichiarato di avere un dirigente senior.
Il ruolo delle donne e la spinta verso l’equità. La professione infermieristica continua ad avere un forte profilo di genere: le donne costituiscono l’85% del personale a livello globale. Questo dato sottolinea l’importanza delle politiche di equità e valorizzazione professionale, non solo in termini salariali ma anche di accesso alla leadership, alla formazione avanzata e alla tutela nei contesti lavorativi fragili o conflittuali.
Infermieri con ruoli avanzati: cresce la regolamentazione. Rispetto al 2020, aumentano i Paesi che hanno introdotto ruoli infermieristici avanzati (62% contro il 53% del precedente rapporto). Questi ruoli si sono dimostrati fondamentali per ampliare l’accesso ai servizi sanitari e migliorarne la qualità, soprattutto in aree marginali o in carenza di medici. Sul fronte della leadership infermieristica, l’82% dei Paesi dichiara di avere un funzionario governativo dedicato alla gestione della forza lavoro. Tuttavia, solo due terzi dei Paesi offrono opportunità strutturate per lo sviluppo della leadership, con un grave ritardo nei Paesi a basso reddito (25%).
Entrando nel dettaglio, nel 2023, l‘80% del personale infermieristico è stato identificato come “infermiere professionale”, che fornisce una moltitudine di servizi sanitari con un notevole livello di autonomia. Circa il 17% del personale infermieristico è stato classificato come “infermiere professionale associato”, con minore autonomia sul posto di lavoro; non è stato possibile classificare il restante 3%. Circa il 70% degli infermieri lavorava in strutture del settore pubblico, rispetto a strutture private senza scopo di lucro o private a scopo di lucro. “Sebbene la professionalizzazione possa migliorare la qualità dell’assistenza, dovrebbe essere accompagnata da ruoli e ambiti di pratica differenziati e da una corrispondente retribuzione nei contesti lavorativi, per non alimentare la migrazione degli infermieri verso Paesi che offrono migliori opportunità professionali”.
Il benessere psicosociale ancora trascurato. Il rapporto segnala una carenza grave di politiche per la salute mentale e il benessere del personale infermieristico: appena il 42% dei Paesi ha previsto misure di supporto psicologico, nonostante le difficoltà vissute durante e dopo la pandemia. Il tema è cruciale per trattenere professionisti esperti e garantire qualità dell’assistenza.
Le raccomandazioni per il futuro: sette priorità
Il documento propone un’agenda politica chiara per il 2026-2030, articolata in sette priorità chiave: