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Intervista a Troise (Anaao): "Ecco perché torniamo a scioperare dopo tre anni"


"Non chiediamo incrementi della massa salariale né oneri aggiuntivi, vogliamo ridiscutere il modo di lavorare all’interno del Ssn ed utilizzare gli istituti contrattuali già disponibili da anni". Così il segretario dell’Anaao spiega il punto di vista dei medici sulla protesta indetta dai sindacati.

28 GIU - “Alla base della nostra protesta ci sono tutta una serie di questioni irrisolte. Non si dica quindi che i medici sono in cerca di soldi in un Paese allo stremo”. Parla senza mezzi termini Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, e in questa intervista elenca le maglie deboli del sistema che hanno costretto i medici, dopo tre anni, a proclamare un’ennesima giornata di protesta. Dal Dpr che blocca di un altro anno i contratti di lavoro fermi dal 2009 alla possibilità che questo blocco prosegua a tempo indeterminato. Dalla questione della responsabilità professionale dei medici a tutt’oggi irrisolta, alla mancanza di soluzioni per il precariato giovanile che sempre di più sta diventando “stabile”. Dal blocco del turn over che sta aumentando la possibilità di non poter godere di istituti contrattuali come quello delle ferie e dei congedi formativi fino all’inasprimento della medicina difensiva. E molto altro ancora.

 
 
Dottor Troise, dopo tre anni la sanità italiana torna a scioperare. Perché?
Siamo costretti a lanciare un segnale di allarme forte perché la sanità pubblica italiana è allo stremo e la situazione dei professionisti al suo interno è gravissima. Intendiamo protestare non solo perché il Dpr, predisposto da Monti ma acriticamente fatto proprio da Letta, blocca di un altro anno i contratti di lavoro fermi dal 2009, ma anche perché la possibilità che questo blocco prosegua a tempo indeterminato è ancora all’ordine del giorno. Questa è una ciliegina avvelenata che viene a cadere su una torta già immangiabile. Il blocco contrattuale non fa che amplificare ed incattivire una situazione drammatica per i Medici ed i Dirigenti sanitari dipendenti del Ssn.
 
Mi spieghi.
C’è una persistente mancanza di risposte chiare e risolutive alla questione della responsabilità professionale dei medici. C’è la questione del precariato giovanile per la quale non si intravedono soluzioni che rimedino agli abusi e mettano fine al precariato stabile. Poi c’è il blocco del turn over che costringe il personale a fare turni massacranti, anche notturni, fino a 67 o 70 anni e in condizioni inaccettabili. Senza parlare del fatto che sta aumentando la possibilità di non poter godere di istituti contrattuali come quello delle ferie e dei congedi formativi. Tutti fattori che contribuiscono al peggioramento dei rapporti con i pazienti già inquinato dalla medicina difensiva. E ora assistiamo anche al taglio forsennato di strutture semplici e complesse che ognuno compie a casa sua come se fosse il problema dei problemi. Si interviene negativamente sulla progressione di carriera dei medici ospedalieri, e solo su di essi perché l’Università continua ad essere considerata un corpo indipendente, una corrente ad alta tensione i cui fili tutti, dal Governo alle Regioni, hanno paura di toccare.
Alla base della nostra protesta ci sono quindi tutta questa serie di questioni irrisolte. Non si dica quindi che i medici sono in cerca di soldi in un Paese allo stremo.
 
Cosa chiedete?
Vogliamo l’attivazione dei tavoli contrattuali per ridiscutere il sistema di regole che riguarda l’organizzazione del lavoro o la progressione di carriera, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica. Il ministro Lorenzin sostiene che non ci possono essere deroghe per la sanità, ma di fatto si sta pensando a deroghe per il comparto della sicurezza. Curiosa tanta attenzione per la protezione delle cose e tanto poca per quella delle persone sottoposte a cure. Non chiediamo un incremento della massa salariale né tantomeno oneri aggiuntivi, vogliamo ridiscutere il modo di lavorare all’interno del Ssn ed utilizzare gli istituti contrattuali già disponibili da anni nelle varie aziende sanitarie.
 
Quindi la proposta del presidente del comitato di settore delle Regioni, Claudio Montaldo, di portate il confronto sulla parte normativa nell’ambito del Patto per la salute potrebbe essere una buona opportunità?
Non so se e quando si riuscirà a fare un nuovo Patto per la salute, ma l’inserimento anche di questi elementi sarebbe un segnale molto positivo. Ma il Governo deve fare un passo in avanti modificando il Dpr che prolunga al 2014 gli effetti dell’art 9 della 122, ossia il blocco al 2010 della retribuzione individuale e dei fondi contrattuali accessori.
Una cosa è certa: noi abbiamo idee che manifestiamo e difendiamo nelle forme di lotta consentite e dettate dal contesto per sostenere il Ssn e valorizzare il lavoro che esso svolge. Non sono invece ancora in grado di comprendere le linee di politica sanitaria lungo le quali si muovono i partiti che oggi compongono la maggioranza al governo del Paese. In campagna elettorale tutti hanno assunto di fronte ai cittadini e ai medici degli impegni, ma se e come intendano mantenerli rimane un mistero.
 
Ci dobbiamo quindi aspettare un’ennesima stagione calda per la sanità, ma questo non vi ha impedito di puntare i riflettori su una componente molto importante per la vostra categoria professionale: i giovani medici.
La prima conferenza nazionale di Anaao Giovani tenutasi a Bari nei giorni scorsi ha rappresentato senza dubbio la conferma di un’intuizione felice: essere fondamentale e doveroso per un sindacato moderno creare spazi e modalità di organizzazione in qualche modo autonomi per i giovani medici. Una generazione di professionisti che sempre più ha difficoltà a identificarsi con un modo tradizionale di fare sindacato. A percepirlo come soggetto in grado di dare risposte alle molteplici criticità del loro mondo, e quindi a identificarlo come un interlocutore capace di assumere all’interno della propria strategia la questione giovanile declinata in tutte le sue componenti, dalla formazione alla stabilizzazione del lavoro ed alla creazione di nuove occasioni di lavoro.
 
Nell’immediato quali interventi intendete attuare per andare incontro alle esigenze di questa nuova generazione di professionisti?
Innanzitutto combattere contro il precariato stabile, nuovo ossimoro della lingua italiana, e affinché i giovani medici non siano esclusi dalle politiche attive per l’occupazione. Per questo abbiamo chiesto al Ministro della salute che nell’ambito degli incentivi fiscali previsti per l’occupazione giovanile fossero inclusi anche i giovani medici. Intendiamo poi intervenire sulla formazione mettendo in discussione l’intero percorso formativo dei medici a partire dal pre laurea per arrivare alla formazione post laurea. La situazione sta, infatti, diventando drammatica. I dati ci dicono che un quarto degli studenti degli ultimi due anni del corso di laurea in medicina pensa di andare all’estero. Inoltre la fuga dei medici specializzandi verso altri Paesi, in particolare verso l’Inghilterra, la Germania e la Francia, sta diventando inarrestabile, vanificando gli investimenti formativi e desertificando la sanità del fisiologico ricambio generazionale. Dobbiamo quindi bloccare questa pericolosa deriva e l’unico modo è cambiare completamente il paradigma della formazione per avvicinarla sempre di più, e in tempi rapidi, allo standard europeo e al mondo del lavoro.
 
Come?
L’obiettivo è arrivare entro fine dell’anno a presentare una proposta di riforma del sistema formativo. A breve attiveremo un confronto con tutti gli attori coinvolti, a partire dai giovani fino alle altre organizzazioni sindacali per poi presentarlo alle istituzioni. Soprattutto vogliamo ragionare in una visione di sistema sia della formazione specialistica che di quella dei medici di medicina generale, per cercare di costruire alleanze inedite che provino a sconfiggere le logiche dei conflitti orizzontali a partire dai giovani.
 
Sul fronte sindacale invece come pensate di intervenire per attirare le nuove generazioni?
La conferenza nazionale di Anaao Giovani ha dimostrato che il sindacato deve compiere un atto di coraggio e aprire le porte degli organismi statutari per favorire l’ingresso di nuove forze. La gobba demografica interessa non solo il mondo del lavoro, ma anche quello sindacale. Abbiamo bisogno di rinnovare e trasmettere competenze e valori, mettere in campo nuove energie e intelligenze.
 
Quindi?
A novembre in occasione del nostro congresso statuario formalizzeremo quello che già ora si sta realizzando: gruppi di giovani sono, infatti, già attivi nel rappresentar e l’Anaao sia in Italia sia in alcuni organismi europei. Soprattutto vogliamo dare forza statutaria alle proposte dei giovani affinché possano godere di autonomia nella elaborazione di un proprio punto di vista non solo rispetto alle questioni generali, ma anche contrattuali. Non possiamo continuare a dare per scontato che la prospettiva dei giovani all’inizio di un lungo percorso professionale sia coincidente con quello di chi conta i giorni per andare in pensione. Dobbiamo quindi trovare un punto di sintesi per tenere insieme chi ha fatto per anni sindacato e chi a questo mondo intende avvicinarsi.

28 giugno 2013
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