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Infermieri. Cimo: “ Ok nuove competenze, ma formazione sia uguale in tutta Italia”


Il vice presidente Quici sollecita che il nuovo percorso universitario per gli infermieri scaturito dalla bozza di accordo sulle nuove competenze sia uniformato su tutto il territorio nazionale compresi i modelli organizzativi che ne conseguono. Altrimenti sarà il caos. La bozza di accordo in Stato Regioni.

29 OTT - “Prendiamo atto della bozza di accordo sulla ridefinizione delle competenze e responsabilità delle professioni sanitarie che giunge a completamento di un percorso durato 3 anni e che ha visto protagonisti il Ministero della Salute, le Regioni, i Collegi Professionali e le sole Organizzazioni Sindacali Confederali con esclusione dei Sindacati Medici e Sanitari”.
Così Guido Quici, Vice Presidente Vicario  della CIMO-ASMD che ieri ha preso parte all’incontro presso il ministero della Salute per le nuove competenze infermieristiche discutere con la dirigenza del Ssn e che ci ha inviato una sua nota su come è andata.
 
“Siamo stati convocati ad un tavolo - sottolinea Quici - i cui accordi erano già stati definiti nonostante le numerose richieste di incontro da parte della CIMO-ASMD per un serio confronto sulle problematiche che interessano trasversalmente tutte le professioni che operano nel SSN”.
“La bozza di accordo - continua l’esponente Cimo - che tende a legittimare alcune iniziative regionali in tema di competenze acquisite con corsi non universitari (vedi see and treat), introduce un elemento di forte criticità che è rappresentato dalla possibilità che le Regioni, di concerto con le OO.SS. (le stesse dell’accordo?) e l’Università definiscano i criteri per lo sviluppo delle competenze e responsabilità con revisione dei modelli organizzativi, “avendo come riferimento una moderna ed efficace integrazione delle competenza all’interno di equipe multi professionali”.
 
“Tutto questo senza i medici? E quali saranno le ricadute sulla professione medica?”, si chiede Quici.
“La domanda è più che legittima - continua - perché l’attuale contesto vede il medico fortemente penalizzato in tema di responsabilità professionale e l’assenza di elementi di chiarezza su chi fa cosa, favorisce un ulteriore atteggiamento difensivo che, in termini concreti, si sostanzia con costi aggiuntivi per il nostro SSN”.  
 
“Si condivide il principio che vede lo sviluppo di nuove competenze attraverso un percorso formativo universitario - scrive ancora Quici - ma è necessario che lo stesso percorso sia uniformato su tutto il territorio nazionale compresi i modelli organizzativi che ne conseguono. Di contro ogni iniziativa regionale autonoma, sia a livello formativo che organizzativo, determinerà una ulteriore “balcanizzazione” della sanità italiana accentuando quella confusione di compiti, ruoli e responsabilità tra le varie figure professionali”.
 
“In questi anni la CIMO-ASMD, ha evidenziato la necessità di definire, quale elemento di chiarezza, l’atto medico avendo ben chiaro il principio secondo il quale “il medico è il responsabile unico della strategia diagnostica, e/o terapeutica, e/o riabilitativa e, conseguentemente, della scelta del miglior percorso clinico a favore del paziente”. Alle altre Professioni sanitarie - sottolinea il vice presidente Cimo - spetta il compito di attuare le strategie ed i percorsi clinici già definiti con particolare riferimento alle attività assistenziali; ciò in funzione di quanto definito nei Decreti Ministeriali in tema di profilo professionale che, tra l’altro, definiscono la “natura tecnica, relazionale ed educativa” del profilo in ambito assistenziale”.
 
“Questo è il motivo - conclude Quici - per il quale la CIMO-ASMD ritiene indispensabile il coinvolgimento delle OO.SS. mediche, non quale elemento di conflittualità con le altre Professioni Sanitarie, ma come soggetto legittimato a concordare con le altre Istituzioni ruoli, compiti e responsabilità professionali, nonché eventuali  modelli organizzativi legati allo sviluppo delle nuove competenze”.

29 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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