Aborto. Scienza&Vita: "In atto pretestuosa offensiva per delegittimare diritto all'obiezione di coscienza"
Il presidente dell'associazione, Paola Ricci Sindoni, in questi giorni "sono stati utilizzati atti avvenuti anni fa e ampiamente smentiti dalla documentazione fornita dall’ospedale interessato”. E sottolinea che "la legge 194 riconosce il diritto all'obiezione".
14 MAR - Proseguono le polemiche divampate negli ultimi giorni sui temi dell’aborto e dell’obiezione di coscienza da parte dei medici.
Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’associazione
Scienza&Vita, non usa mezzi termini e sottolinea che “è in atto una nuova e rabbiosa offensiva contro il diritto all’obiezione di coscienza, messa in atto con l’uso strumentale di fatti avvenuti anni fa e ampiamente smentiti dalla documentazione fornita dall’ospedale interessato”.
Secondo Sindoni, sui vari organi di informazione e sulle varie piattaforme mediatiche “si moltiplicano duri attacchi ai medici obiettori, con lo scopo di marginalizzare e demonizzare la loro scelta, rimettendo in discussione ciò che è base fondante di ogni democrazia: il diritto di opporsi a un atto che ferisce la propria coscienza”. E chiama in causa la Legge 194 che “riconosce questo diritto e il sempre più elevato numero di operatori sanitari che vi ricorre, a meno di non voler credere che la ginecologia sia professione scelta solo da cattolici praticanti, denota non una scarsa affezione al lavoro, ma piuttosto una più alta consapevolezza del valore della vita e della responsabilità del proprio operato”.
L’annuale Relazione sulla Legge 194, presentata al Parlamento, per Sindoni “ha dimostrato con cifre puntuali e dati verificabili come il numero di interruzioni volontarie di gravidanza a carico di ogni non obiettore sia in realtà molto basso e pari a circa 2 interventi a settimana. Le polemiche pretestuose, che montano da più parti riguardo a una carente applicazione della legge, sono dunque frutto di una volontà ben precisa di accanimento forzoso per delegittimare l’operato di tutti coloro che, coerentemente con quanto previsto dal giuramento d’Ippocrate, preferiscono – conclude - salvare una vita piuttosto che porvi fine”.
14 marzo 2014
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