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Speciale: la #sanità twitta a @matteorenzi. Minghetti (Migep): “Aprire un confronto con i professionisti”


L’assenza di tagli alla sanità nella manovra è, per il presidente del Migep, “un risultato storico”. Ma “i problemi che avevamo sono rimasti immutati”, a partire da quelli che riguardano gli infermieri. Ma per Minghetti occorre valorizzare anche altri figure, come gli Oss e le puericultrici.

29 APR - “Un risultato storico”. Così Angelo Minghetti, presidente del Migep, definisce l’assenza di tagli alla sanità nella manovra del Governo. Tuttavia, si tratta di una sola buona notizia. Perché “i problemi che avevamo sono rimasti immutati”, sottolinea Minghetti. Ciò che preoccupa in particolare il presidente del Migep è che “tutto avviene senza una consultazione diretta di chi opera a contatto del cittadino, decidendo anche sul ridimensionamento delle risorse umane piuttosto che sugli sprechi”.

“Il servizio sanitario nazionale – prosegue Minghetti – è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. Il Ssn ha impiegato diversi anni per essere realizzato; in molte zone del Paese lo è stato, anzi, solo parzialmente. La sua attuazione, nonostante le notevoli disparità e disuguaglianze, aveva portato lo stato di salute della popolazione italiana a un livello considerato «estremamente buono» dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e riconosciuto tale da buona parte della letteratura scientifica internazionale, anche se il livello di finanziamento ad esso riservato è stato relativamente limitato. Qualsiasi azione legislativa per migliorare la salute della popolazione non può che partire dalla difesa del SSN come servizio pubblico, oggi seriamente messo in discussione da politiche sanitarie di tipo privatistico”

Per il presidente del Migep, nei fatti, “dalla sua approvazione, il sistema è stato in realtà sottoposto ad una serie di modifiche che ne hanno indebolito e snaturato la portata, fino ad arrivare a registrare un visibile peggioramento delle condizioni di salute della popolazione, in particolare delle fasce più deboli e di quella dei territori più disagiati. L’aziendalizzazione degli ospedali e delle Aziende unità sanitarie locali (AUSL), il loro ridimensionamento ed anche la modifica del Titolo V della Costituzione non hanno certo aiutato ad invertire la tendenza, ma, al contrario, c’e` il rischio concreto che i sistemi sanitari regionali, andranno ad accentuare le disparità delle prestazioni ai cittadini”.

Tra le grandi disfunzioni del nostro sistema sanitario, per Minghetti quella infermieristica “è certamente fra le più evidenti: da anni la mancanza cronica di infermieri ha prodotto una situazione insostenibile sia per il personale infermieristico, sia per gli effetti negativi sull’utenza, fortemente penalizzata dalla mancanza di personale preparato negli ospedali e nelle strutture territoriali. Le norme di recepimento delle direttive hanno permesso di elevare la qualificazione professionale degli infermieri con l’introduzione di un percorso universitario, che assicura un’adeguata preparazione e una valorizzazione della professione”.

Minghetti sottolinea quindi come “a causa della cronica carenza infermieristica, si è introdotta una figura, l'operatore socio sanitario, che di fatto è stata creata per risolvere velocemente e con un basso impatto economico parte del problema anche grazie alle mansioni estremamente ampie ricoperte (dalle alberghiere a parte di quelle svolte dagli infermieri). Nonostante, comunque, il loro ruolo a diretto contatto con il paziente e di fatto facendo parte di una équipe sanitaria (gli OSS nella quasi totalità delle strutture ospedaliere, oggi turnano sulle 24 ore con figure infermieristiche, mentre in molte altre strutture socio assistenziali turnano senza la figura dell'infermiere), rimangono ancora classificati come figura “tecnica” e non “sanitaria”. Non solo: la loro formazione viene spesso concessa a enti formativi (aumentati negli anni esponenzialmente) che fino a poco prima hanno formato parrucchieri, barman, estetisti, contabilità, ecc. In altri termini, si tende alla formazione non orientata a una reale qualità professionale, ma a un commercio speculativo”.

Per Minghetti “non si può guardare al futuro prestando attenzione alla sola figura dell'infermiere, poiché la sanità è costituita, infatti, anche da 20 mila infermieri generici e 16 mila puericultrici (tuttora in servizio) che spesso fanno fronte alla carenza di infermieri anche ricorrendo all' espletamento di mansioni superiori che non sono minimamente riconosciute ai fini di un eventuale inquadramento intermedio anche se la questione è stata posta più e più volte all'attenzione di sindacati e organi competenti. Sarebbe importante prevedere all'interno della struttura sanitaria una figura infermieristica intermedia tra l'oss e l'infermiere che acquisisca competenze di un certo spessore assistenziale considerato che gli infermieri dovranno ampliare le loro funzioni a livello medico”.

Relativamente alla formazione dell'operatore socio sanitario, il Migep propone “attraverso istituti tecnici sanitari, un percorso formativo nuovo, all’interno della scuola secondaria di secondo grado, che consenta la possibilità di avere una professione qualificata con una possibilità di crescita successiva. L'aiutante di sanità, una volta congedato, viene equiparato alla figura di infermiere generico da parte del Ministero della Salute. Ciò comporta di fatto l’impossibilità di trovare una occupazione lavorativa”.

“Come associazione – prosegue Minghetti - sosteniamo da tempo che la soluzione per garantire una migliore organizzazione all'interno delle aziende ospedaliere sarebbe di determinare una nuova organizzazione dei servizi, ovvero modificare il rapporto tra assistenza e clinica e prestando attenzione anche ai problemi che riguardano il mercato del lavoro, ai problemi della disoccupazione e della precarietà che sono sicuramente prioritari ed emergenti. Bisogna generalizzare su scala nazionale la difesa delle piante organiche a partire dalla fissazione di alcuni standard. Aprire istituti tecnici sanitari per un percorso formativo di qualità”.

Per il presidente del Migep oltre alla formazione delle professioni sanitarie in campo universitario “occorre assicurare altrettanta attenzione, nell'ambito della revisione dei modelli assistenziali, alla valutazione del fabbisogno di oss, da collegare ai percorsi formativi di riqualificazione e aggiornamento, in relazione alle specifiche competenze richieste dal sistema salute. Occorre proseguire e rafforzare il percorso di valorizzazione di tutti quei operatori penalizzati dalla legge 42/99 e di tutti quei operatori che lavorano nel settore pubblico privato e nel terzo settore. Una condizione sicuramente inaccettabile per una sanità pubblica che non potrebbe permettersi di operare fuori della legalità, oltretutto in un settore così delicato come quello dell'assistenza. Sappiamo che per lavorare in modo appena sufficiente servono almeno 220’ di assistenza, calcolati alla vecchia maniera, e sappiamo che sotto questo standard il malato non ha una buona assistenza”.

“Per queste ragioni – conclude Minghetti -  ci sentiamo di sostenere la legittimità di 250 mila operatori che non sono certo contrari al cambiamento. Anzi, spesso ne sono i fautori e precursori, quando questo rappresenta un miglioramento negli standard assistenziali e nella qualità di vita del cittadino. I rapporti multidisciplinari di condivisione e confronto sono indispensabili per la crescita e la sicurezza di modelli organizzativi in grado di dare risposte certe e con standard di qualità ottimali”.

Per Minghetti “sarebbe opportuno che il ministro Lorenzin aprisse un confronto attraverso un tavolo tecnico e che metta al centro anche la problematica di questi operatori (infermieri generici, puericultrici, aiutanti dell'esercito e OSS, non dimenticando le crocerossine per le quali dal 2010 è stata cancellata la possibilità di riqualificazione in OSS) e che il patto per la salute possa essere veramente un punto di svolta per dare sostenibilità al sistema e sicurezza e riconoscimento a chi ci lavora, togliendo i blocchi contrattuali e sbloccando il turn over. Da una reingegnerizzazione del sistema dei servizi è possibile creare delle forme organizzative adatte ad una coevoluzione delle professioni. In questo contesto si può parlare di operatori in grado di essere autori e in quanto tali protagonisti di sistemi interprofessionali, di percorsi assistenziali, di reti di assistenza. Le attuali scelte politiche che non prevedono tagli alla sanità possono anche essere un primo buon viatico per il sistema sanitario nazionale, ma i loro con concreti impatti non sono ancora del tutto chiari se permane l'idea ultima della solita clausola di salvaguardia che attiverebbe comunque in ultima istanza i soliti tagli lineari”.
 

29 aprile 2014
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