Sanità, lavoro e sindacato
di Ivan Cavicchi
Cambia il lavoro e deve cambiare anche il sindacato. La questione di fondo è una ricapitalizzazione del lavoro che necessita di cambiamenti riformatori. Se restiamo quello che siamo e se quello che siamo ci impedisce di combattere una battaglia riformatrice allora è come se tutto quello che facciamo fosse fatto per gestire al minor prezzo una sconfitta
14 OTT - Il 6 ottobre su questo giornale sono stato molto colpito dalla contestualità di un bell’
articolo sulla “formazione medica” (Montemurro e Pozzi) e da un interessante
convegno sulla “medicina difensiva” (Cimo Spoleto). L’articolo e il convegno pongono apparentemente tematiche molto distanti tra loro, (anche se nella realtà come vedrete sono collegate più di quello che si pensa), che ci appaiono scollegate ma solo perché siamo noi che non riusciamo a collegarle a causa della mancanza di una strategia progettuale.
L’articolo si preoccupa soprattutto per il futuro, il convegno si preoccupa soprattutto per il presente.
Il primo ragiona sui rapporti che esistono tra accesso alla formazione del medico e mercato del lavoro e sul surplus di medici che si potrebbe evitare o ridurre riformando l’attuale sistema dell’accesso.
Il secondo in realtà ragiona non tanto di “
medicina difensiva”, (comportamento professionale opportunistico ingenerato da tante cose quali il prevalere di una cultura proceduralista, una formazione inadeguata a operare scelte in condizioni di complessità, la crescita del rischio professionale causata da fattori sociali legati alla trasformazione della figura del paziente” ecc), ma ragiona di “
contenzioso legale” cioè di un particolare conflitto sociale tra medici e società e propone essenzialmente delle soluzioni assicurative.
L’articolo e il convegno nonostante esprimano soggetti con posizioni anagrafiche diverse (giovani e non giovani), ragionano con la stessa logica:
· Il primo dice:
se accesso incondizionato
allora disoccupazione
quindi accesso condizionato quale soluzione
· il secondo dice:
se contenzioso legale
allora medicina difensiva
quindi assicurazioni diverse quali soluzione
La logica comune è quella “
precauzionale” altrimenti detta della “
riduzione del danno” che assume il sistema delle cose in quanto tale pensando che sia possibile risolvere i problemi semplicemente con provvedimenti tampone. In genere i limiti dei provvedimenti tampone sono dovuti allo scarto che esiste tra le soluzioni proposte e i mutamenti strutturali in essere, e quindi alla mancanza di una visione strategica in grado di creare interconnessioni larghe tra i diversi problemi.
Senza una visione strategica sui mutamenti strutturali in essere:
· l’articolo tende a trascurare il fatto che oggi/domani l’occupazione in sanità è/sarà condizionata sempre più da pesanti politiche di svalutazione del lavoro innescate dai problemi finanziari del paese. Se guardiamo alla prospettiva è difficile che si influisca sul mercato del lavoro sanitario solo riformando gli accessi all’università. E’ verosimile che anche con un altro sistema di accesso il mercato del lavoro della sanità soffrirà comunque di un surplus cronico di medici dovuto soprattutto alle politiche di decapitalizzazione. Se il lavoro per questo paese è un anti capitale è difficile non avere quello che una volta si chiamava “
esercito di riserva”, perché è del tutto naturale reiterare il blocco del turn over, quindi restringere le possibilità occupazionali, ricorrere alla precarietà, alla massima flessibilità, concepire la contrattazione a costo zero o al minimo ecc.
· Il convegno non si pone il problema di prevenire tanto il contenzioso legale quanto la medicina difensiva, lavorando ad esempio sulle relazioni con i cittadini, sulla corresponsabilizzazione del malato alle decisioni cliniche, su un altro genere di formazione del medico, su un ripensamento delle procedure ecc. Il convegno da per scontato che rispetto ai problemi del contenzioso legale non si può fare altro che proteggere legalmente e finanziariamente il medico che c’è cioè ridurre non il rischio professionale ma i danni che esso provoca.
L’articolo pone un quesito fondamentale: invarianza o cambiamento? Cioè voliamo basso o alto? Fino a parlare di “
riforma strutturale”.
Personalmente, sono per una “
riforma strutturale”, cioè per volare alto convinto come sono che lo spirito contro riformatore dei nostri tempi è così forte da necessitare una spinta almeno uguale e contraria. Sono anni che sostengo che ormai le mutande di bandone del marginalismo non bastano più ..e che è necessario indossare l’armatura del riformismo ...e contro attaccare. Questo era il senso di fondo delle 10 domande (
QS 26 settembre) che ho rivolto ai sindacati senza avere risposte, ad eccezione di Nursind che ringrazio commosso, (
QS 6 ottobre). Ad una prospettiva che svaluta il lavoro ad anti capitale penso che sia ragionevole contrapporre una contro prospettiva mettendo in campo una strategia che restituisca al lavoro la sua funzione di capitale. Come?
Supponiamo di disporre di una strategia che ponga al centro della battaglia sindacale la ricapitalizzazione del lavoro, in questo caso la strategia farà in modo di interconnettere i tanti problemi che afferiscono alla decapitalizzazione del lavoro, per tirarne fuori delle proposte e delle azioni di lotta. Con questa visione strategica interconnettiamo la questione posta dall’articolo con la questione posta dal convegno. Cosa ne viene fuori? Ne viene fuori che certi problemi del medico, quelli della formazione, si possono rapportare con le diseconomie della medicina difensiva, con il vantaggio di sfruttarne le interconnessioni.
Il ragionamento è semplice:
· con un altro sistema formativo posso avere un altro genere di lavoro in qualità e in quantità
· con un altro genere di lavoro posso ridurre la medicina difensiva e tante altre cose
· riducendo la medicina difensiva e tante altre cose posso liberare delle risorse
· se libero delle risorse posso finanziare una politica di ricapitalizzazione del lavoro
· la ricapitalizzazione del lavoro equivale ad un allargamento del mercato del lavoro.
Non ho fatto altro che mettere una vicino all’altra, delle questioni immaginando una strategia per rivalutare il lavoro.
Cosa ho imparato?
Che nel casino in cui si trova il lavoro in sanità è:
· meglio uscire da una logica precauzionale preoccupata solo di ridurre un danno che se non invertito, è comunque destinato a crescere
· necessario avere una visione strategica
· importante imparare a interconnettere le diverse questioni per sfruttare a favore del lavoro la loro complessità
· fondamentale assumere un’ottica riformatrice quindi un atteggiamento rivolto al futuro che considera il presente come il primo postulato del cambiamento.
Che altro ho imparato? Che:
· la questione di fondo è la ricapitalizzazione del lavoro
· che per affrontarla devo contro attaccare con dei cambiamenti riformatori e mettere sul tavolo un lavoro che sia un capitale in questa situazione e in tutti i modi possibili
· la ricapitalizzazione del lavoro è un obiettivo strategico che deve marcare tutte le politiche sindacali
· non esiste questione importante in sanità che possa essere affrontata al di fuori di questa priorità strategica
C’è ancora qualcosa da imparare?
Tutte queste cose sono belle da dirsi ma difficili da farsi....cioè tra essere sindacato e dover essere sindacato oggi c’è un abisso. Io sto con il sindacato e dico che è normale di fronte a dei cambiamenti così profondi avere delle difficoltà a cambiare, avere una nuova visione strategica, ripensare forme di lotta adeguate .... in questo caso il problema è del sindacato.. con i suoi limiti gli altri non c’entrano. Se restiamo quello che siamo e se quello che siamo ci impedisce di combattere una battaglia riformatrice allora è come se tutto quello che facciamo fosse fatto per gestire al minor prezzo una sconfitta. Essere sconfitti a causa dei nostri limiti quando potremmo vincere trasformando i nostri limiti in possibilità...mi brucia.. e parecchio.
Ivan Cavicchi
14 ottobre 2014
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