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Collegi Ipasvi e Sindacato. A ognuno il suo, responsabilmente

di P.Pateri, L.Pais dei Mori e L.Schiavon

Nel loro intervento di domenica scorsa i Presidenti dei Collegi Ipasvi di Bari, Firenze e Milano chiedono una “politica professionale” per sistemare cose che in realtà spettano ai Sindacati. Si lasci invece la “Professione” ai Collegi e le questioni legate all’organizzazione del lavoro e della busta paga ai Sindacati

06 GEN - Per prima cosa avremmo bisogno di porre una domanda: perché Presidenti di lungo corso (lunghissimo diremmo; sono tutti “insediati”, anno più, anno meno, da quasi un ventennio se non come presidenti, certo in funzioni apicali nel sistema infermieristico) ancora non tracciano o non vedono una linea netta di distinzione tra Collegi e sindacati?
 
Saverio Andreula, Presidente Ipasvi di Bari, Danilo Massai, Presidente Ipasvi di Firenze e Giovanni Muttillo, Presidente Ipasvi di Milano, Lodi, Monza e Brianza, nel loro intervento su QS, entrano nel merito di considerazioni fatte dalla Presidente della Federazione Nazionale Ipasvi, Annalisa Silvestro, circa il calo ulteriore e ormai senza freni da anni del numero dei professionisti sanitari secondo gli ultimi dati del Conto annuale 2013.
 
Benissimo, giustissimo l’allarme, ma le sollecitazioni che fanno nel loro intervento perché questa spirale si fermi, non dovrebbero essere dirette alla Presidente della Federazione Nazionale, ma semmai affiancarsi a lei che, proprio nelle dichiarazioni che vengono citate, ha lanciato un‘analoga sollecitazione ai Sindacati - tutti - sottolineando in modo inequivocabile per chi legge e senza cercare spunti di polemica, la distinzione che c’è tra Collegio e Sindacato.
 
L’intervento della presidente della Federazione non commenta o analizza i dati del conto annuale (sui quali ben altre considerazioni e analisi andrebbero semmai fatte) ma semplicemente ribadisce il concetto che la gestione del personale non può sottostare a logiche di taglio che ne fanno il “bancomat”, appunto, delle Regioni per risparmiare sulla spesa sanitaria. Questo concetto, come ben i Colleghi sanno, è stato più volte reiterato in varie pubblicazioni fatte, sui canali comunicativi della Federazione e discusso nei Consigli Nazionali.
 
Inoltre, sottolineare la perdita economica, che gli infermieri hanno subito in questi anni per la mancanza di un contratto, è semplicemente e moralmente corretto, per evidenziare ancora di più che se quella perdita c’è stata, urge un recupero ed un rilancio forte della componente professionale, perché si consolidi il processo avviato fin dal 1999 e l’infermiere possa "andare in recupero" con la sua giusta collocazione nella gestione dell’assistenza.
 
Ci sono ben altre priorità rispetto a tutto questo secondo i nostri tre colleghi Presidenti. Se così fosse stato, ora la categoria (e ci mettiamo qualche punto interrogativo visto l'andamento generale ed attuale di tutto il pubblico impiego, sanità compresa) avrebbe forse qualche euro di più in busta paga, ma dubitiamo avrebbe ottenuto un riconoscimento universitario come laurea, laurea magistrale, master, dottorato di ricerca. Non avrebbe raggiunto la dirigenza, non avrebbe avuto accesso a incarichi di alto profilo come quelli di docenza universitaria, cattedre annesse, di direzione nelle aziende sanitarie, di incarichi di vero e proprio “primariato” e così via con un elenco lunghissimo di tappe. Tappe che hanno portato l’infermiere a essere ciò che è oggi e che molto probabilmente non sarebbero mai state raggiunte seguendo il concetto "benaltrista" ossia che “le priorità sono ben altre”.
 
La nostra esperienza professionale ci ha permesso di vivere quanto abbiamo richiamato e ci permette ora di poter dire ai nostri tre colleghi Presidenti che nulla sarebbe stato possibile di tutto ciò, inseguendo come rappresentanza professionale traguardi che sono, invece, propri del Sindacato.
La differenza dovrebbe poi essere ancor più lapalissiana per chi la tutela professionale dei propri iscritti dovrebbe averla garantita da anni e non certo sedendo a un tavolo di trattativa sui passaggi di livello, di carriera o sugli aumenti stipendiali.
 
C’è confusione nella nostra professione. Troppa. E quel che peggio non è una confusione dovuta a un disorientamento culturale: i compiti affidati alla Federazione sono stati sempre ben chiari e da sempre svolti. Al punto che negli ultimi giorni anche alcuni blog di specialisti medici hanno riconosciuto ciò che, sicuramente per motivi tutti loro personali e non certo professionali (ma attenzione: gli infermieri sono intelligenti …) una parte di chi dovrebbe essere orgoglioso di tutto questo, mette in dubbio.
 
Per essere chiari (e sarebbe meglio che tutti lo fossero), il giorno 2 gennaio su un blog della Società italiana di anestesia pediatrica, è apparso questo commento, appunto, di un medico anestesista (a cui molti suoi colleghi hanno dato ragione): “Bisogna ammetterlo. La Silvestro sta facendo per i suoi infermieri quello che altri avrebbero dovuto fare per noi medici in particolare noi anestesisti rianimatori. Migliorare la parte strutturale e di funzioni specialistiche in primis e poi sarà quasi automatico passare ai vantaggi economici contrattuali. E non si dica che la Silvestro è un senatore con tutti i relativi vantaggi, noi abbiamo avuto tanti medici in Parlamento, tante società scientifiche e tanti strumenti per poter migliorare, ma evidentemente a qualcuno è convenuto tenerci 'bassi'. È frustrante…”
Non ci sembra di dover aggiungere altro.
 
Ma, in ogni caso ci permettiamo di invitare i nostri colleghi Presidenti – e chi come loro, pensa di gestire in questo modo la nostra professione – a rileggere proprio l’editoriale di Fassari di qualche tempo fa in cui invitata tutti a una ragionevolezza che, in realtà, sembra ancora sfuggire. Così a rimetterci è l'intero corpo professionale.
 
C’è un’ultima scheggia di chiarezza che vorremmo portare in primo piano. I tre Presidenti dei tre collegi Ipasvi chiedono l’intervento di una “politica professionale” per sistemare cose che, abbiamo detto già, spettano ai Sindacati.
Il problema qui, però, è la parola politica, che non lega con l’aggettivo professionale. Dice (in sintesi) la Treccani: “La politica è la scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica”.
 
Ma, allora, cari colleghi, la "politica" in senso alto con la Professione e con i Collegi che la rappresentano c’entra ben poco e, anzi, dovrebbe entrarci ancora meno.
 
E se quella parola era invece un richiamo per la “senatrice” Silvestro, allora è davvero un richiamo delle sirene … a cui hanno già risposto quei medici anestesisti che prima abbiamo citato.
Una conclusione: si lasci la Professione ai Collegi e le questioni legate all’organizzazione del lavoro e della busta paga ai sindacati.
 
Si dia a Cesare quel che è di Cesare e non si tenti, secondo il proprio comodo, di fare di tutta l’erba un fascio. In questo modo chi ne farà le spese sono proprio gli infermieri.
Si proprio loro, quelli che voi, illustri colleghi Presidenti, vi siete impegnati professionalmente a far crescere e a tutelare nella loro struttura professionale .
 
Pierpaolo Pateri
Presidente Ipasvi Cagliari
 
Luigi Pais dei Mori
Presidente Ipasvi Belluno
 
Luigino Schiavon
Presidente Ipasvi Venezia

06 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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