Indagine Fimmg. Medici di famiglia sempre “più vecchi”. E per il 54% è proprio “il fattore età” a rallentare il cambiamento
Divulgati al congresso i risultati dell’indagine annuale del centro studi del sindacato. In ogni caso oltre il 75% dei medici dimostra un atteggiamento positivo verso i nuovi scenari."Più integrazione lavorativa tra i medici più anziani e quelli più giovani, dove i primi possano trasferire la loro esperienza e svolgere una funzione di tutoraggio sugli altri". L'INDAGINE
09 OTT - “Più della metà dei medici di medicina generale (il 54,5%) attribuisce al fenomeno dell’invecchiamento della categoria una valenza negativa ai fini della riorganizzazione delle cure primarie, in particolare i più giovani tra cui emerge una diffusa consapevolezza sul fatto che con l’avanzare dell’età i professionisti possano dimostrare una maggiore resistenza ai cambiamenti e a “mettersi in discussione”". Sono questi alcuni dei risultati della ricerca annuale del Centro studi nazionale della FIMMG “
Anche i medici invecchiano. Problemi emergenti e sfide per i medici di medicina generale” presentata in occasione del 71° Congresso nazionale FIMMG-Metis in corso in Sardegna. L’indagine è stata realizzata a maggio, attraverso un questionario, su un campione rappresentativo di oltre mille mmg
“Il tema dell’invecchiamento della categoria dei medici di medicina generale (sono pochi i medici di famiglia under 45) è particolarmente rilevante – si legge in una nota Fimmg - in un momento in cui si delineano nuovi scenari organizzativi legati ai cambiamenti tecnologici, sistemici e socioeconomici in atto”.
Tuttavia, nonostante il fattore età, l’indagine rileva come “oltre il 75% dei medici dimostra un atteggiamento positivo verso il cambiamento: un 35% afferma di confidare, per affrontarlo, nell’elevato interesse verso la professione, un 27% nei nuovi stimoli e motivi di impegno nelle nuove modalità di lavoro, un altro 14,8% conferma che un rinnovamento era assolutamente necessario”. Un ampio consenso viene registrato rispetto a programmi di integrazione lavorativa tra i medici più anziani e quelli più giovani, dove i primi possano trasferire la loro esperienza e svolgere una funzione di tutoraggio sugli altri.
L’ipotesi di disporre di soluzioni lavorative flessibili che favoriscano un accesso anticipato a parziali prestazioni pensionistiche e un più rapido inserimento di forze giovani nella professione viene giudicata “appropriata per risolvere il problema” dal 68% del campione (soprattutto medici anziani, donne, del nordest), anche se solo il 34,3% pensa che possa essere realizzata (forse perché l’intervento è causa di modifica del proprio status). Mentre il 29,3% afferma di voler continuare ad esercitare la professione anche dopo il pensionamento. E l’attuale limite di età pensionabile è giudicato adeguato dal 37% del campione; il 41,4% lo giudica poco o per niente adeguato.
Il 70,6% del campione dice di essere stato in grado di acquisire “molto” nel corso della propria vita professionale per quanto riguarda nuove capacità e competenze e di saperle efficacemente utilizzare. 9 mmg su 10 pensano che lo studio continuo sia un dovere professionale prima che un obbligo.
“L’indagine evidenzia come i medici percepiscano le spinte per aggiornare capacità e competenze, trainati su questo dalla parte più giovane della categoria – spiega il responsabile del Centro Studi della FIMMG,
Paolo Misericordia – i mmg si rendono disponibili ad affrontare un cambiamento partecipato nella sua definizione, anche se talmente articolato da incidere sugli aspetti identitari della professione. Ritengono che le maggiori risorse dovrebbero essere indirizzate su specifici aspetti organizzativi”.
09 ottobre 2015
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