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Medici in piazza a Roma contro l’H16. “No allo smantellamento della guardia medica, atto di indirizzo venga ritirato”

di Gennaro Barbieri

Sit in oggi a Montecitorio, promosso dallo Smi assieme a Cgil, Cisl, Uil e Simet. In piazza anche Federcomsumatori, alcuni sindaci e parlamentari di opposizione. Nel mirino il nuovo modello di assistenza incentrato sulle 16 ore. Denunciato il rischio di estinzione per la guardia medica e una decurtazione del 30% delle retribuzioni di molti camici bianchi. Ma sulla questione i medici sono spaccati e la Fimmg dice sì all'H16

11 MAG - “Renzi giù la mano dall’assistenza notturna”, circa 200 medici hanno lanciato un duro messaggio nei confronti del premier, durante un sit in promosso davanti Montecitorio. Nel mirino dei manifestanti il nuovo Atto di indirizzo approvato dal Comitato di settore per il rinnovo dell’accordo collettivo nazionale dei medici di medicina generale e della pediatria. La protesta è stata organizzata dallo Smi assieme a Cgil, Cisl, Uil e Simet che si scagliano contro il nuovo modello di assistenza incentrato sulle 16 ore, con la notte interamente di competenza del 118. Il rischio denunciato è che si materializzi la chiusura di tutte le postazioni di guardia medica.

In piazza anche Federconsumatori che segnala: “Non ha senso procedere alla demolizione delle strutture che garantiscono, a livello territoriale, la continuità dei servizi di assistenza e di emergenza/urgenza. I cittadini rischierebbero di essere lasciati a sé stessi. I malati e i soggetti più deboli sarebbero abbandonati e, di fatto, privati dei diritti e dei servizi finora garantiti dalla sanità pubblica sanciti dalla Costituzione”.
 
I camici bianchi confluiti a Montecitorio sono circa 200 e, rinuiti intorno a un gazebo, intonano anche qualche coro di scherno verso la Fimmg, il sindacato maggioritario della medicina generale che ha espresso invece consenso verso il nuovo impianto (vedi in proposito intervista alla leader Fimmg della Continuità assistenziale Tommasina Maio), non risparmiano i fischietti ed espongono striscioni che chiedono il ritiro del nuovo atto di indirizzo.

“Siamo contenti del livello di partecipazione registrato in quanto è arrivata gente da tutta Italia – commenta Pina Onotri, segretario generale dello Smi – Stiamo manifestando per tutelare 7mila posti di lavoro, erogatori di 28 milioni di ore annue, che rappresentano i contratti dei colleghi di continuità assistenziale a tempo determinato e lottiamo per difendere i Livelli essenziali di assistenza che dipendono proprio da questi lavoratori, in particolare per quanto riguarda gli anziani e le fasce più deboli che, di notte, non potranno più accedere all’assistenza da mezzanotte alle otto”.
 
Tra i gruppi che popolano la piazza si distingue qualche fascia tricolore, indossata da alcuni sindaci giunti in supporto dei camici bianchi. “Ci posizioniamo al fianco del Sindacato dei medici italiani in quanto la condizione in cui versa l’assistenza sul territorio sta subendo dei gravi danni – sottolinea Francesco Baldelli, primo cittadino di Pergola (Pesaro-Urbino) – Tutto ciò a causa di politiche nazionali dissennate che poi vengono declinate a livello regionale. Registriamo un impoverimento complessivo che sta distruggendo la sanità pubblica per lasciare spazio al privato e a tutti gli interessi che gli ruotano intorno, con le conseguenti possibilità per le correnti politiche di insinuarsi in questi finanziamenti”.

Ma la spina dorsale della mobilitazione è costituita da medici. Elena, Giancarmine e Anna Maria, rispettivamente 46,55 e 50 anni si sono messi in viaggio da Caserta per raggiungere gli altri manifestanti. “Percepivamo retribuzioni che ci consentivano di vivere con dignità, nulla di più – raccontano – Se l’atto di indirizzo venisse approvato, le nostre paghe si decurterebbero del 30% e ci troveremmo in una situazione drammatica. Non abbiamo idea di come saremo inquadrati e impiegati, manca una proposta di progetto organico. Purtroppo sia tra i nostri colleghi che tra gli assistiti rileviamo scarsa consapevolezza dei danni enormi cui sta andando incontro tutto il sistema”.

Mentre si alternano i vari interventi, quasi tutti applauditi intensamente, c’è spazio anche per qualche parlamentare di opposizione. “Sono passata qui per caso – garantisce Giulia Grillo, deputato in Affari Sociali del M5S – Stanno smantellando, pezzo dopo pezzo, la sanità pubblica mediante un processo che esclude totalmente il Parlamento dalla programmazione sanitaria, tutta demandata alla Conferenza delle Regioni – Ci sarebbero invece spazi e ampi margini per ottenere consistente efficientamento, ma si preferisce abbandonare i Lea nelle stanze del Mef”.
 
Per Rocco Palese (Conservatori e Riformisti), vicepresidente della Commissione Bilancio alla Camera, “siamo dinanzi a una follia mai sentita, che rischia di lasciare senza assistenza e prestazioni ampie fette della popolazione. Dobbiamo rigettare al mittente questa impostazione e tutelare la sanità di natura pubblica: si tratta di una battaglia per i cittadini”.

Quella odierna si configura, quindi, come la prima tappa di una mobilitazione a più ampio respiro. “Ci auguriamo che l’atto di indirizzo sia soltanto il frutto di un errore di valutazione e che venga corretto al più presto – evidenzia Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici – In caso contrario proseguiremo nella protesta. E’ inaccettabile il tentativo di ridurre l’assistenza notturna ai cittadini che potrebbero soltanto chiamare il 118 oppure recarsi al Pronto soccorso, ingolfandolo ulteriormente. Le ambulanze sarebbero quindi impegnate per patologie minori, incrementando così gli accessi impropri. Intanto stiamo dando un segnale davanti il Parlamento, dato che tutto il mondo politico per anni ha sbandierato la necessità di un maggiore potenziamento del territorio con il medico di famiglia 7 giorni su 7 h24. Ora, invece, si procede nella direzione opposta. Occorre quindi un ripensamento”. In caso contrario oggi sarebbe soltanto il primo capitolo di una battaglia destinata a inasprirsi.
 
Gennaro Barbieri

11 maggio 2016
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