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Università. “Fermiamo emorragia ricercatori. Personale universitario diminuito del 20% in 5 anni. Occorre un piano straordinario di reclutamento”. Intervista a Giuseppe Novelli (Tor Vergata)

di Gennaro Barbieri

L'allarme del rettore dell'ateneo romano: “Continuando lungo questa strada, non ci sarà più capitale umano per adempiere alla fondamentale ‘terza missione”. Ma, allo stesso tempo, chiede di “volgere maggiormente lo sguardo verso il mondo dell'impresa, in quanto i ricercatori non possono essere assorbiti soltanto dal Cnr e dalle università”.

16 GIU - Le sfide del futuro per gli atenei universitari e per le nuove generazioni, sempre più immerse in un universo del lavoro complesso e multiforme, sono impegnative e avvincenti. Lo strumento migliore per misurarsi con questo scenario è puntare con decisione sul concetto di innovazione, investendo più corposamente sul capitale umano. Ne è convinto Giuseppe Novelli, rettore dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, che ha ospitato ieri un convegno promosso insieme al Cnr, incentrato proprio su questi temi.
 
‘Terza Missione e Trasferimento Tecnologico: il ruolo del Cnr e dell’Università’. Con che spirito l’Università di Tor Vergata ha ospitato questo convegno?
L’evento, che ha raccolto circa 220 persone, ha registrato in primis un’importante novità: per la prima volta il presidente del Cnr, Massimo Inguscio, si è presentato alla comunità accademica laziale. L’area di Tor Vergata è molto vicina alla scienza come dimostra la presenza, proprio all’interno del campus, di un’unità operativa del Cnr, dell’Agenzia spaziale e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Frascati che comunque afferisce al nostro territorio. E’ in sostanza attivo un ecosistema scientifico profondamente indirizzato verso l’applicazione e quindi verso il trasferimento tecnologico.

In questo quadro, qual è la mission principale dell’università?
L’università sviluppa capacità e non nozioni: l’ottica è quella di costruire lauree professionalizzanti, cioè occorre formare individui che siano operativi. In particolare questo approccio riguarda pienamente le professioni sanitarie e la laurea in Medicina e Chirurgia le cui facoltà, a partire dai protocolli con la Regione, svolgono un lavoro straordinario di supporto al settore sanitario mediante i policlinici su tra aspetti cruciali: didattica, ricerca e assistenza.

E per quanto riguarda il supporto operativo all’iniziativa imprenditoriale delle nuove generazioni?
Bisogna evidenziare la funzione nodale delle start up biomedicali che nel Lazio sono tantissime grazie al meccanismo dello spin off. Le università forniscono, infatti, proprio tramite questa dinamica, molteplici e variegate attività tecnologiche agli ospedali che si traducono in termini di veri e propri servizi come screening e analisi sofisticate per esempio legate al genoma, all’anatomia patologica e alle banche di tessuti e di gameti. Da questo punto di vista viene messo a disposizione un patrimonio enorme di investimenti e competenze, indispensabili per sviluppare poi vaccini e farmaci innovativi. Per esempio uno spin off di Tor Vergata ha creato un nuovo prodotto all’avanguardia per combattere il Morbo di Crohn.

Esiste, invece, un legame con l’imprenditoria più avanzata?
Un aspetto di rilievo è legato all’interazione tra industria e università. In questo senso Confindustria vuole considerare i dottori di ricerca come soggetti a elevatissima professionalità da assorbire all’interno del tessuto imprenditoriale, poiché si tratta di personale altamente qualificato. L’idea di fondo è quella di inserire nelle industrie i dottorandi, quando ancora non hanno conseguito il titolo, tramite degli stage formativi. Perché la fase importante non è solo e soltanto quella dello studio: queste persone oggi si indirizzano quasi esclusivamente verso l’università e il Cnr che in realtà assumono ogni anno soltanto 700 dottori di ricerca rispetto ai 10mila complessivi. Occorre volgere lo sguardo anche verso il mondo dell’impresa.

Quali gli elementi su cui puntare per una valorizzazione complessiva del sistema?
Nel complesso serve una maggiore autonomia degli atenei e c’è bisogno di maggiori e migliori strumenti. Basti pensare che il personale universitario è diminuito del 20% negli ultimi 5 anni e, continuando lungo questa strada, non ci sarà più capitale umano per adempiere alla fondamentale ‘terza missione’. E’ quindi imprescindibile un piano straordinario di reclutamento dei giovani che sono preparati a un livello elevatissimo. Perché investire nell’università è redditizio e non rappresenta una mera spesa: di ciò bisogna convincere, allo stesso tempo, sia la politica che le famiglie. Anche in sanità, infatti, per affrontare la crisi che ormai ci attanaglia da tanti anni lo strumenti principale risiede nell’innovazione.
 
Gennaro Barbieri

16 giugno 2016
© Riproduzione riservata

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