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Riabilitazione. Boldrini (Simfer): “Anche per l'Oms è considerata un fattore chiave per i servizi sanitari del 21° secolo”

di Paolo Boldrini

L'Organizzazione mondiale della sanità sostiene che vanno garantite alla riabilitazione risorse adeguate e la sua piena collocazione tra i fattori di base dei sistemi di tutela della salute. In Italia, se da una parte i nuovi Lea sembrano aprire alcune interessanti prospettive per il settore, non si può evitare la preoccupazione per la fase attuativa, collegata ai provvedimenti tariffari che condizioneranno l’entità di risorse disponibili

14 APR - Il 74% degli anni di vita persi per disabilità (YLDs) nel mondo è attribuibile a malattie e condizioni che possono trarre beneficio dalla riabilitazione, secondo il “Global Burden of Disease Study“ relativo al 2015. Questo solo dato è sufficiente a giustificare l’importanza cruciale dei servizi riabilitativi nel dare risposta adeguata al bisogno di salute in tutto il mondo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta sostenendo con determinazione questo tema, ed ha recentemente proposto una visione della riabilitazione che può cambiare profondamente il modo con cui essa si colloca nei sistemi sanitari.
 
La Riabilitazione non è più vista “solo” come risposta ai bisogni delle persone con disabilità, che pure resta uno dei pilastri essenziali della sua azione, ma anche come efficace strumento di intervento strategico in tutte le condizioni di salute con compromissione, anche temporanea, del “funzionamento”.
 
Questa visione è stata illustrata nell’evento REHABILITATION 2030: A CALL FOR ACTION., tenutosi il 6-7 febbraio presso la sede dell’OMS, a Ginevra. Tema portante è stato lo sviluppo di azioni e strategie a livello mondiale per lo sviluppo della Riabilitazione, definita come una priorità del 21° secolo per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Il panel dei partecipanti era rappresentativo di tutte le realtà, istituzioni, attività e professionalità coinvolte nelle attività riabilitative, con delegati di tutti continenti.
 
Il documento finale propone una definizione di riabilitazione come “un insieme di interventi concepiti per ottimizzare il funzionamento e ridurre la disabilità” in persone che presentano diverse “condizioni di salute”, riferibili a malattie acute o croniche, disordini, lesioni o traumi. In queste “condizioni di salute” vengono ricomprese non solo le patologie disabilitanti che rientrano tradizionalmente nell’ambito della riabilitazione, ma anche situazioni non patologiche che limitano, anche temporaneamente, il funzionamento, quali ad esempio la gravidanza, l’invecchiamento fisiologico, lo stress.

Questo ampliamento dell’ambito di intervento della riabilitazione apre la prospettiva di una sua piena e definitiva collocazione nel contesto dei servizi sanitari, riconoscendone un ruolo di elemento fondante dei sistemi di salute, non solo come componente del sistema di welfare indirizzato alle fasce di popolazione che presentano disabilità.

Tale aspetto può apparire non particolarmente innovativo in un paese come il nostro, in cui il settore della riabilitazione è effettivamente da tempo riconosciuto come parte integrante dei livelli essenziali di assistenza sanitaria.

Tuttavia, non si può negare che nell’ambito del sistema persiste ancora spesso una visione - per così dire - “complementare” della riabilitazione, come insieme di servizi che contribuiscono in modo relativamente marginale al livello complessivo di salute e benessere della popolazione.

L’OMS adotta una prospettiva esattamente contraria: non c’è buona salute pubblica senza una buona riabilitazione, anche quando gli altri elementi del sistema dovessero funzionare in modo ottimale. Il documento sottolinea inoltre che i benefici della riabilitazione superano i confini del settore sanitario, e che essa contribuisce a recuperare risorse, riducendo i costi dell’assistenza e favorendo l’accesso all’istruzione e al lavoro retribuito.
 
Non si può evitare di mettere a confronto questa visione con l’attuale scenario della sanità italiana, specie in una fase di profondo mutamento organizzativo ed in un contesto socio economico delicato e difficile. Infatti, se da un lato il recente DPCM sui Livelli Essenziali di Assistenza sembra aprire alcune interessanti prospettive di sviluppo per il settore, non si può evitare la preoccupazione per la fase attuativa, collegata ai provvedimenti tariffari che condizioneranno l’entità di risorse disponibili. Ad esempio, il tanto decantato- e sacrosanto – potenziamento dell’assistenza territoriale, che è un fattore fondamentale per la continuità dei percorsi di cura riabilitativi, dovrebbe poter contare su una sua adeguata valorizzazione.

Solo in questo modo si può favorire la precoce de-ospedalizzazione e un efficace e sicuro reinserimento delle persone con problematiche disabilitanti. Purtroppo, e tanto per fare un esempio, le recenti proposte di revisione tariffaria della specialistica ambulatoriale non sembrano cogliere questo aspetto. I criteri di valorizzazione proposti appaiono infatti essenzialmente orientati a un generale contenimento del settore, in alcuni casi prevedendo una valorizzazione addirittura inferiore a quella prevista finora. E’ necessaria una correzione di rotta, prevedendo nell’immediato alcune modifiche già poste all’attenzione del programmatore, per porre rimedio ad una valorizzazione complessivamente inadeguata.

Ancor più importante però è lo sviluppo di una prospettiva di medio e lungo termine, che partendo da una quota di risorse ragionevolmente adeguata ai bisogni, ne preveda un percorso coerente di riallocazione, per favorire una logica “di percorso” piuttosto che di erogazione di singole prestazioni, come da tempo la nostra Società scientifica sostiene. In questo senso, è auspicabile che la Commissione Permanente per il Monitoraggio dell’attuazione dei LEA possa svolgere un ruolo effettivo di interlocuzione e recepimento delle istanze delle comunità professionali.

Paolo Boldrini
Presidente SIMFER


14 aprile 2017
© Riproduzione riservata

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