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Ddl Lorenzin. “Osteopati non chiedono sconti, ma il nostro riconoscimento non può essere rimandato”. Intervista alla presidente del Roi


La presidente del Registro Osteopati Italiani Paola Sciomachen esprime “preoccupazione” per la frenata che la commissione Affari Sociali ha imposto al testo approvato dal Senato. Ma per Sciomachen non si può continuare ad ignorare che “la nostra professione esiste da anni, è sempre più radicata e scelta dal cittadino come sistema di cura, e lo stesso ministero l’ha già da tempo definita di tipo sanitario”.

03 AGO - Per il destino del Ddl Lorenzin, che comprende anche la riforma degli Ordini professionali e, nel testo approvato dal Senato in prima lettura anche il riconoscimento come professioni sanitarie di osteopati e chiropratici, è tutto rimandato a settembre. 
 
Ed è proprio su questo che il ddl ha trovato le maggiori difficoltà alla Camera, colmate con lo slittamento a settembre del proseguimento dell'esame in seno alla Commissione Affari Sociali. Un possibile punto di mediazione tra il testo del Senato e la posizione di chi vorrebbe lo stralcio totale di quel passaggio era quello di proseguire verso il riconoscimento per osteopati e chiropratici ma senza il ricorso a sanatorie. Ma, ad oggi, maggioranza e Ministero della Salute non sono ancora riusciti a trovare un'intesa che possa essere considerata da tutti soddisfacente.
 
Le ulteriori modifiche che verranno approvate in Commissione Affari Sociali dovrebbero essere concordate con la Commissione Sanità del Senato. Solo in questo modo, e con una possibile approvazione del Ddl ad ottobre da parte dell'Aula di Montecitorio, ci sarebbero i tempi per un agevole e rapido passaggio a Palazzo Madama. Altrimenti, considerato l'impegno nei prossimi mesi del Parlamento per la futura legge di Bilancio, potrebbero non esserci i tempi tecnici per un ulteriore rinvio del testo tra le Camere alla luce - a quel punto - dell'imminente fine della legislatura.

Uno scenario che preoccupa Paola Sciomachen, presidente del Roi, che in questa intervista ci spiega perché il riconoscimento degli osteopati come professionisti sanitari non può più essere rimandato e ci spiega perché le condizioni per procedere con l’approvazione dell’articolo 4 del Ddl ci sono tutte.

Presidente Sciomachen, che clima scorge nel dibattito parlamentare in merito al riconoscimento della professione di osteopata come professione sanitaria?
Siamo molto preoccupati dell’eventualità che questi tre anni di lavoro sul Ddl vengano vanificati, lasciando irrisolto un problema sempre più emergente. Vale la pena ricordare che la questione del nostro riconoscimento è nata alcuni anni fa quando il Ministro Lorenzin ha fatto propria l’esigenza di regolamentare l ‘osteopatia, che esiste da anni, è sempre più radicata e scelta come sistema di cura. Una professione che lo stesso ministero aveva già identificato come sanitaria. È evidente, dunque, l’importanza di intervenire, anzitutto a garanzia del cittadino e della qualità delle prestazioni che riceve.
Purtroppo il lavoro del Senato, che è stato molto intenso e ha portato, a larga maggioranza e in condivisione con il ministero della Salute, all’approvazione dell’art. 4 del provvedimento, ha subìto una preoccupante battuta di arresto in commissione Affari Sociali della Camera.

Quali ritiene che siano i motivi di queste resistenze?
Credo che molti ritengano che istituire la professione di osteopata attraverso il Ddl sia un modo per scavalcare le normali procedure in materia di requisiti formativi e ambiti di attività, ma non è così, perché l’articolo approvato in Senato rimanda alla legge 43/2006 che disciplina questi aspetti. Agli osteopati, quindi, non è stata offerta alcuna scorciatoia e non sono stati fatti sconti.
La questione, poi, ha da sempre incontrato l’opposizione dei fisioterapisti, professione molto rappresentata all’interno della commissione. Non voglio dire che sia in atto una battaglia di tipo corporativo, ma questo potrebbe ostacolare la capacità a guardare oltre gli interessi della singola professione per arrivare a ciò che è più giusto per i cittadini.
Non è questo il tema, non vogliamo contrapporci a nessuno, chiediamo solo che sia riconosciuta quella che è già, a tutti gli effetti, una professione diffusa e ben accolta dai cittadini.

L’ipotesi di sanatorie è stata assolutamente esclusa. Quale potrebbe essere, secondo lei, la giusta soluzione per il riconoscimento dei professionisti che già esercitano la professione di osteopata?
Una valutazione dei titoli e dei percorsi formativi, prevedendo la possibilità di seguire ulteriori corsi di formazione allo scopo di integrare eventuali carenze rispetto ai requisiti da stabilire.
In questo ambito, mi preme evidenziare che il Roi sta svolgendo un importante lavoro per uniformare la formazione agli standard europei previsti dalla norma CEN.
Stiamo completando il documento che traduce le competenze specifiche del professionista osteopata previste a livello europeo con i requisiti di accesso alle professioni sanitarie in Italia. Un documento che può rappresentare una base di confronto per stabilire criteri e requisiti di accesso alla professione di osteopata.

Chiederete audizioni per presentare le vostre proposte?
Le presenteremo sicuramente al ministero della Salute. Stiamo lavorando per essere pronti per un confronto serio subito dopo la pausa estiva.
 
Lucia Conti

03 agosto 2017
© Riproduzione riservata

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