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Medici stranieri. 500mila esercitano in Europa. Amsi, Umem, Uniti per Unire lanciano il Manifesto “Sanità e multiculturalismo”


Aumentate del 35 per cento le richieste di medici italiani di recarsi all'estero, e del 50 quelle, di altri Paesi, di medici italiani e stranieri per lavorare da loro. Secondo le statistiche dell’Umem ci sono più di 500 mila medici di origine straniera che esercitano in Europa

14 NOV - “Sanità e multiculturalismo": questo il tema del Manifesto programmatico che Amsi - Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (operante da 16 anni ella difesa dei diritti dei circa 18.500 camici bianchi d’origine estera operanti nella penisola, e nella promozione di servizi sanitari, soprattutto ambulatori attivi sul territorio, per la salute di immigrati e cittadini italiani, e nello scambio internazionale d’esperienze in campo sanitario), ha promosso insieme alla Confederazione Internazionale Unione Medica Euro Mediterranea (Umem), al Movimento internazionale “Uniti per Unire”, “Emergenza Sorrisi” Onlus, e a una rete di ong, comunità e associazioni varie.
 
Il Manifesto viene arricchito giorno dopo giorno con proposte di attualità  (sollevate in base alle esperienze professionali fatte in vari Paesi, e secondo le diverse culture, religioni e specializzazioni). Che, nell’era della globalizzazione, evidenziano, da un lato, quella che ormai è la dimensione internazionale della medicina; dall’altro, il legame tra Sanità e conoscenza culturale e religiosa.

I punti qualificanti del Manifesto
Il diritto alla salute universale: i servizi sanitari devono essere assicurati a tutti (italiani e non) indipendentemente dalle possibilità economiche della persona, dallo status amministrativo del paziente (con o senza permesso di soggiorno) e dall’età (tutti i minori indistintamente devono poter essere seguiti da un pediatra). Sì all’istruzione obbligatoria: è importante assicurarsi che tutti i minori immigrati vadano a scuola con regolarità, senza distinzione di sesso ed età, e sì ad una maggiore prevenzione nelle scuole, contro l’insorgere di crisi ansiose e depressive dovute a discriminazioni e disagi sociali. No alle cure “fai da te” e  alle abitudini che, senza alcuna ragione di salute, danneggiano o mortificano il corpo, come l’infibulazione genitali femminili. Sì alla circoncisione  in strutture sanitarie pubbliche e private autorizzate per non finire negli ambulatori clandestini. Sì a una maggiore cooperazione internazionale , per assicurare prevenzione e cura nei Paesi in via di sviluppo: ma anche  ad una legge europea sull’immigrazione, per garantire una vera  politica sovranazionale europea per la gestione dei flussi migratori. Si’ a un’adeguata programmazione dell’ingresso in Italia dei professionisti della sanità d’origine straniera, in base alle esigenze del mondo del lavoro, e mediante precisi accordi con gli altri Paesi.

Venendo ai problemi più strettamente pratici e deontologici delle professioni sanitarie, il Manifesto sottolinea l’importanza dell’aggiornamento professionale per tutti gli operatori della sanità: su salute globale, patologie emergenti, impiego dei mediatori interculturali (dei quali occorre senz’altro creare un albo nazionale)  nel rapporto medico-paziente, rispettando quel filo comune esistente tra medicina, cultura e religione; il tutto con erogazione di crediti Ecm. Per combattere adeguatamente disoccupazione, sottoccupazione e precariato nella medicina, e la “fuga dei cervelli” all’estero, si propone anzitutto un censimento preciso delle professioni sanitarie in Italia, e la creazione d’una rete di sportelli (come quella già esistente, di Amsi, Umem e U. x U.) che permetta un miglior incontro tra domanda e offerta di professioni sanitarie.

Secondo le statistiche dell’Umem ci sono più di 500 mila medici di origine straniera che esercitano in Europa. Infine, mentre si ribadisce che ogni medico ha diritto a un equo compenso, da fissare con dei minimi tariffari, si pensa a un miglior rapporto degli Ordini dei Medici col territorio : sviluppando anche i servizi “online” e ogni canale utile a potenziare i rapporti medici-cittadinanza, e potenziando i corsi d’aggiornamento professionale. No, in ultimo, alla “medicina difensiva” : è importante contrastare l’eccesso di analisi prescritte dai medici per evitare denunce o cause legali da parte dei pazienti (fenomeno che oggi costa annualmente 120 milioni di euro, tra spese legali e per esami clinici spesso inutili), creando un nuovo clima di fiducia, in prospettiva una vera “alleanza per la salute”, tra medici e pazienti.

“Diamo il nostro contributo alla Sanità italiana e a quella multiculturale con un Manifesto che speriamo possa migliorare il Sistema Sanitario Nazionale, dando concreti spunti di cooperazione e risultando utile anche ad altri Ordini professionali - dichiara il Foad Aodi, medico fisiatra, Presidente e fondatore di Amsi e Umem, appellandosi al Governo italiano e agli albi  professionali  -. E affermare, nelle scelte di tutti i giorni, il legame sanità-multiculturalismo rappresenta, diremmo, lo strumento migliore per abbattere, da un lato, i muri della paura; e contrastare, dall’altro, chiusura e isolamento di certe comunità e di alcuni cittadini immigrati.I l confronto e il dialogo multiculturale e multidisciplinare, da sempre scelte distintive di Amsi, Uniti per Unire e Umem, e lo sviluppo di tutti i canali moderni d’ aggiornamento (telemedicina, gemellaggi, stages, ecc.), arricchiscono i contenuti scientifici, e propongono un modello di collaborazione veramente innovativo. Oltre  a combattere il mercato degli esseri umani, e i casi di  violenza contro donne e bambini durante i viaggi della speranza che affrontano gli immigrati”.

14 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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