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Responsabilità medica. Cassazione ribadisce importanza del riferimento alle linee guida e condanna due medici


Due medici erano stati accusati di aver provocato la morte di un paziente, omettendo di somministrare la terapia eparinica indicata dalle linee guida. Gli imputati si erano appellati al principio della "colpa lieve" della Balduzi ma per la Cassazione ciò può valere solo se comunque ci si è atenuti alle linee guida. LA SENTENZA.

10 LUG - L’articolo 3, comma 1, della legge Balduzzi è più favorevole dell’articolo 590-sexies del codice penale introdotto con la legge Gelli.

La Cassazione (sezioni riunite) lo aveva già affermato con la sentenza numero 8770/2018 e ora la quarta sezione penale torna sull’argomento, ribadendolo con la sentenza 29133/2018. E questo ha valore sia se la condotta del medico è caratterizzata da colpa lieve per negligenza o imprudenza, sia se c’è un errore determinato da colpa lieve che deriva da imperizia, intervenuto nella scelta delle linee guida.

Il fatto
Due medici erano stati accusati di aver provocato la morte di un paziente, omettendo di somministrare a questo, vittima di un incidente stradale e affidato alle loro cure ospedaliere, la terapia eparinica indicata dalle linee guida, che prevedono per i pazienti con periodo di allettamento superiore a tre giorni e per chi  abbia età superiore ai 40 anni o si trovi in situazione di sovrappeso corporeo, la terapia antitrombotica. Per questo si era determinato un trombo nelle vene dell'arto inferiore destro, con conseguente arresto cardiaco respiratorio, secondario ad tromboembolia acuta massiva  a  cui è seguito il decesso.

La sentenza
Le sentenze di primo grado e di appello nel caso specifico hanno ritenuto  la condotta colposa degli imputati in base alla ricostruzione e all'analisi del perito nominato dal giudice per le indagini preliminari, ritenuto esperto ematologo, secondo il quale, in base alle linee-guida, il paziente presentava un indice di rischio di tromboembolia pari almeno a 4, poiché anziano (71 anni) e in situazione di ipomobilità, punteggio che avrebbe dovuto indurre i medici a somministrare la profilassi eparinica.

La profilassi, secondo il perito, avrebbe con altissima probabilità bloccato l'embolia polmonare, quantomeno nella sua entità.
Secondo la Cassazione la Corte d'Appello non ha evitato di confrontarsi con le censure avanzate dagli imputati, ma le ha semplicemente confutate “avendo riguardo alle emergenze processuali. Così ha fatto anche in relazione alle sollecitazioni provenienti dai consulenti di parte, riprodotte in sede di appello, certamente condividendo il ragionamento del primo giudice, ma aggiungendovi … che i consulenti di parte, secondo i quali la terapia eparinica presentava un rischio di emorragia sostanzialmente coincidente con la riduzione del rischio di tromboembolia, avevano omesso l'indicazlone di linee guida contrarie. Sicché lo studio scientifico del 2007, cui essi facevano riferimento, era privo della necessaria validazione scientifica, neppure citata dai consulenti, indispensabile per assumerne gli esiti in giudizio”.
 
Secondo la Cassazione va condiviso il  giudizio della Corte territoriale che esclude l'applicabilità della disposizione dell'art. 3 del Dl 158/2012 convertito dalla legge 189/2012.



“E' pur vero – si legge nella sentenza -  come sostiene il ricorrente, che secondo l'orientamento maturato in sede di legittimità, in sede di vigenza del c.d. decreto Balduzzi: ‘la limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa lieve, prevista dall'art. 3, comma primo, legge 8 novembre 2012, n.189, opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversi dall'Imperizia.

“Nondimeno – prosegue - il presupposto applicativo è la conformità della condotta alle linee guida, ove esistenti, ed alle buone pratiche, pacificamente mancata nel caso di specie, non avendo i sanitari neppure correttamente approfondito la valutazione dello score di rischio, come accertato con sentenza doppia conforme di merito. Il che consente di affermare la sussistenza di una colpa grave dei medici, rilevante non solo ai sensi del Dl 158/2012, ma anche rispetto ai criteri generati regolanti la colpa medico-professionale prima dell'entrata in vigore della legge disciplinante in modo specifico la colpa medica”.

“Né – chiarisce la Cassazione - può porsi la questione della valutazione della disciplina penale più favorevole in conseguenza dell'entrata in vigore della legge 24/2017, posto il recente insegnamento delle Sezioni Unite secondo cui ‘In tema di responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, l'abrogato art. 3 comma 1, del Dl n. 158 del 2012, si configura come norma più favorevole rispetto all'art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge n. 24 del 2017, sia in relazione alle condotte connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza, sia in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia intervenuto nella fase della scelta delle linee-guida adeguate al caso concreto’.”

Per questo la Cassazione ha respinto i ricorsi e condannato i medici al pagamento delle spese processuali.

La Cassazione in sostanza ha stabilito l'applicabilità al caso del decreto Balduzzi e ha confermato l'impossibilità di concedere la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'articolo 3, comma 1 della stessa legge.

Il suo presupposto applicativo sarebbe stato però la conformità della condotta del medico alle linee guida e alle buone pratiche che invece è mancata.
Quindi “colpa grave” per i medici sia in base alla legge Balduzzi, ma anche rispetto ai criteri generali che regolano la colpa medico-professionale prima dell'entrata in vigore della legge Gelli.

10 luglio 2018
© Riproduzione riservata

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