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Il rischio professionale per i lavoratori autonomi in sanità

di Domenico Della Porta

Il ricorso a contratti di lavoro autonomo, per sopperire al problema della carenza di personale sanitario, è previsto al punto 5 del documento della Conferenza delle Regioni. Questi lavoratori autonomi, però, potrebbero non essere obbligati a redigere il documento di valutazione dei rischi, atteso che tale obbligo incombe unicamente in capo a chi riveste la qualifica di datore di lavoro. Eppure si tratta di lavoratori elevato rischio di contrarre malattie professionali o di andare incontro ad infortunio.

28 SET - Di fronte all’ipotesi di stipulare dei contratti di lavoro autonomo per le specialità di area sanitaria riservate ai medici, prevista al punto 5 del documento della Conferenza delle Regioni di qualche giorno fa sulle proposte riguardanti la carenza di medici specialisti e la valorizzazione delle professioni sanitarie non dirigenziali, sussistono perplessità e preoccupazioni soprattutto per quanto riguarda il mantenimento di adeguati standard per la tutela e la salute durante l’attività lavorativa di questi professionisti.
 
Lo svolgimento di “funzioni ordinarie”, come è scritto nel documento della CSR, per questi operatori, infatti, non fa venir meno l’applicazione puntuale della normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul lavoro in un ambiente di lavoro, come quello del comparto sanitario, in cui sono presenti non solo tutti i tipi di rischio, ma anche forti responsabilità professionali per i medici, che, in quanto lavoratori autonomi, saranno costretti ad accendere nei loro confronti, specifiche polizze assicurative.
 
La diffusione numerica dei Lavoratori Autonomi nei vari settori produttivi è sempre più in aumento e con l’ipotesi della Stato-Regioni, ha precisato Maria Luisa Gnecchi, responsabile nazionale Welfare del PD, investirà anche la sanità pubblica. Il numero degli infortuni sul lavoro di questa categoria di occupati è elevato è ciò merita particolare attenzione sia in termini di danno, che di costi sociali ed economici. I Lavoratori Autonomi sono esposti a rischi per la propria salute e sicurezza al pari o in misura maggiore rispetto ai lavoratori dipendenti. Interfacciandosi ed interagendo con altre persone, i Lavoratori Autonomi possono incidere, e anche compromettere, la loro salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, aggiunge Gnecchi. Anche per noi le soluzioni proposte nel documento della CSR non sono soddisfacenti, anche per questi motivi evidentemente oggettivi, ha sottolineato Enzo Maraio, segretario nazionale del Partito Socialista Italiano. Auspichiamo un tempestivo intervento tecnico del Ministro della Salute Roberto Speranza.
 
Ma quando un lavoratore si definisce autonomo? La definizione di lavoratore autonomo è data dall’articolo 89 comma 1 lettera d) del D. Lgs 81/2008 che definisce tale “la persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione”, pertanto quest’ultimo deve poter esercitare la propria professione in piena autonomia, disponendo personalmente di macchine ed attrezzature idonee al lavoro. Nelle visure camerali rilasciate dalle Camere di Commercio non compare l’indicazione di lavoratore autonomo, ma di impresa individuale, che può avere o meno dipendenti. L’autonomia lavorativa coincide pertanto con l’assunzione di un incarico e la capacità di portarlo a termine, autonomamente, con le proprie forze ed attrezzature.
 
Tale definizione giuridica può venire meno qualora più lavoratori autonomi, anziché collaborare alla realizzazione di un’opera senza vincolo di subordinazione, in realtà agiscono quali prestatori d’opera; tipicamente questa condizione si concretizza nell’assenza di un’autonomia organizzativa ed operativa, nello svolgimento del lavoro secondo le indicazioni e le istruzioni di un altro, nell’assenza di attrezzature di lavoro del soggetto prestatore d’opera, andando quindi a costituire una società di fatto, nella quale un lavoratore autonomo può venire identificato come datore di lavoro degli altri autonomi e pertanto tenuto all’integrale osservanza del D. Lgs 81/2008.
 
Ma tale non sembra essere la condizione prevista dal citato documento della Conferenza Stato Regioni. E’ opportuno riportare quanto ha risposto al seguente quesito il 14 settembre 2012 la commissione interpelli del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale: I lavoratori autonomi sono obbligati a redigere il Documento di valutazione dei rischi (DVR) ai sensi dell’articolo 28 del d.lgs. 9 aprile 2008, n.81? “A riscontro di quanto richiesto, si evidenzia che l’articolo 21 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., (di seguito T.U.), stabilisce che i componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230- bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’art. 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti, soggiacciono all’obbligo di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III, munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni del medesimo Titolo III e munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità (ma quest’ultimo obbligo è previsto solo nell’ipotesi in cui effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto).
 
L’articolo 21, al comma 2, poi, prevede la facoltà degli stessi soggetti, in relazione ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico, di beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni dell’art. 41 del T.U. (fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali) e partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo quanto previsto dall’articolo 37 del T.U. (anche in tal caso fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali).
 
Alla luce delle considerazioni su esposte ed in risposta al quesito formulato, si evidenzia che i soggetti su menzionati non saranno obbligati a redigere il documento di valutazione dei rischi, atteso che tale obbligo incombe unicamente in capo a chi riveste la qualifica di datore di lavoro. NB: tenere presente che per le tutte le società, i soci operanti sono equiparati ai lavoratori e quindi sussistono tutti gli obblighi del T.U. compreso il DVR (Documento valutazione dei rischi)”.
 
Per finire occorre chiarire meglio, perciò, che i lavoratori autonomi nel settore sanitario essendo esposti a rischi rilevanti anche - ma non solo - per la peculiare organizzazione del lavoro, caratterizzata da orari di lavoro spesso prolungati e scarsamente regolamentati, sono da considerarsi lavoratori ad elevato rischio di contrarre malattie professionali o di andare incontro ad infortunio. È pertanto auspicabile che costoro effettuino, in analogia a quanto stabilito per i lavoratori dipendenti, una sorveglianza sanitaria periodica secondo protocolli sanitari stilati ed applicati da un Medico Competente di fiducia.

Domenico Della Porta
Docente di Medicina del Lavoro, Facoltà di Giurisprudenza Uninettuno - Roma 


28 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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