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Luca ci ha lasciato. Sul “pezzo” fino all’ultimo

di Daniele Rodriguez

Fino all’ultimo, ha voluto esprimere il suo pensiero, cimentandosi nella redazione di articoli, due dei quali sono stati pubblicati in QS.  Questi ultimi scritti, sono espressione del suo senso civico: anche se provato dalla malattia, non si è chiuso in sé stesso ma ha voluto partecipare con i suoi scritti, fin quando ha potuto tenere – pur con difficoltà – la penna in mano, ai dibattiti che animavano il mondo dei professionisti sanitari

28 FEB - Negli ultimi 35 anni (circa) ho condiviso alcune esperienze di vita con lui e ne vorrei, in questa sede, dare testimonianza, ricordando il valore della sua persona, dal punto di vista umano, culturale e creativo.
 
Creativo è aggettivo proprio pertinente, perché Luca è riuscito a concepire ed a realizzare alcune iniziative autenticamente senza precedenti.
 
Penso alla fondazione della Rivista di Diritto delle Professioni Sanitarie ed alla sistematica analisi delle problematiche connesse alle responsabilità, alle competenze e ai rapporti reciproci fra le professioni sanitarie, sviluppata negli articoli da vari Autori (fra i quali anche lui) pubblicati nelle annate di quella Rivista.   Penso ai suoi libri, in particolare a quelli che hanno sviluppato temi prima trascurati: dagli ormai classici “Aspetti giuridici della professione infermieristica” e “Le Professioni sanitarie (non mediche)” ai forse meno noti, ma acuti ed esaustivi, “La prescrizione e la somministrazione dei farmaci” e “La riforma Brunetta”, fino al polemico “Tutela la salute”.
 
Non solo creatività ma anche dinamicità hanno caratterizzato la redazione di “Sicurezza delle cure e responsabilità sanitaria”, la cui pubblicazione on line immediatamente dopo la promulgazione della legge 24/2017   è stata possibile grazie alle continue sollecitazioni che Luca ha rivolto agli Autori dei vari capitoli, pur essendo lui stesso impegnato nella stesura di alcuni di essi.
 
Ancor più creative sono state le attività congressuali da lui promosse. Ricordo in primo luogo la lunga “stagione” di “Medico e infermiere a giudizio”, di cui Luca ha organizzato varie edizioni succedutesi negli anni e nei luoghi, con l’intervento di relatori di eccellenza, tutte con grande partecipazione di pubblico, pubblico che – per quanto numeroso –  sempre è stato coinvolto nella discussione dei casi trattati. Nel 2008 il congresso si svolse a Firenze ed ebbe come momento particolarmente significativo l’incontro con Beppino Englaro e la sua testimonianza.
 
L’impegno civico di Luca si è espresso qualche anno dopo in un’altra iniziativa congressuale di grande impatto, in cui sono state discusse, anche in quell’occasione alla luce di testimonianze, le vicende umane di Stefano Cucchi e Francesco Mastrogiovanni.
 
Sulla originalità e sul rigore del pensiero di Luca nulla intendo dire, perché i suoi articoli sono a disposizione di tutti. Osservo solo che la sua produzione pubblicistica investe ampi campi dottrinali: diritto, biodiritto, diritto sanitario e bioetica.
 
Fino all’ultimo, ha voluto esprimere il suo pensiero, cimentandosi nella redazione di articoli, due dei quali ha voluto condividere con me, e che sono stati pubblicati in QS.  Questi ultimi scritti, al di là del valore del loro contenuto, sono espressione del suo senso civico: anche se provato dalla malattia, non si è chiuso in sé stesso ma ha voluto partecipare con i suoi scritti, fin quando ha potuto tenere – pur con difficoltà – la penna in mano, ai dibattiti che animavano il mondo dei professionisti sanitari, comunicando ai lettori dati tecnici oggettivi che potessero facilitare il loro raggiungimento di un convincimento motivato.
 
Uomo di cultura, come suggerivo poco sopra, non limitata allo sviluppo degli ambiti disciplinari di cui era esperto e sui quali era sempre puntualmente aggiornato, Luca era, tra l’altro, appassionato di cinema e di lettura. Era tra i primi spettatori dei nuovi film significativi dal punto di vista politico e sociale e, quando ci incontravamo o ci telefonavamo, amava sollecitare riflessioni di approfondimento sui temi trattati da questi film. Ricordo una sua attenta analisi del cinema come alta espressione artistica: purtroppo i particolari del suo pensiero sono ormai sfumati ma ho ben presente il suo sguardo vivo mentre sviluppava le sue tesi.
 
Mi raccontava poi che, viaggiando molto, anche in auto, tutte le volte che trovava l’autostrada con difficoltà di circolazione, usciva dal primo casello utile e si fiondava nella più vicina multisala cinematografica (è un racconto che ha delle falle; gli sarà capitato una o due volte, perché è difficile che riuscisse facilmente a trovare multisale disponibili ed orari degli spettacoli confacenti; ma è un racconto che testimonia questa sua passione, che comunque soddisfaceva abitualmente nella sua città di residenza). 
 
Credo leggesse di tutto: ma è in particolare delle sue letture in materia di architettura contemporanea che mi aggiornava, aggiungendo l’omaggio di qualche testo a riprova delle sue considerazioni.
 
La cultura (in senso lato) e l’impegno civico caratterizzavano le sue numerosissime relazioni in eventi formativi e convegni: le sue presentazioni dei temi tecnici erano ineccepibili sotto il profilo dottrinale e rese pienamente coinvolgenti per il costante aggancio a situazioni sociali e politiche contingenti, che Luca sapeva analizzare nei vari aspetti.
 
Cito infine alcuni ricordi che ho particolarmente vividi e che mi sembrano significativi, anche se li propongo in modo aneddotico e frammentario.  Luca una volta promosse un nostro incontro in un bar di Vicenza (le rotte dei nostri impegni ci inducevano a trovarci in quella città) in cui ci scambiammo le nostre reciproche considerazioni circa la legge sull’amministratore di sostegno, che era stata appena approvata: l’aver promosso quell’incontro era espressione della sua pura passione per lo studio di argomenti nuovi.
 
Talora mi telefonava per aggiornarmi;  mi fece una lunga telefonata non appena seppe del decreto del giudice tutelare di Cagliari in merito alle opzioni di Walter Piludu circa l’epilogo della sua vita, sottolineandone la straordinaria carica innovativa, come poi lo stesso Luca avrebbe approfondito in un articolo. Ricordo i lunghi scambi di idee nel periodo in cui raccoglieva materiale per un libro sull’aborto, che avrebbe dovuto uscire in concomitanza con il trentennale delle legge 194/1978; di tutto quanto mi raccontò di quel libro, ho in mente, chissà perché, soprattutto le sue riflessioni sul fatto che Harvey Karman era uno psicologo, cogliendomi del tutto impreparato sulla biografia dell’inventore della cannula di aspirazione per l'aborto precoce. Ma sapeva anche giocare: a Porto Recanati, durante un corso di formazione in cui eravamo contemporaneamente presenti, ci scambiammo – avendolo dichiarato al pubblico – le relazioni, con il mandato di commentare, ciascuno, le diapositive dell’altro; il risultato dello scambio fu quello di favorire il dialogo fra noi due relatori e approfondire le questioni sulle quali vi era una qualche diversità di opinione.
 
Quando a ottobre dell’anno scorso fu dimesso dopo l’intervento chirurgico relativo alla malattia che lo avrebbe tormentato negli ultimi mesi, volle scrivere una lettera pubblica al quotidiano di Firenze La Nazione. Mi inviò la lettera per un parere preliminare. Gliela stroncai perché avrebbe potuto sembrare commissionata dai curanti. In realtà era dettata dal cuore, da un sentimento autentico di stima e rispetto del lavoro in cui i professionisti sanitari si erano prodigati nei suoi confronti, per cui Luca si limitò ad accettare alcuni piccoli ritocchi e rese pubblica la lettera.
 
Questa lettera ha un titolo: “Ode alla sanità pubblica”. È un piccolo trattato sull’esercizio pratico delle virtù del bravo professionista, dei bravi professionisti che hanno accompagnato Luca nel percorso ospedaliero fino a quella dimissione.
 
Ho voluto citare questa lettera perché dà l’idea della testimonianza di un risultato raggiunto: dopo una vita  trascorsa a contribuire, con pubblicazioni ed attività di formazione,  al miglioramento dell’assistenza sanitaria in Italia focalizzandone anche le anomalie, Luca si è trovato a vivere un’esperienza di presa in carico, coerente con quanto aveva sempre sostenuto e raccomandato.
 
Ma se possiamo intendere in senso positivo il messaggio che Luca ci lascia, occorre tuttavia considerare come semplicemente intermedio qualsiasi risultato – eventualmente raggiunto, come sopra ipotizzato – e continuare nel solco tracciato dal “Benci”, rivolgendosi ai professionisti sanitari con la stessa competenza, con gli stessi strumenti, con lo stesso rigore metodologico e con lo stesso impegno volto a garantire la dignità e la sicurezza delle persone che si affidano al nostro sistema sanitario.
 
Daniele Rodriguez

28 febbraio 2020
© Riproduzione riservata

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