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Covid. Cimo-Fesmed: “Si sono persi mesi preziosi. Speranza vada negli ospedali a verificare”


Il sindacato critica la gestione della pandemia: “La rabbia dei medici negli ospedali aumenta, il Ministro Speranza deve lanciare un segnale e verificare la situazione reale negli ospedali, dove i medici vengono spostati in aree Covid o nei pronti soccorso pur non avendo la necessaria specializzazione o formazione”

03 NOV - “Governare i processi contro la nuova esplosione di Covid a colpi di DPCM e rimpalli tra Governo e Regioni è del tutto inaccettabile, così come è assurdo il fatto che si siano persi mesi preziosi per riorganizzare gli ospedali e impostare con chiarezza l’ingresso stabile di medici nel SSN per compensare il deficit di personale ormai drammatico”. La Federazione CIMO-FESMED critica così la gestione politica della nuova progressione della pandemia e avverte: “La rabbia dei medici negli ospedali aumenta, il Ministro Speranza deve lanciare un segnale e verificare la situazione reale negli ospedali, dove i medici vengono spostati in aree Covid o nei pronti soccorso pur non avendo la necessaria specializzazione o formazione. E su quest’ultima rischiosa “abitudine” invia una diffida ad Aziende Sanitarie e Regioni, informandone anche Prefetture e Procure della Repubblica”.
 
“L’idea di chiudere ma non chiudere; di aprire ma non aprire; di spostarsi in alcune aree ed in altre no - commenta il Presidente della Federazione, Guido Quici - dimostra il disorientamento spazio-temporale delle istituzioni di governo, con l’aggravante di ipotizzare aree differenziate del Paese che potranno essere oggetto di misure differenziate a seconda degli scenari di rischio, mentre i medici e il personale sanitario sono ancora una volta abbandonati alla disorganizzazione delle strutture e alla indifferenza della politica”. 
 
Per la Federazione, “se la prima ondata della pandemia era stata affrontata con buoni risultati, la stessa già appariva come un semplice avvertimento perché presto il virus si sarebbe esteso, con numeri molto più importanti, su tutto il territorio nazionale. E, mentre si discute sul ruolo fondamentale della medicina del territorio e si definisce la nuova figura dell’infermiere di “quartiere”, nessuno si è preoccupato in questi mesi di riorganizzare gli ospedali per affrontare quello che sarebbe stato il vero impatto della pandemia. Troppo poche sono state le assunzioni di medici e infermieri a tempo indeterminato; le lungaggini burocratiche sono rimaste esasperanti; nessuna necessaria formazione è stata data al personale medico e infermieristico, nel frattempo la “bolla” è esplosa e gli ospedali sono diventati i terminali dove si scaricano le inefficienze organizzative del nostro servizio sanitario nazionale”.
 
“Ma soprattutto – prosegue la nota - , oltre all’incremento esponenziale degli accessi di pazienti Covid negli ospedali, inizia a montare una diffusa rabbia e una pesante frustrazione tra gli operatori sanitari che si vedono lasciati ancora una volta soli ad affrontare una emergenza molto più aggressiva della prima fase della pandemia. Nessun medico si tira indietro ma non è immaginabile ritornare ai tempi in cui le regioni richiamano nelle terapie subintensive Covid o nei pronto soccorso medici pensionati, neolaureati, medici militari e, nel frattempo, utilizzano reumatologi e dermatologi, oculisti e odontoiatri senza la necessaria formazione. E non si può neanche accettare che la figura del medico sia ridotta a quella di un “piantone” a guardia dei un letto occupato pur di dimostrare che c’è qualcuno ad assistere il malato”.
 
“Ci chiediamo – aggiunge il Presidente Quici - se il ministro Speranza abbia compreso che il personale medico e sanitario che lavora negli ospedali è psicologicamente provato; è stanco perché lavora da anni anche per supplire le migliaia di colleghi che non sono stati sostituiti dopo il pensionamento; è tradito e deluso nelle proprie aspettative professionali; è preoccupato per la salute propria e dei suoi familiari; ma, soprattutto, è fortemente demotivato ed arrabbiato per l’utilizzo improprio delle sue prestazioni attraverso atti di imperio, a volte, intimidatori, assunte a dispregio della propria dignità professionale. Gli ospedali – conclude Quici - rischiano di diventare una vera e propria “pentola a pressione”, anche con ricadute sull’assistenza e questo non può essere consentito nell’attuale contesto emergenziale. A Speranza chiediamo con forza un segnale di vicinanza ai medici ospedalieri, anche andando a verificare cosa succede realmente nelle strutture”.
 
La Federazione CIMO-FESMED ha, pertanto, “deciso di trasmettere un invito/diffida alle Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie e ai Presidenti di Regione a non trasferire più medici in aree di cui non sono specialisti e a revocare, in sede di autotutela, eventuali provvedimenti di questo tenore. Tra questi, in particolare, il consentire lo svolgimento, al di fuori del perimetro normativamente delineato, di prestazioni sanitarie che potrebbero esporre a rischio i pazienti e lo stesso personale impropriamente addetto da ordini di servizio di dubbia legittimità”.
 
“La stessa nota – conclude il sindacato - sarà indirizzata, per opportuna conoscenza, ai Signori Prefetti e ai Procuratori della Repubblica presso i tribunali delle Province italiane per le attività di controllo necessarie a garantire il rispetto delle norme a presidio della sicurezza e pertinenza delle cure con richiesta di avviare, eventualmente, le indagini del caso volte ad accertare se siano ravvisabili estremi di reato disponendo, in caso affermativo, per l’immediata sospensione e inibizione di quanto di illecito emerga dalle verifiche dei singoli casi”.

03 novembre 2020
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