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Che ne sarà di noi, precari Covid della sanità laziale?

28 MAR - Gentile Direttore,
sono Angelo Spinelli, un amministrativo assunto dall’ASL di Frosinone per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Le scrivo a nome mio e dei miei colleghi assunti dalla medesima azienda tramite il bando Protezione Civile per far accendere i riflettori su una situazione che è rimasta per fin troppo tempo al buio.

È probabile che si stia chiedendo chi siamo ed è proprio questa la questione che vorremmo sollevare: negli ultimi quindici mesi di lavoro siamo sempre rimasti invisibili. E da invisibili, si sa, è difficile farsi valere, vedere premiati i propri meriti. Quello che abbiamo fatto insieme agli operatori sanitari in un periodo buio e senza precedenti come la pandemia da Covid-19 è stato un lavoro d’équipe, in cui tutti sono stati essenziali allo stesso modo. Siamo stati vettori delle relazioni che intercorrono tra professionisti sanitari, uffici amministrativi e utenza. Ci siamo occupati dell’accettazione nei centri vaccinali, dei report giornalieri sui contagi e sui vaccini, della registrazione dei vaccinati, districandoci tra burocrazia e specialisti sanitari. Siamo stati il portavoce di tutti, sempre a disposizione di chiunque.

Abbiamo raccolto dati della popolazione, stilato elenchi delle vaccinazioni, abbiamo registrato le vaccinazioni, gli esiti dei tamponi, prodotto gli attestati, comunicato agli uffici regionali i report giornalieri dei vaccini, dei contagi, dei decessi, raccolto i dati necessari per produrre i green pass ai lavoratori che si rivolgevano a noi senza il quale non potevano accedere neanche ad un mezzo pubblico per ritornare al proprio domicilio.

Sì, abbiamo dato tanto alla pandemia. Alcuni di noi hanno contratto il Covid quando ancora i vaccini non erano disponibili. Abbiamo lavorato fino a 13 ore al giorno ininterrottamente senza soluzione di continuità. Tanto quanto gli altri professionisti nostri colleghi.

E allora viene da chiederci: perché non veniamo citati nell’accordo tra sindacati e Regione Lazio che garantisce una continuità lavorativa ed un corridoio per la stabilizzazione a tutti coloro che hanno fronteggiato il Dovid in prima linea? Perché solo il personale sanitario viene preso in considerazione mentre scompare quello amministrativo? Il tutto appare incomprensibile anche alla luce della cronica carenza del personale in questione. E a questo punto, con il contratto in scadenza il prossimo 31 marzo ci viene da pensare: che ne sarà di noi? Qualcuno ci dirà almeno grazie? Qualcuno si renderà conto di quanto sia stata davvero importante la nostra presenza nelle aziende sanitarie regionali in cui siamo stati assegnati per più di un anno e nel periodo più cupo e buio della storia italiana e mondiale dell'ultimo ventennio?

Siamo in 11 nell'Azienda Sanitaria di Frosinone, e non sappiamo quanti altri nelle altre ASL. Non abbiamo intenzione di fermarci: la politica deve dare delle risposte. Sarebbe un dramma se il Covid dovesse riacutizzarsi; le ASL si ritroverebbero nel giro di poco tempo a gestire una situazione tragica senza questi lavoratori che negli ultimi 16 mesi hanno tamponato la carenza di personale già ridotto all’osso a causa dei piani di rientro che si sono protratti nel corso del periodo del commissariamento. L’emergenza pandemica può anche rientrare ma restano pur sempre le lunghe liste di attesa e tutte le prestazioni sanitarie che non si sono potute erogare in questi due lunghi anni di pandemia. Senza contare che nei prossimi tre anni bisogna assumere moltissimo personale a vario titolo per l’ambizioso Piano di Ripresa e Resilienza e la medicina territoriale.

Angelo Spinelli
Amministrativo UOC Igiene e Sanità pubblica
ASL Frosinone


28 marzo 2022
© Riproduzione riservata

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