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Apologeti del Pnrr

11 MAG - Gentile Direttore,
tutto mi sarei aspettato ma non certo di fare un mezzo sorriso sarcastico e solidale durante la lettura di un recente esaustivo articolo di Ivan Cavicchi su Quotidiano Sanità. In effetti è tutto un proliferare di tifosi entusiasti del Pnrr, un acronimo che, all’esordio nel dibattito, mi è capitato di confondere almeno un paio di volte. E qui la dico lunga sulla mia perplessità e diffidenza per gli aspetti che sembrano avere la priorità in questa diffusa esaltazione quasi mistica del PNRR: gli aspetti edilizi. 

La progettazione di nuovi modelli di case della salute, di comunità, di quartiere, di condominio a fronte di una pressoché totale assenza di iniziative concrete su temi non secondari di una sanità pubblica in piena sofferenza. Il servizio sanitario pubblico è stretto tra riduzione di posti letto, personale scarso, demotivato, sottopagato e in fuga verso l’estero, assenza di specialisti in troppe discipline, assedio ai Pronto Soccorso. Tranquilli, non la tiro lunga sulla violenza a danno degli operatori dell’emergenza: ognuno ha occhi ed orecchie per capire cosa sta succedendo e come nessuno voglia affrontare il problema alla base. Inutile parlare di certezza della pena quando l’unica certezza sembra essere quella di riuscire a farla franca dopo avere sfasciato arredi e apparecchiature in PS e magari dopo avere assestato qualche colpo ben piazzato all’operatore di turno.
Sarà colpa di una mia disattenzione o di una mia disaffezione ma non mi sembra di avere letto titoli tipo “Aggredì un operatore sanitario al pronto soccorso di….Condannato alla pena detentiva di anni….” (vabbè di mesi….anche poche settimane andrebbero bene).

No, dopo ogni aggressione è tutto un richiamo alla deontologia, allo spirito di sacrificio di medici ed infermieri, al loro senso del dovere. Peccato che tra rinunce, mancate vocazioni e pensionamenti, il settore emergenza resterà sguarnito in tempi brevissimi. Però almeno avremo tanti bei piani di fattibilità per strutture sanitarie che poi occorrerà riempire di contenuti intesi come tecnologie ed operatori che quelle tecnologie fanno funzionare.

Cavicchi, ottimista, scrive che “presto per la sanità arriverà il tempo della micragna”. Purtroppo miseria e povertà sono già qui, non stanno arrivando. Un sistema dove le liste di attesa appaiono incontrollabili, dove il cittadino è costretto ogni giorno a mettere le mani nel proprio portafoglio per una visita specialistica o un esame di diagnostica, è un sistema che non ce la fa a stare in piedi. Il portafoglio del cittadino è sempre più vuoto: l’economia di guerra ci sta facendo dirottare i risparmi verso bollette energetiche sempre più care e l’aumento dei costi del vivere quotidiano porta troppe persone a sacrifici ulteriori ed a rinunce sul proprio diritto alle cure.

Pochi giorni fa qualcuno mi parlava della ipotesi di diversificare le retribuzioni, aumentandole, per il personale addetto ai servizi di emergenza-urgenza. Può essere un’idea da non scartare specialmente se unita a precise garanzie di tutela legale.

Sempre pochi giorni fa qualcuno mi diceva che se le Asl mettono ad avviso pubblico un incarico di sei mesi per medici dell’emergenza allora chi le dirige ha una visione miracolistica del lavoro in sanità.

Sempre pochi giorni fa mi è parso di leggere che per affrontare i problemi dell’iperafflusso al Pronto Soccorso qualcuno vuole puntare anche su comunicazione ed informazione al cittadino. Giusto, giustissimo. Signori decisori della politica iniziate a farlo ma ricordatevi che, in assenza di alternative concrete sul territorio, il cittadino continuerà a rivolgersi in maniera sempre più massiccia al Pronto Soccorso dove una risposta, tra analisi, radiografie, consulti e lunghe attese intervallate magari da sfoghi sui social, alla fine “rischia" di trovarla. Con buona pace delle case della salute, di comunità, di quartiere, di condominio alle quali ormai credono solo pochi apologeti fedeli alla dottrina.

Luciano Cifaldi
Oncologo medico

11 maggio 2022
© Riproduzione riservata

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