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L‘impossibile responsabilità del Pronto Soccorso

14 MAR - Gentile Direttore,
sul Corriere della Sera appare il titolo di un articolo che esprime molto di falso e altrettanto di vero: “Sora, ricoverato in ospedale e abbandonato al Pronto Soccorso: anziano trovato morto nel parcheggio”. C’è, di falsa, quell’odiosa espressione, “abbandonato”, che contestiamo da sempre e tuttavia continua a raccontare quanto accade oggi in tanti Pronto Soccorso del Paese. Abbandonato da chi? Non certo dagli operatori dell’Emergenza Urgenza che, come ci viene riconosciuto ogni volta che dalla narrazione giornalistica passiamo al racconto puntuale dei fatti, continuano ad assistere pazienti spesso critici in condizioni strutturali insufficienti, in corridoi gremiti di barelle che portano un carico umano, assistenziale e clinico considerato inaccettabile e ingestibile nei reparti di degenza ma evidentemente possibile, sulla base di misteriose considerazioni, ed anzi naturale per il Pronto Soccorso.

Abbandonato da chi?
Più probabilmente da un SSN che dimostra la propria quotidiana inadeguatezza senza trovare gli strumenti per provvedere alle necessarie correzioni e che dunque, con rassegnata impotenza, lascia che una persona colpita da una lesione cerebrovascolare giaccia su una barella in uno spazio inadeguato per un tempo indeterminato piuttosto che nel letto di una degenza dignitosa e appropriata.

Ma tant’è: fino a che certa comunicazione giornalistica continuerà a convalidare il facile stereotipo dell’abbandono, i professionisti dell’Emergenza Urgenza saranno percepiti come i cinici responsabili di quell’abbandono che invece essi stessi subiscono, seconde vittime dopo i pazienti. Con l’inevitabile conseguenza della continua erosione del rapporto di fiducia tra cittadini e operatori e con l’opposto effetto dell’incremento di tensioni e conflittualità nei Pronto Soccorso italiani.

Ma in quell’orribile titolo di giornale, si diceva, c’è anche molto di vero: fatti come quello di Sora, ovvero l’uscita incontrollata e pericolosa di persone in difficoltà dagli ambienti del Pronto Soccorso, eludendo una sorveglianza strutturalmente inadeguata, sono comuni e inevitabili.
Lo affermiamo con l’amara sincerità di chi denuncia le condizioni del servizio in cui egli stesso opera sostenendone al contempo la responsabilità: siamo di fronte alla prova inconfutabile dell’ossimoro del Pronto Soccorso di questi anni. Le nostre strutture dovrebbero costituire i più avanzati presidi di sicurezza e tutela del malato, ispirate a criteri di gestione di un rischio che è, prima ancora che clinico, banalmente fisico e correlato alla sicurezza personale, ma nelle condizioni in cui operiamo, conseguenti all’imposizione del ruolo di illimitato contenitore di ogni problematica che non trovi immediata risposta in ospedale o sul territorio, non siamo in grado di garantire quei parametri di sicurezza e controllo che pure costituirebbero naturalmente la nostra funzione originale.

L’allarme che la Società Scientifica lancia da tempo corrisponde anche a questa triste dichiarazione di impotenza.
Obiettivi come qualità delle cure, gestione del rischio, dignità della persona sono innanzi tutto diritti dei cittadini, ma non sono compiutamente perseguibili nell’attuale generale condizione del Pronto Soccorso italiano.

I professionisti della Medicina d’Emergenza Urgenza sono pochi e male armati a difendere una breccia sempre più ampia, con la consapevolezza amara del cedimento inevitabile se non saranno soccorsi in tempi brevi da giusti strumenti e adeguati rinforzi.
E continuano, nel frattempo, a mettere in gioco la propria personale responsabilità in una condizione di evidente e strutturale impossibilità ad onorare i propri obiettivi.

Fabio De Iaco
Beniamino Susi
Andrea Fabbri
Antonio Voza
Salvatore Manca
Ufficio di Presidenza SIMEU _ Società Italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza

14 marzo 2023
© Riproduzione riservata

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