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“Con me la sanità laziale diventerà modello di riferimento nazionale. Zingaretti ha perso la sua occasione, ora tocca a me”. Intervista al candidato del Centro Destra Stefano Parisi

Il candidato del Centro Destra anticipa in questa ampia intervista quali saranno le sue prime mosse e i suoi obiettivi per uscire dal “degrado del servizio sanitario del Lazio”. Per Parisi, Zingaretti “ha perso la grande occasione di utilizzare questa fase di poteri straordinari per risanare e riorganizzare la Sanità nella regione”. Ma su cosa punterà? “Prima di tutto integrazione ospedale-territorio, poi stesse regole e responsabilità tra pubblico e privato, ma anche più responsabilità per i cittadini con ticket per l’uso improprio per le risorse che consentiranno di diminuire quelli sulle prestazioni appropriate”

09 FEB - Stefano Parisi, 62 anni il prossimo novembre, è il candidato scelto dalla coalizione di Centro Destra per sfidare il presidente del Lazio uscente Nicola Zingaretti, anche lui in pista nelle elezioni del 4 marzo.
 
Parisi è un volto noto della scena politica ed economica italiana. Un profilo di esperto serio e autorevole maturato in anni di collaborazione istituzionale con diversi governi nazionali e locali e poi anche in incarichi di management in aziende pubbliche e private di rilievo.
 
In una delle sue biografie online si legge che è “socialista da sempre”, un termine oggi desueto nella terminologia politica ma che lui stesso ha sempre rivendicato come matrice della sua formazione culturale e politica.
 
La politica per l’appunto. Il grande amore al quale torna nel 2016 nella sfida con Giuseppe Sala per la poltrona di sindaco di Milano che perderà di stretta misura.
 
Poi le aspirazioni a poter diventare un riferimento per tutto il centro destra post berlusconiano che si scontra però con la decisone dello stesso Silvio Berlusconi di restare protagonista attivo e leader del Centro Destra, anche in questa nuova competizione elettorale.
 
Quindi la scelta di creare un suo Movimento “Energie per l’Italia” prima pensando al Parlamento e poi, alla fine, riorientando il suo orizzonte su un traguardo locale ma forse ancor più difficile: quello della sfida per la riconquista del Lazio.
 
Con lui abbiamo parlato ovviamente di sanità e di come pensa di affrontare le forti problematiche presenti in questo settore in una regione complessa come il Lazio.
 
Dottor Parisi, prima di tutto, cosa l’ha spinta ad accettare la candidatura dello schieramento di Centro Destra per la presidenza della Regione Lazio?
Un senso di responsabilità e di servizio nei confronti dei cittadini della mia regione e il desiderio di contribuire a renderla competitiva ed internazionale, mettendo a disposizione una lunga esperienza nel pubblico e nel privato. Non ultima quella maturata in Lombardia, al cui sviluppo ho contribuito negli anni in cui, al fianco del sindaco Albertini, ho lavorato per il Comune di Milano.
Nell’ultimo anno e mezzo ho lavorato per creare una forza innovatrice come Energie per l’Italia per rinnovare la politica e contribuire a creare le riforme di cui l’Italia ha bisogno. Tutto questo lavoro è oggi a disposizione del Lazio. Qui la coalizione di Centro Destra può tornare al Governo della Regione con programmi nuovi.

Il programma politico del suo movimento dedica molta attenzione ai temi sanitari. Tra le proposte anche quella di una competizione pubblico/privato più marcata. Pensa che questa e le altre ricette da lei avanzate pensando al quadro nazionale possano trovare spazio nella realtà sanitaria del Lazio? Ne ha già parlato con i suoi alleati?
Come da lei giustamente sottolineato il programma di Energie per l’Italia ha da sempre, e forse primo tra i partiti, puntato alla sanità come ad uno degli argomenti principali della nostra proposta politica, e questo per due motivi. Il primo è che siamo convinti che il nostro Paese possa ambire a raggiungere livelli di eccellenza scientifica e organizzativa per garantire la salute e il benessere ai tutti i cittadini, il secondo è che crediamo che la sanità possa costituire un volano di crescita e sviluppo sociale ed economico per il nostro Paese perché è un settore ad alto impatto produttivo, in cui operano tra le migliori eccellenze d’Italia.
Poiché è un programma che nasce dal basso, che è stato costruito dando voce agli operatori del settore oltre che ai cittadini, e valorizza il federalismo inteso come autonomia della regione di organizzare il proprio sistema sanitario nel rispetto dell’adempimento dei LEA, vede nella declinazione regionale il suo naturale compimento. Queste elezioni del Lazio saranno il primo banco di prova in cui testare la bontà delle nostre proposte, che hanno già trovato il consenso entusiastico degli alleati.

In ogni caso quale idea si è fatto della realtà sanitaria laziale? 
La Regione Lazio proviene da anni di commissariamento dal quale uscirà, speriamo, alla fine di quest’anno. Zingaretti ha perso la grande occasione di utilizzare questa fase di poteri straordinari per risanare e riorganizzare la Sanità nella regione. Oggi il degrado del servizio sanitario è sotto gli occhi di tutti, siamo la regione con le liste di attesa più lunghe d’Italia, un sistema di prenotazioni inefficiente e obsoleto, realtà ospedaliere da terzo mondo, mancanza di programmazione, carenze strutturali nei presidi territoriali, gravissime carenze nell’assistenza domiciliare e nell’aiuto alle famiglie con anziani non autosufficienti. Carenza di qualunque rapporto virtuoso tra medicina pubblica e medicina convenzionata, che è la chiave, invece, per un sistema sanitario di eccellenza. Il fatto grave è che questa situazione penalizza soprattutto le persone più deboli e bisognose. Il degrado è così universalmente percepito che crea un discredito su tutto il sistema sanitario regionale che, in realtà, merita tanti riconoscimenti per la sua capacità di risposta in un quadro organizzativo e gestionale proibitivo.
 
Quali sono a suo avviso i punti di maggiore debolezza?
La gestione Zingaretti ci consegna una sanità mutilata nelle sue risorse strategiche e ancora gravemente inefficiente.
Secondo i dati IPASVI nel Lazio mancano 5.835 infermieri e i medici non sono messi meglio. In Italia abbiamo una carenza di 10.000 medici e l’età media è di 55 anni. Nel solo Lazio andranno in pensione 700 medici di famiglia nei prossimi 4 anni. La Regione non si occupa dei pazienti anziani, cronici, disabili: nel Lazio vivono circa 240.000 persone anziane non autosufficienti. Con circa 700.000 familiari coinvolti. Dal rapporto OASI 2016 emerge che il tasso di copertura del fabbisogno di assistenza degli over 75 mediante RSA è del 2,33%, così che il 66,03% del fabbisogno è coperto da badanti. Per non parlare dell’edilizia Ospedaliera: i casi del pronto soccorso del Sant’Eugenio, del San Camillo o del Policlinico Umberto I sono solo i più noti.
 
A fronte di questo quadro, quali saranno le sue prime mosse per raddrizzare la sanità nella Regione se dovesse diventare presidente?
Noi vogliamo applicare nel Lazio i punti chiave del nostro programma nazionale e costruire un sistema integrato che si prenda cura della persona in tutti i suoi bisogni sanitari e socio-sanitari, spostando il baricentro dall’ospedale al territorio e dall’acuto al cronico, e per far questo puntiamo ad organizzare i servizi in una logica di rete.
Il cuore dell’assistenza deve diventare il territorio, favorendo forme associative tra medici di base che garantiscano assistenza 7 giorni su 7, almeno 12 ore al giorno, fungendo da filtro all’accesso improprio in pronto soccorso e che consentano la presa in carico della cronicità di grado lieve-moderato da parte dei medici convenzionati. Dobbiamo implementare l’assistenza domiciliare integrata, i centri di cure palliative e di riabilitazione, ma per farlo occorrono professionisti adeguatamente formati. Siamo convinti che il governo regionale possa contribuire per esempio favorendo l’utilizzo di strutture dismesse o riconvertite della Sanità pubblica (ex ospedali, consultori ecc.) a questi scopi e soprattutto aiutando ad immettere nel settore energie giovanili, per esempio assumendo, in base ad una programmazione regionale, giovani neo laureati, medici e infermieri, in modo aggiuntivo alle attuali dotazioni organiche, incentivando la creazione di nuove figure professionali (es. infermieri di comunità, infermieri case manager, infermieri di ricerca).
 
E gli ospedali?
Bisogna che gli ospedali siano in rete tra loro. Ancora troppe procedure di alta complessità sono fatte in ospedali piccoli e senza servizi di emergenza. La situazione dei punti nascita nel Lazio è un esempio: evidenzia una polarizzazione interna alla rete regionale, con PN fortemente sottodimensionati abbinati a PN con ampi bacini di utenza. Occorre in tal senso presidiare tutto il territorio laziale, uscendo da un sistema Roma-centrico, per non sovraccaricare Roma capitale anche sul fronte sanitario e riallineare le differenze interne alla regione. Ma non basta...
 
Ci dica...
Vogliamo integrare sistema sanitario e socio-sanitario, e favorire il privato sociale e le società intermedie nella loro capacità di produrre risorse autonome da investire nella creazione di servizi alla persona secondo il principio di sussidiarietà, in un nuovo welfare, non più assistenziale ma generativo, in cui aumentino i servizi alla persona non autosufficiente con lo scopo di favorirne la permanenza al proprio domicilio e in cui il socio-sanitario sia visto come un settore d’investimento per far ripartire l’economia, ad esempio a partire da un’edilizia mirata (penso all’abbattimento delle barriere architettoniche per disabili, per fare solo un esempio).
Una grande operazione di trasformazione digitale ci aiuterà poi a fare rete tra gli operatori e tra le strutture e aiuterà alla semplificazione dell’accesso al sistema da parte dell’utenza.
Infine credo si debba investire in ricerca e sviluppo, favorendo gli investimenti privati, creando network tra aziende ospedaliere e universitarie che producono ricerca. Vogliamo abbinare al turismo culturale un turismo sanitario di cervelli che vengano nella nostra regione per studiare e per produrre ricerca di qualità.
 
E tutto questo come pensa di riuscire a farlo?
Nessun risultato sarà possibile senza la collaborazione dei professionisti e dei lavoratori della sanità con i quali va ricostituito un rapporto di fiducia. I medici dovranno sentirsi protagonisti di questa grande riorganizzazione, non è possibile una intelligente programmazione senza il loro contributo.
Sarà inevitabile la scelta di manager capaci di interpretare questa nuova stagione. Logiche politiche saranno del tutto estranee.
Sarà un percorso lungo, senza ricette facili, che richiederà la collaborazione di tutte le forze del sistema, ma che ripagherà i cittadini della fiducia che riporranno in noi.
 
Secondo Zingaretti e il Ministero della Salute, ormai il Lazio è comunque vicino all’uscita dal disavanzo e quindi dal Piano di rientro. Una buona notizia per chiunque diventerà governatore…
I conti non sono in ordine e la Regione è ancora commissariata. Il Lazio non è ancora uscito dal tunnel. Capisco le esigenze di propaganda in campagna elettorale, ma la nuova politica dovrebbe abituarsi a dire la verità se vuole riconquistare la fiducia persa dai cittadini. Ora è il momento di investire in sanità, e non ci sono le risorse. Bisogna lavorare sull’eliminazione efficace delle inefficienze e liberare risorse per la riorganizzazione, la digitalizzazione gli investimenti in tecnologie e nell’edilizia sanitaria. Bisogna realizzare nel Lazio, come avvenuto in alcune regioni del nord, una vera, grande riforma sanitaria regionale. Non si deve avere paura di creare una concorrenza virtuosa tra pubblico e privato, in un sistema integrato che aumenti la libertà di scelta dei cittadini. 
 
Ecco, è consapevole che ora si dirà che Parisi è per la sanità privata?
La mia idea è che occorre dare stesse regole e stesse opportunità erogative a gestori pubblici e privati, garantendo il controllo della qualità del servizio offerto e premiando le migliori performance, ma anche pensare a sistemi premianti per l’assistenza di pazienti complessi non assimilabili alla tariffazione DRG, che gravano soprattutto sulle strutture pubbliche. Il settore privato, molto presente nel Lazio, non ha avuto in passato la possibilità di incidere sulle performance del sistema sanitario pubblico. Ora deve uscire allo scoperto e contribuire a creare vere eccellenze, come già avvenuto in altre Regioni attraverso un’azione da veri imprenditori. Ma mi faccia aggiungere altre considerazioni più generali...
 
Siamo qui apposta...
Non si deve aver paura di chiedere maggiore responsabilità al sistema, aumentando il controllo sulle scelte del management ma anche premiando le migliori performance degli operatori, e non si deve temere di chiedere maggiore responsabilità ai cittadini nell’uso appropriato delle risorse.
Dobbiamo puntare molto sulla prevenzione assicurando politiche fiscali di incentivazione per i cittadini che si sottopongono ai programmi regionali e nazionali. Per ridurre i ticket per le fasce deboli della popolazione per prestazioni appropriate secondo protocolli e percorsi di cura, è ipotizzabile mantenere e/o introdurre i ticket per l’uso improprio delle risorse (codici bianchi in PS, anche nella fascia d’età 6-14 anni; uso improprio dell’ambulanza), corresponsabilizzando gli operatori che non garantiscono la copertura al bisogno, in modo da avere risorse da re-investire nel sistema. Questa visione sono convinto che solo un governo di centro destra la possa portare. Voglio che il Lazio diventi il modello di sistema sanitario regionale di riferimento per tutto il Paese.

Se la sente di promettere ai cittadini del Lazio che, se dovesse diventare presidente, abbatterà ulteriormente le addizionali Irpef che essi devono pagare (le più alte d’Italia) per ripianare il disavanzo sanitario regionale?
La riforma sanitaria che ho in mente è un modello efficiente anche sul piano dei costi e della spesa; l’intenzione quindi è che da costo da tagliare diventi sistema produttivo di ricchezza, rendendo così possibile abbattere le addizionali Irpef.
 
C.F.

09 febbraio 2018
© Riproduzione riservata

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