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L’Asl Viterbo presenta il Piano territoriale. Interventi per 50milioni di euro

Accanto alla Dg Daniela Donetti anche l’assessore D’Amato che evidenzia: “I mesi che abbiamo messo faticosamente alle spalle ci dicono che serve un cambiamento nell’erogazione delle cure. Da una medicina di ‘attesa’ a una medicina di opportunità e di iniziativa più moderna, dinamica, attiva. Il nuovo piano territoriale sanitario della Tuscia va esattamente in questa direzione”.

01 SET - La Asl Viterbo presenta il nuovo piano territoriale sanitario della Tuscia. A illustrarlo è stato il direttore generale, Daniela Donetti, affiancata dall’assessore alla Sanità e all’integrazione sociosanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato. Il nuovo sistema territoriale della Asl viterbese, spiega una nota della Asl, "è al contempo uno strumento programmatico, ma anche attuativo, in quanto già in costruzione da mesi, con alcuni interventi già realizzati, come il polo riabilitativo di Montefiascone, il centro di riferimento odontoiatrico a Ronciglione, la presenza dei team Uscovid che proseguiranno a essere operativi, trasformandosi in Uscat, anche al termine dell’emergenza COVID, le centrali operative per le cronicità, i sistemi attivi di telemonitoraggio e teleassistenza e via dicendo”.

“Forti dell’esperienza che abbiamo maturato in questi ultimi 18 mesi – ha spiegato il direttore generale della Asl di Viterbo, Daniela Donetti – abbiamo programmato e costruito un nuovo disegno di sistema sanitario territoriale nella Tuscia, anche post pandemico, nel quale diventa concreto il concetto di proattività e di prossimità degli interventi. Lo scopo della reingegnerizzazione della rete territoriale è quello di definire un nuovo approccio che consenta di erogare le giuste prestazioni, nel momento appropriato, con il coinvolgimento di professionisti che abbiano le adeguate competenze, in un percorso a misura della persona, tutelata nei passaggi da un setting di cura all’altro, anche con la partecipazione della famiglia, degli enti e dell’associazionismo. Un sistema che intende garantire una assistenza che risponda ai bisogni di salute con una offerta di salute appropriata, coerente e sostenibile”.

L’architrave del Piano si basa su un disegno di rete territoriale di prossimità, le cui fondamenta sono la stratificazione del livello di rischio e la classificazione del bisogno di salute e la cui cabina di regia è rappresentata dalle Centrali operative e dei servizi. Al suo interno sono presenti le reti cliniche, i centri clinici e i percorsi integrati. I ponti organizzativi e sanitari, che consentono il collegamento con la rete ospedaliera, sono costituiti dalle case della comunità (previste 1 per ogni 20/25mila abitanti), dagli ospedali di comunità (1 per ogni 80mila abitanti) e dai team Uscat.

La valutazione in equipe integrata multidisciplinare e la definizione del Progetto individuale di salute (PRIS) rappresentano, inoltre, il fill rouge di questo sistema di networking nell’ambito del quale si deve realizzare il bilanciamento nell’utilizzo delle diverse tipologie di risorse (ospedaliero/residenziale/domiciliare, pubblico/privato accreditato).

Tutto il sistema è caratterizzato da un importante supporto in termini di innovazione tecnologica, di digitalizzazione delle reti e dei servizi, ulteriormente sostenuti da moderni sistemi di e-health, con servizi di telemedicina, teleassistenza e telemonitoraggio, finalizzati a ridurre, per quanto possibile, la necessità di prestazioni per le quali sia indispensabile recarsi presso strutture sanitarie.

In particolare, con la presentazione dei progetti che interesseranno i comuni di Acquapendente, Orte e Vetralla, è stato approfondito il sottosistema delle strutture intermedie (case della comunità, ospedali di comunità e Unità speciali di continuità assistenziale territoriali – Uscat) che, garantendo il collegamento tra ospedale e territorio, si pongono l’obiettivo di salute di accompagnare il paziente con fragilità individuale o sociale nelle fasi di transizione da un setting di cura all’altro, di offrire  un ambiente protetto per attuare/proseguire le proprie terapie e di facilitare il rientro a domicilio, in un contesto di sicurezza e tranquillità,  grazie anche a dei protocolli condivisi per la pianificazione/programmazione delle dimissioni (anche attraverso il nuovo strumento dell’agenda di dimissione, attualmente in fase di sperimentazione).

“La Casa della comunità - è stato ricordato nel corso della presentazione - è il luogo fisico di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può avere il primo contatto con il sistema di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, accolto da un’equipe integrata e multidisciplinare. È una struttura polivalente e funzionale in grado di garantire la continuità assistenziale, attraverso interventi sanitari e sociosanitari erogati in maniera capillare e integrata per rispondere alle differenti esigenze, in maniera equa e nel rispetto della sicurezza delle cure”.

L’ospedale di comunità è, invece, una struttura residenziale territoriale che si colloca tra l’ospedale per acuti, l’assistenza domiciliare integrata e/o le altre strutture residenziali assistenziali. “Non si pone in alternativa, ma in stretta collaborazione con la rete ospedaliera e la rete territoriale, e proprio per questo viene definita “intermedia”. Ha un numero limitato di posti letto, di norma tra 15 e 20 a modulo e fino ad un massimo di due moduli. La responsabilità complessiva della struttura è in capo a un dirigente, la responsabilità dell’assistenza è in capo ad un infermiere mentre la responsabilità clinica è affidata ai medici di famiglia”.

In questo disegno complessivo si inseriscono i progetti di realizzazione del nuovo ospedale di zona disagiata, ospedale di comunità e casa della comunità di Acquapendente, della nuova casa della comunità di Vetralla e del nuovo ospedale di comunità, casa della comunità di Orte, presentati questa mattina.

Interventi per un totale di 50milioni di euro, in parte finanziati (come i circa 3milioni e mezzo di euro destinati al completamento della fase 1 della struttura ortana) e in parte già inseriti come richiesta di finanziamento nel PNRR.

“I mesi che abbiamo messo faticosamente alle spalle – ha detto nel suo intervento l’assessore regionale, Alessio D’Amato – ci dicono che siamo di fronte a un cambiamento. Un cambiamento doveroso e necessario nell’erogazione delle cure. Da una medicina di ‘attesa’, con il medico a disposizione del cittadino, pronto ad affrontare gli eventi al loro verificarsi, passeremo sempre più a una medicina di opportunità e di iniziativa più moderna, dinamica, attiva nel campo della gestione delle malattie croniche e della prevenzione in un’ottica di one health, capace di prevenire gli eventi e di farsi carico di situazioni sempre più complesse. Queste sono le indicazioni operative che la Regione Lazio ha prodotto per un’ulteriore crescita e per il prossimo sviluppo del sistema sanitario regionale, nel quale anche gli interventi strutturali vengono programmati e realizzati all’interno di un disegno complessivo che si prefigura il raggiungimento di specifici obiettivi di salute. La presentazione del nuovo piano territoriale sanitario della Tuscia va esattamente in questa direzione”.

01 settembre 2021
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