Il dumping contrattuale c’è e i primi a subirlo sono i lavoratori
di Barbara Francavilla
18 NOV -
Gentile Direttore,
dopo le ultime lettere pubblicate sul vostro quotidiano riguardanti il dumping contrattuale, vorremmo esprimere anche l’opinione di un’organizzazione sindacale grandemente rappresentativa dei lavoratori dei settori di cui si discute. Il dumping contrattuale c’è, esiste e lo subiscono per primi i lavoratori. Quella che viene raccontata non è una favoletta, purtroppo è vita reale.
Intanto traduciamone, dal giuridico alla concretezza, ciò che avviene nei fatti: il dumping contrattuale è il proliferare di contratti firmati da datori di lavoro delle più eterogenee, la cui consistenza associativa è talvolta misteriosa, con organizzazioni sindacali spesso non rappresentative. In virtù di ciò i lavoratori di uno stesso settore, ma con datori di lavoro che applicano per la stessa attività contratto diversi, si ritrovano a lavorare più ore dei colleghi ma pagati meno, con meno tutele e con nessuna crescita professionale. Solo in sanità, esistono già ben 42 tipi diversi di contratti. Dire che il dumping non esiste vuol dire non voler vedere ciò che realmente accade e non voler prendere una posizione da parte delle associazioni datoriali che trovano le loro convenienze nell’operare senza regole.
Ci sono addirittura casi di Aziende con più sedi, in diverse regioni o nella stessa, che applicano contratti diversi agli stessi professionisti per gli stessi servizi ma che operano in sedi diverse. Anche questo è dumping contrattuale. Le Aziende “sane”, che pensano che valorizzare i propri dipendenti sia un valore e non una condanna, ricevono le stesse tariffe (o DRG) di quelle che pagano meno il personale facendo dumping contrattuale e che pensano solo al profitto. Se avessimo una legge sulla rappresentanza sicuramente non avremmo una situazione così frammentata e caratterizzata dal profitto sulle spalle dei lavoratori. Inoltre, abbiamo un sistema di accreditamento diverso per ogni regione (ne esistono 20). Oltre a stabilire quali prestazioni un’azienda erogherà per il Servizio sanitario nazionale, bisognerebbe determinare le condizioni in cui deve lavorare chi si occupa della nostra salute.
Esiste un contratto firmato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative ed è quello della sanità privata, sottoscritto l’8 ottobre 2020 tra Aris e Aiop da una parte e Fp Cgil Cisl Fp e Uil Fpl dall’altra, sottoscritto dopo 14 anni di lotte. Si potrebbe applicare quel contratto anche al settore RSA, adattandolo e introducendo le dovute specificità. Non servirebbe altro, solo assumersene la responsabilità, portandola avanti fino alla fine, come fu fatto con la decisione del finanziamento del 50% del contratto della sanità privata, tra Aris e Aiop, Conferenza delle Regioni e Cgil Cisl e Uil. Se il tema che ci viene posto è la sostenibilità, va detto che il finanziamento messo a disposizione dalle Regioni era destinato solo al contratto della sanità privata. Eppure, alcune regioni, in accordo con Aris e Aiop locali, hanno allargato il finanziamento ad altri contratti, determinando loro stesse disparità a livello regionale. Un paradosso.
Occorre anche raccontare cosa sta accadendo in alcune regioni: dove ancora non è stata approvata l’apposita delibera sul contratto (o è solo parziale), alcune aziende hanno deciso di pagare ciò che è dovuto ai lavoratori solo quando ciò avverrà da parte della regione. Per noi il contratto è esigibile dal primo giorno della sottoscrizione e va applicato in toto, non solo nelle parti che convengono ai datori di lavoro.
Non ultimo, ora si chiede che ciò che verrà erogato per il personale dei pronto soccorso pubblici, grazie alla proposta del Ministro della Salute, si allarghi anche al privato. Questa solerzia nel chiedere e nel pretendere di avere soldi pubblici per fare profitti privati, non la riscontriamo allo stesso modo nel dare diritti a chi lavora per garantire servizi ai cittadini.
Il modo per cambiare questo sistema esiste. Bisognerebbe solo applicare un po' di buon senso e una politica sanitaria che non guardi al profitto ma ad un principio di salute e benessere sia per i pazienti che per gli operatori. Le nuove regole sull’accreditamento che andranno riscritte sarebbero un’ottima occasione per ottenere un miglioramento complessivo del nostro Servizio sanitario nazionale: stesso lavoro, stessi diritti stesso salario per i lavoratori, stessa qualità della prestazione per i cittadini, stessa responsabilità per le aziende.
I datori di lavoro scelgono questo settore perché ne traggono un vantaggio. Soprattutto dopo la pandemia, non riconoscere il contratto e la dignità nel lavoro agli operatori è per noi oltre la vergogna.
Barbara Francavilla
Segretaria nazionale Fp Cgil Sanità Privata
18 novembre 2021
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