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Urge un nuovo approccio per un rischio clinico integrato tra ospedale e territorio

di Tommaso Mannone

30 NOV - Gentile direttore,
si rileva negli ultimi anni una maggiore consapevolezza da parte degli operatori sanitari circa l'implementazione delle azioni utili ad aumentare la sicurezza dei pazienti e la qualità delle cure. Tale consapevolezza si traduce nella necessità di utilizzo di standard e raccomandazioni cui fare riferimento, sia per quanto riguarda il personale sanitario impegnato in sedi ospedaliere, che quello collocato nei contesti territoriali.
 
Tuttavia, ad una più acuta osservazione, si evince che la documentazione di merito prodotta in questi anni dal Ministero della Salute dedica maggiore attenzione verso lo sviluppo di strumenti di prevalente interesse per l’ambito ospedaliero. Osservando le 19 Raccomandazioni ministeriali per la prevenzione degli eventi sentinella ( tolte quelle sui farmaci) di ambito prettamente “ospedaliero” (1-7-10-12-14-18-19), quelle di ambito chirurgico ed ostetrico-ginecologico (2-3-6-16) e, ancora, quelle per la prevenzione delle cadute, del suicidio, l’incompatibilità AB0 e i dispositivi elettromedicali, emerge come le raccomandazioni applicabili sul territorio rimangano, invece, pressoché circoscritte ai temi della gestione del trasporto, della prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari (raccomandazione in corso di aggiornamento) ed alla corretta attribuzione del codice triage nella Centrale operativa 118 e/o all'interno del Pronto Soccorso, oltre che, alla riconciliazione farmacologica.
 
Non cambia molto il quadro, se spostiamo l’attenzione sulla produzione di manuali per il rischio clinico: l'unico di maggiore interesse per il territorio è il Manuale “Gestione del Rischio Clinico e Sicurezza delle Cure negli Ambulatori dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Famiglia” (2010). Le “Linee guida per gestire e comunicare gli Eventi Avversi in sanità”, inoltre, puntano anch’esse sulla gestione di problematiche ospedaliere. Mentre rispondono certamente meglio alle esigenze di gestione del rischio clinico in ambito territoriale le Linee di indirizzo per la Riconciliazione della terapia farmacologica sul territorio durante le transizioni di cura (2018) e le Guide "Uniti per la sicurezza", cui si associa la raccolta di documenti di United for Safety (riportata dal Mds).
 
La pandemia da Coronavirus ha imposto all’SSN di mettere in discussione i suoi modelli organizzativi, per superare inerzie ataviche e rigidità burocratiche, ponendo le basi per un mutamento dello scenario sopra descritto. Le trasformazioni innestate dall’emergenza hanno posto, infatti, il territorio sotto la lente di ingrandimento per via degli effetti connessi: riduzione dei flussi verso PS, gestione dei pazienti non gravi sul territorio; esigenze di distanziamento e, dunque, una riconversione a favore delle cure domiciliari. Il territorio è stato epicentro dell’assistenza. Ciò ha stimolato un’innovazione significativa, avviando un percorso in controtendenza, partendo dalla cospicua produzione documentale utile sia al setting ospedaliero quanto al setting territoriale.
 
I dati provenienti dalla Real World Evidence rappresentano un patrimonio inestimabile di esperienze e un’opportunità per lo sviluppo di potenziali modelli organizzativi intorno ai quali costruire un’assistenza territoriale più idonea a garantire risposte efficaci ed efficienti rispetto alla domanda di presa in carico e di continuità assistenziale.
 
Questo ha innestato, sul piano culturale, un nuovo approccio declinato al confronto tra il mondo istituzionale, manageriale, accademico e industriale, circa le più efficaci strategie e ha determinato una non procrastinabile rivisitazione dei modelli organizzativi assistenziali sul piano della governance del rischio clinico, al fine di un rinnovamento rivolto non tanto al potenziamento delle strutture, quanto ad indicatori di perfomance dell’assistenza, connotati da Flessibilità, Innovazione, Revisione dei percorsi, Integrazione, Umanizzazione, lasciando emergere l’importanza strategica della potenzialità della tecnologia digitale e, quindi, della telemedicina (considerate le esigenze di triage di popolazioni vaste, sorveglianza a domicilio e applicazioni nelle RSA) e delle reti di comunità, un fronte quest’ultimo ancora poco esplorato, che necessita di potenziamento, oltre ad un’inedita valutazione del rapporto Costo – Efficacia dell’assistenza.
 
La capacità di investire in queste direzioni rappresenta l’occasione irripetibile di rivisitare gli strumenti finora messi a punto e mettere davvero al centro il paziente (e non l’ospedale o il territorio), riducendo i rischi del passaggio da un ambito di cura all’altro e migliorando la comunicazione tra gli operatori, ancora troppo psicologicamente ancorati al sito di cura. L’Health Technology Assessment può fornire un’adeguata cornice per supportare questo processo in divenire e coinvolgere a pieno le associazioni di pazienti rendendo, così, gli assistititi, oltre che più consapevoli, anche più attivamente compartecipi degli iter di cura.
 
Dr. Tommaso Mannone
Direttore UOC Coordinamento Strutture Staff  e Responsabile del rischio clinico dell’Azienda Ospedaliera “Villa Sofia- Cervello” di Palermo  


30 novembre 2021
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