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Medicina generale. Il problema non è la convenzione

di Riccardo Colloca

10 FEB - Gentile Direttore,
da giovane Medico di Medicina Generale esprimo il più profondo rammarico nell’osservare l’avvitamento vizioso in cui sono entrati i dibattiti istituzionali sul futuro della Medicina Generale. I luoghi in cui esercitare la professione (es. Case di Comunità) e il tipo di contratto (convenzione vs. dipendenza) sembrano, forse lo sono, gli unici elementi su cui si ha intenzione di delineare una riforma attesa da decenni. So di non dire niente di nuovo, ma l’urgenza di ripeterlo è tanta, troppa.

I detti popolari per riassumere la vicenda si sprecano: dall’elefante nella stanza all’osservare la pagliuzza e non accorgersi della trave nell’occhio. Lascio al lettore la scelta del più calzante. Il punto è che, a mio parere, si fa finta di non vedere.

Si fa finta di non vedere che la Professione medica, specie nel territorio, è iper-burocratizzata e non vi è un benché minimo accenno a voler ridurre tale carico burocratico-amministrativo. Eppure, di idee per snellire e migliorare ce ne sarebbero molte, dette e ridette, basterebbe metterle in pratica:

l’autodichiarazione dei primi giorni di malattia: in epoca covid, in UK, portati a ben ventotto (28!) nell’anno solare. Parentesi: si potrà mai ammettere che le diagnosi di cefalea, lombalgia, e altri sintomi non oggettivabili fanno cadere ogni tentativo di deterrenza, tema tanto caro ai sostenitori della certificazione medica “sempre e comunque”? E capire che sono atti che sottraggono tempo ed energie, visto che la legge impone la visita per ogni certificato emesso?

la revisione dei sistemi di prenotazione delle richieste tramite CUP, che portano spessissimo il paziente a chiedere la ripetizione delle impegnative, per legge ancora valide anche se la priorità è scaduta, perché il sistema non è in grado di rispettare i tempi di attesa;

il potenziamento dei Distretti con personale amministrativo formato e dedicato alla gestione delle pratiche assistenziali di pertinenza non clinica, oggi vero fardello della Medicina Generale (richieste di ausili, richieste di pannoloni, richieste di certificazioni di ogni tipo, ecc.);

l’implementazione e l’ammodernamento del già attivo e diffusamente raggiungibile Sistema Tessera Sanitaria Nazionale, da cui gestire le informazioni sanitarie di base dei pazienti in modo accessibile, nel rispetto della privacy, indipendentemente dalla Regione di residenza e dal relativo portale informatico locale, a volte un limite più che un vantaggio vista l’assente o scarsissima intercomunicazione tra sistemi diversi;

il rafforzamento delle risorse umane a disposizione degli Istituti di Previdenza e tutela quali INPS ed INAIL;

e potremmo andare avanti un bel po'...

Il sistema oggi non è disfunzionale perché il Medico di Medicina Generale è un libero professionista convenzionato, lo è perché il MMG è “utilizzato” (e si è lasciato utilizzare) come amministrativo. Un sistema in cui per ogni problema noioso/gravoso, tipicamente non clinico, la risposta che arriva al Cittadino è: “vada dal suo medico di base”. Questo sistema non risolverà i problemi dei cittadini variando lo stato giuridico dei MMG, né con il passaggio alla dipendenza né con le ore nelle Case di Comunità. Così facendo sposterà solo il problema in un altro luogo.

Lo strumento contrattuale della convenzione offre ai cittadini tante garanzie quante quelle della dipendenza, forse anche di più, se riscritto in modo lucido, razionale e coerente. A mio parere, la Medicina Generale si dovrebbe evolvere in tutto il territorio nazionale in forme associative, non solo sulla carta, che, con un numero di assistiti in carico sostenibile, condivisione e supporto reciproco tra Colleghi, consentirebbero di organizzare serenamente il lavoro, le ferie e i brevi periodi di malattia,  possibilmente importando da altri contratti su base convenzionale le improcrastinabili tutele per gravidanza e maternità, il tutto lasciando quello spazio di autonomia organizzativa che ha spinto e spinge molti a scegliere la Medicina Generale in convenzione.

Tale assetto però non può prescindere dal riconoscere la mole di lavoro sommerso che la stragrande maggioranza dei MMG, dediti al loro ruolo sociale e professionale, quotidianamente sostiene. Esempi? Telefonate, e-mail, messaggi, social, rivalutazione in back office di multi-terapie e di casi clinici complessi, aggiornamento professionale, gestione PDTA, visite domiciliari e in strutture per anziani, ecc. Altro che 15 ore a settimana, luogo comune che certa stampa, per non essere volgari mi limito a definire “schierata e pretestuosa”, continua a riproporre.

I giovani Colleghi che ho l’onore e onere di rappresentare nel mio piccolo, chiedono solamente di poter fare i Medici e per consentire ciò l’unica via è investire nel territorio, non solo a parole e non puntando tutto sul cemento, partendo invece proprio dalle Donne e dagli Uomini della Medicina Generale e continuando con tutte le strutture che oggi il MMG vicaria con la sua presenza e attività professionale.

La Medicina Generale è l’ultimo baluardo autonomo del rapporto di cura fondato sul reale bisogno della persona, vicino alla persona, non sacrifichiamolo sull’altare della privatizzazione che risponde a logiche di profitto.

Dott. Riccardo Colloca
Medico di Medicina Generale
Segretario SNAMI Pordenone – Friuli Venezia Giulia


10 febbraio 2022
© Riproduzione riservata

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