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Assistenti sociali figli di un Dio minore per il ministro Speranza?

di Delia Manferoce

23 FEB - Gentile Direttore,
il SUNAS, il sindacato professionale degli assistenti sociali, da sempre è impegnato, con il sostegno della Confederazione CSE, per la valorizzazione e la promozione della professione. La pandemia sta gradualmente attenuandosi e da oltre un anno scriviamo al ministro Speranza chiedendogli di ascoltarci per rappresentare le istanze della categoria degli assistenti sociali, forse considerati invisibili in sanità, ma che hanno svolto il proprio dovere in maniera silenziosa, lontani dai media, sovraccarichi di lavoro – soprattutto per il dimezzamento dei posti in organico - garantendo comunque il proprio impegno nel collaborare al meglio con il personale sanitario in tutte le fasi della pandemia e durante i momenti di maggiore crisi.
 
Gli assistenti sociali sono incardinati con leggi di settore nel sistema sanitario e assieme agli altri professionisti si occupano della presa in carico della persona, dei suoi bisogni complessi contribuendo a dare le migliori risposte e le migliori prestazioni al cittadino.
 
In particolare nella sanità siamo riusciti ad ottenere la collocazione degli assistenti sociali nel ruolo socio sanitario e nell’area delle professioni socio sanitarie, due importanti passaggi che di fatto aprono allo svolgimento di funzioni e prestazioni sociosanitarie mediante azioni di protezione sociale dirette alla promozione, mantenimento e rafforzamento dello stato di salute, nonché interventi di prevenzione e sostegno nelle situazioni di fragilità e disagio sociale e sociosanitario che possono incidere sui bisogni e sui programmi di salute, nell’ottica della competenza, efficienza ed efficacia dell’azione tecnico-professionale, gestionale ed amministrativa, sorrette da autonomia professionale e di giudizio.
 
Il personale socio sanitario deve operare in particolare nelle aree dove si manifestano i bisogni sociosanitari complessi ad alta integrazione le cui dimensioni sociali e sanitarie tendono a compenetrarsi (area della non autosufficienza, della disabilità, della salute mentale adulta e dell’età evolutiva, dell'assistenza al singolo, alla coppia, alla famiglia o ai minori e delle dipendenze, ecc.), fornendo indicazioni per l'erogazione congiunta degli interventi professionali e materiali da parte delle istituzioni interessate, anche in collaborazione con il personale infermieristico, delle altre professioni e della dirigenza sanitaria.
 
Oggi se guardiamo al PNRR e al processo di riorganizzazione e di cambiamento riguardante le reti territoriali e la definizione delle Case di comunità (vedi DM 71), riscontriamo ancora una volta l'indifferenza da parte del legislatore, del ministro, nei confronti di questi professionisti dell’aiuto.
 
Infatti, mentre si professa a gran voce il valore dell’integrazione socio sanitaria, della presa in carico multidimensionale e multiprofessionale della persona cui garantire il diritto alla salute e al benessere globale, gli standard minimi di personale che concorre a realizzare questo obiettivo imprescindibile non definiscono la presenza di assistenti sociali, ma piuttosto recitano “ possono essere previsti !!
 
Ci chiediamo a quale dei principi sull’integrazione delle professioni possa mai corrispondere questa cortese opzionalità.
Se si deve tener conto della necessità di superare le categorie delle patologie e delle vulnerabilità considerando i determinanti sociali della salute (OMS/Europa Salute 2020) e affrontare le condizioni di disagio socio-assistenziale con interventi orientati allo stato di salute e benessere della persona lungo l’arco della vita, è indubbio che l’assistente sociale è il professionista preposto alla valutazione socio ambientale e familiare della persona portatrice di bisogni complessi che non possono essere risolti soltanto con prestazioni sanitarie ma abbisognano di un progetto di cura e di care.
 
Considerando che la persona con bisogni sanitari e sociali ha necessità di una presa in carico integrata e di un valutazione multidimensionale e multiprofessionale che integri valutazione clinico sanitaria e valutazione sociale, proprio qui nel sistema dei servizi, la funzione e il ruolo dell’assistente sociale diventano fondamentali per la corretta gestione dei percorsi di salute, cura, riabilitativi e assistenziali nelle varie fasi della vita, in particolare nelle situazioni di malattia e fragilità nei nuovi contesti e servizi delineati dal PNRR.
 
Perché è proprio in relazione alla complessità del Progetto di Salute che viene identificata la composizione dell’equipe multiprofessionale, al cui interno è compresa la figura dell’assistente sociale che, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, garantisce la presa in carico stabile del paziente e richiama una presenza strutturale nella nuova articolazione delle strutture sanitarie.
 
Un sistema di welfare sanitario e sociale integrato deve prevedere in maniera strutturale la presenza degli assistenti sociali, rinforzando le dotazioni organiche anche attraverso una maggiore presenza di queste figure professionali, che nella sanità, nell'arco degli ultimi quindici anni, hanno subito una riduzione di unità di circa il 50%.
 
Al ministro Speranza chiediamo di utilizzare il criterio dei parametri per abitanti, esattamente come per medici infermieri, ma come opportunamente ha fatto il Governo con la legge 178/2020 stabilendo la presenza di 1 AS X 5000 abitanti.
Nella Casa della Comunità - che sarà il punto di riferimento continuativo per la popolazione e diventerà lo strumento attraverso cui coordinare tutti i servizi offerti sul territorio, in particolare ai malati cronici, ai fragili - sarà necessario prevedere la presenza stabile del Servizio Sociale Professionale e dell’assistente sociale quale professionista esperto della valutazione sociale di ogni singola persona e del suo contesto famigliare esperto della progettazione, costruzione, manutenzione delle reti, sia interne del complesso sistema sanitario, che esterne dei Servizi sociali del territorio, delle Associazioni di volontariato e del Terzo settore.
 
Siamo convinti che dove si parla di coordinamento dei servizi, lì si devono collocare, NON ospitare gli assistenti sociali, attori determinanti del processo di integrazione socio sanitaria.
 
La nostra non è un'affermazione corporativa, siamo convinti che se la dimensione sociale non è presente strutturalmente proprio lì dove si attua il coordinamento e il raccordo con il territorio, questo comporterà il perpetuarsi di una situazione - così come finora è stato dimostrato dall’evolversi della crisi pandemica- in cui sostanzialmente abbiamo assistito al fallimento della gestione del territorio, che ha visto una frammentazione di percorsi, risposte parziali legate alla sola lettura sanitaria dei bisogni e alla sola regia sanitaria dei processi e dei setting di cura.
 
Il nostro appello è alla coerenza al diritto alla salute e al benessere della persona e ai principi fondamentali di universalità uguaglianza ed equità per garantire un sistema sanitario progettato non più sulla malattia ma sulla salute e con i cittadini, puntando sulla valorizzazione di tutte le professionalità, inclusa quella degli assistenti sociali.
 
Delia Manferoce
Vice Segretario Nazionale SUNAS
 


23 febbraio 2022
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