Gentile Direttore,
gli ultimi bollettini quotidiani sulla pandemia segnalano una media di circa 900 decessi per SARS- Cov-2 alla settimana, pari a quasi 4.000 decessi in un mese. Un dato da non prendere sottogamba o, addirittura, da non citare nei telegiornali anche in questi giorni nei quali, giustamente, si tende a ripristinare una sospirata e, possibilmente, sobria “normalità” della vita dei cittadini.
Ma una domanda sorge spontanea: chi sono questi morti?
Sono sparsi nella popolazione e quindi la loro incidenza percentuale è minima e difficile da combattere o si concentra in qualche determinata categoria e quindi impone ancora mirate, precise e decise misure di prevenzione?
Nelle difficolà di reperire anche da parte dei non addetti ai lavori una chiara ed esaustiva descrizione dell’andamento della mortalità da SARS- Cov-2 e del vero significato dei numeri, emerge tuttavia un dato che non può non attirare l’attenzione e richiamare ai suoi compiti una sanità attenta ed efficiente: l’età media dei deceduti, non vaccinati e vaccinati ai vari stadi, è intorno agli 80 anni.
“Le caratteristiche delle persone che contraggono l’infezione o richiedono ricovero o purtroppo decedono rimangono sostanzialmente invariate e l’età media si colloca ai 40 anni per chi contrae l’infezione, sopra i 70 anni per chi chiede l’ospedalizzazione, anche in terapia intensiva, e sopra gli 80 anni per chi, purtroppo, decede” (Silvio Brusaferro, Presidente ISS e portavoce del Comitato tecnico-scientifico, la Repubblica 25/3/2022).
Ciò significa che l’incidenza della mortalità da Covid è soddisfacentemente bassa se considerata in rapporto alla totalità della popolazione, cioè circa 60 milioni di persone, ma è ancora troppo alta se considerata in rapporto alla classe degli over 80, cioè circa 4,5 milioni di persone.
Particolarmente significativo a questo riguardo è il tasso di letalità, cioè la percentuale dei deceduti rispetto al numero dei contagiati che è, per esempio, del 14,52 nei maschi della fascia di età 80-89 anni e addirittura del 24,55% negli over 90, mentre è assai vicina allo zero in quelli delle fascie di età inferiori ai 40 anni.
Ciò non può non richiedere da parte delle autorità sanitarie e dei media la più chiara esplicitazione, la raccomandazione e la messa in atto di comportamenti adeguati e specifici di prevenzione non solo degli interessati, ma della collettività in generale e soprattutto di tutti coloro che a qualsiasi titolo abbiano contatti con loro.
O forse si tratta di problema marginale che riguarda persone che ”tanto devono morire”, il nostro più vitale interesse essendo la “ripresa” (economica) ovvero l’aumento percentuale del PIL, per cui può diventare lecito e normale trascurare dettagli apparentemente di poco conto a quel fine, ma di grande valore umano, affettivo ed etico?
Girolamo Digilio